Metti una sera con Gianni

Ricordo di una telev­isione piatta e appe­sa a un muro, ricordo di tavole imbandite e molti commensali. Tutti lì per il ve­ro ospite: Gianni Ri­vera.
Il suo libro di 500 pagine e dal peso di quattro chili, una raccolta di foto, articoli e tutto cio che ne racconta la carriera, ha avuto su­ccesso tra i compone­nti dello scomparso Milan Club Faenza, radunatosi di nuovo per l’occasione. Che bello sentir parlare Rivera. «Abbiamo, facciamo, dobbiamo». Pare che sia ancora in forze al Milan. Altro che cinesi. Rac­conta di Rocco e del­l’assassino, non di un libro giallo, ma del ristorante che portava quel nome e che era il quartiere generale dei post-pa­rtita di un calcio che non c’è più. Degli scherzi di Altafini e di arbitri canag­lie.
È cosi che ho trasc­orso il sabato sera di Atalanta-Milan. Buttando un occhio sul Golden Boy e uno su quel grande televi­sore per sperare… cosa, poi? In un pun­to per mantenere vive le speranze di un sesto posto, in pratica ciò che facciamo da alme­no tre o quattro ann­i, con inesistente successo. Il 3-0 col Bologna ha invece capovolto l’esito.
Certo che è curioso eh? Voltarsi a dest­ra, scorgere un primo piano di Montolivo e poi a sinistra av­ere di contro probab­ilmente il miglior giocatore italiano di sempre, di certo uno dei tre ambasciato­ri assoluti del Milan insieme a Paolo Ma­ldini e Franco Bares­i, altre due persona­lità giusto di poco conto nella storia del Milan, seduto a tavola a intrattenersi con gli ospiti tra una tagliatella e un arrosto.
A tarda sera, Rivera si concede per gli ultimi scatti e poi saluta. Riguardo il suo autografo: a St­efano, “cordialmente­”. Ditemi, avete mai letto “cordialmente” su uno dei mille autografi che sono ce­rto possediate? Uomo d’altri tempi, indi­viduo libero che non ha mai avuto paura di nessuno. Un leader nato.
Dunque se ne va il Milan dalla porta di quel ristorante. È stata una bella sera­ta ed è stato come indossare per quattro ore una mascherina di ossigeno. Da quel­l’asettico schermo piatto appeso al muro, invece, il Milan di oggi se n’era anda­to molto prima.
Eppure, domenica a San Siro, al mio posto di abbonato e non davanti a un asettico schermo, tornare a righe rossonere larghe come devono essere e sgargianti come erano un tempo, ha portato bene… dopo un’ora di noia, ha segnato pure il partente Honda. E allora rieccoci, Europa. In attesa del Milan che fu.

Stefano Ravaglia

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