Guidare con prudenza

Scrivo queste righe dentro una tarda sera che ha inghiottito un’altra giornata e un mese intero. Oggi è il 31, ma non è capodanno. Una festicciola potremmo però organizzarla, maggio è finito e pur essendo fissato con la memoria e i flash-back, non ricordo facilmente quattro settimane così prospere sul mercato da parte di una società che primeggiava in estate e poi vinceva in primavera. Kessie e Musacchio, con Biglia dietro l’angolo e un incontro imminente con il Real per Morata, sono, passatemi l’azzardato parallelismo, come i primi segni di chi ritorna alla vita da un lungo coma.

Non eravamo più abituati a vedere cravattati giornalisti parlare di Milan ad orari umani e non a tarda notte per sorvolare sull’ennesimo prestito oneroso, avevamo smarrito l’abitudine di aprire i giornali e trovare già a pagina due o tre grandi manovre di mercato nel milanese. Lo spessore e il rispetto, andati a finire chissà dove, e trasformatisi nel dileggio dei social e dei tifosi avversari, si riacquistano anche facendo sapere al mondo che al Milan si può e si vuole venire di nuovo a giocare. Le molte parole e gli zero fatti berlusconian-gallianeschi degli ultimi millecinquecento giorni circa, sono andati a farsi benedire in un colpo di spugna dato da una dirigenza che per mano del timoniere Fassone e dei validi mozzi Mirabelli e compagnia andante, ha chiuso senza alcun proclamo due affari già venuti a galla, con la differenza che questa volta sono stati portati a compimento e non svaniti nell’ennesima presa per i fondelli.

Ed ora, con le presentazioni su Facebook e pressoché nessun passaggio concesso alle tv ben note, si è dato pure risalto a un nuovo tipo di comunicazione, privilegiando i tifosi-utenti e non le esclusive delle grandi piattaforme: anche questo può essere un segnale.

Ora, tu che stai leggendo questo articolo, pensavi di imbatterti in un giardino di rose e fiori, ma adoro sempre condire il tutto con l’altra faccia della medaglia. Il che non è per inciso una faccia così negativa: si può regalare una macchina a un benvoluto figlio, benché egli la maneggi con prudenza. Passare dalle stalle alle stelle in una sola stagione non è ciò che chiede il popolo rossonero e che nemmeno si aspetta: è possibile, ma difficile. E d’altronde a noi pazienti lungodegenti basterebbe continuare a curarci nella casa ritrovata, l’Europa, e non tra le bianche e asettiche mura di figuracce contro Empoli (retrocesso… vai tu a fare beneficienza!) e Pescara. Montella rinnova fino al 2019, e ci aspettiamo che per quella data siano maturati risultati e cresciuti ricavi. Sarà un anno, quello, dove, se tutto andrà secondo programma (parola sconosciuta da anni a Milanello) potremmo definitivamente spiccare il volo. Ma Kessié è stato eccellente solo per una stagione, Musacchio è fisicamente precario e ancora qualche tassello manca in rosa. Amo il Diavolo ma non voglio esserne avvocato, però guidiamo questa macchina con prudenza, stando attenti a tenere una velocità moderata, e a non scoraggiarci se a uno stop improvvisamente si spegnerà perché non abbiamo ancora dimestichezza con la frizione. Quando impareremo a maneggiarla, potrà portarci lontano, molto lontano. Il calcio è uno sport di pancia ed è straordinario e allo stesso tempo personalmente odioso come si passa da un eccesso all’altro con una facilità disarmante: dai quindicimila abbonati in uno stadio da ottantamila a un “siamo tornati” ancora non supportato da risultati tangibili.

Calma, calma, calma. Smaniamo di tornare grandi e per la legge dei grandi numeri, lo torneremo, vivaddio.

Ma ad essere da Milan non sono buoni tutti. Lo è certamente Donnarumma, invece, sulla quale vicenda si sta parlando ma soprattutto sparlando. Può un procuratore avere così libertà di sventagliare un fiume di parole senza essere stoppato da nessuno? Non lo so e ci vedo sicuramente qualcosa sotto che noi non sappiamo.

Una cosa però la so bene: se dovessimo vedere Gigio svuotare l’armadietto di Milanello, ci perderemmo tutti. Perché uno così lo devi tenere a qualsiasi cifra. Perché “vabbè, se va via lui lanciamo Plizzari” sappiamo bene che è una cosa che non pensiamo. Perché di paratutto così, ne nascono una volta ogni trent’anni.

Stefano Ravaglia

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