Ci perdoneranno i nostri lettori, più o meno affezionati, ma il match di ieri sera, per ciò che ha mostrato, rende pressoché inutile stilare pagelle ed abbozzare un commento più approfondito sui singoli.
Si è trattato di una sconfitta annunciata e meritata, figlia della logica differenza che intercorre tra una squadra che gioca a calcio, con dei meccanismi oliati ma soprattutto una precisa identità, ed un’altra che, invece, ogni volta che scende in campo dà l’idea di vivere in una costante condizione di improvvisazione e confusione, senza sapere cosa fare e come districarsi nei meandri delle varie fasi dell’incontro. Emblematico il dato letto in giro sull’internet, al termine del primo tempo: il Milan non è mai stato in grado, nella prima frazione di gioco, di entrare nell’area avversaria. Solo il Benevento, una delle peggiori squadre di sempre tra quelle capaci di arrivare in Serie A, aveva fatto altrettanto nel corrente campionato. Certo, nelle trasferte di Torino e proprio al San Paolo, dunque al cospetto di squadre di lignaggio infinitamente superiore ai sanniti.
E non basta, come leggo da Montella e da qualche collega di tifo sui social, provare a valorizzare la reazione finale. Perché, come spesso accade, è un atteggiamento frutto della disperazione, di un ardore transitorio pronto a spegnersi al fischio di inizio del successivo incontro, e non di una vera e propria anima che, di fondo, dovrebbe connotare una squadra che era chiamata, alla vigilia di questo campionato, a tornare ad occupare posizioni importanti. Non potrebbe essere altrimenti, del resto: questo ragionamento, al cospetto di squadre più forti, poteva andare bene per i Milan delle ultime stagioni, messi insieme a prezzo di saldo e con il preciso intento di stare a galla, senza la benché minima traccia di ambizione sportiva. Non ora, in cui è stato investito tanto e, al di là dei limiti che permangono nella rosa, sarebbe doveroso aspettarsi qualcosa di meglio, sotto l’aspetto della qualità della manovra, del modo di stare in campo e dell’atteggiamento.
In sostanza, è stato dilapidato un capitale di entusiasmo incredibile in nemmeno quattro mesi. Difficile sperare in qualcosa di meglio, poiché il condottiero di questa barca non si sta dimostrando all’altezza della situazione, capendoci poco dalla prima, pesante sconfitta patita a Roma ad inizio Settembre in avanti, tra cambi di modulo, giocatori che ruotano senza una stabilità di fondo e posizionamenti quantomeno particolari di alcuni elementi. Il suo futuro è già scritto, ma il problema è che ancora manca oltre metà stagione, da passare con un “dead man walking” che rischia di essere sempre più demotivato, davanti alla consapevolezza del destino che lo aspetta, e di non avere, di conseguenza, alcun ascendente sui calciatori a sua disposizione.
Non a caso il Milan, invece che migliorare, sta andando in progressivo peggioramento, non riuscendo a produrre un apprezzabile gioco offensivo e, al contempo, mostrando grosse lacune in copertura, se attaccato negli spazi con una certa celerità dall’avversario di turno. Di fatto, siamo al cospetto di una squadra che non ha i mezzi per impostare alcun tipo di partita a priori, bloccata mentalmente e capace di dare il meglio di sé solo quando si trova con le spalle al muro. Non sorprenderebbe riaffrontare, oggi, i medesimi scappati di casa trovati nei turni preliminari di Europa League e faticare per batterli.
Per parlare più approfonditamente dei singoli ci sarà tempo e modo. Così diventa obiettivamente difficile valutare la rosa nel complesso, anche perché è improbabile pensare che tutti gli acquisti estivi siano stati sbagliati dalla dirigenza, anche a fronte di un rendimento particolarmente negativo di alcuni di essi. Più verosimilmente andranno rivalutati, quando avranno davanti a loro una guida in panchina con idee chiare e personalità per applicarle, senza sciogliersi come neve al sole alle prime difficoltà, ed in grado di infondere loro serenità nello stare in campo. Solo a quel punto si potrà capire chi è degno di indossare la maglia del Milan e chi no.