Caro Presidente, questo Maggio si sta rivelando decisamente anomalo : meteorologicamente più simile ad un autunno, pur portando con sé acciacchi e malanni di vecchia data, sembra aver rinvigorito il suo spirito, e, di conseguenza, quello dei suoi seguaci di vecchia e nuova data. L’ultimo videomessaggio, lo ammetto, mi ha lasciato totalmente basito, oserei dire catatonico, con lo sguardo vitreo fisso nello schermo mentre le sue parole scivolavano nella mia mente, tra un “giuoco” e un “brocchi”, tra “un miliardo” e un “sopportare”, tra un “vendere” e “mani italiane”. Il mio tentativo di trovare un senso a tutto questo è stato vano e, d’altronde, il nucleo di ogni discorso attuale sul Milan è proprio l’assoluta, totale mancanza di logica. Nei modi, nei tempi, nelle scelte, e, non da ultimo, nelle dichiarazioni.
Caro Presidente, proprio qualche giorno fa qualcuno del suo entourage parlava di “tifosi ingrati”, che l’avevano convinta a propendere per la cessione : certo, molti hanno dimostrato poco tatto e, probabilmente, anche poca intelligenza. Insultare, lanciare invettive dalla tastiera di un pc è sicuramente poco costruttivo e, di certo, non porta ad alcun risultato. Eppure, c’è stato un tempo in cui Lei sapeva scegliere i momenti giusti, e le parole adatte, per rivolgersi alla “pancia” del tifo o, più in generale, della massa. Probabilmente nessuno, negli ultimi venti anni, ha saputo interpretare meglio gli umori degli italiani, in generale, e utilizzarli a proprio piacimento. Ma oggi tutta la strategia mediatica sembra una barzelletta, priva di credibilità a tal punto da sembrare una deliberata, consapevole e addirittura divertita, presa in giro. Ed è inevitabile che questo inasprisca gli animi, molto più della mancanza di vittorie.
Anche perché, caro Presidente, il tifoso del Milan è ben conscio della sua storia, del fatto che ci siano stati numerosi anni bui, difficili, privi di soddisfazioni anche sotto la sua folgorante guida. Vi era, tuttavia, sempre la certezza che puntualmente, ogni estate, ci sarebbe stata la voglia di ripartire, di cambiare quegli uomini che avevano tradito le attese, di fare scelte magari anche impopolari ma sempre mirate a cercare il successo. Perché, ed anche questo è un punto che oggi difficilmente si riesce a far comprendere, non c’è un allenatore-fantoccio, da ergere a simbolo di lotta continua contro la società nemica. Tutti i proprietari hanno il sacrosanto diritto di fare ciò che pensano con la propria squadra, purché, anche solo in lontananza, si possa intravedere un filo logico che lega le decisioni. Lei stesso, per esempio, esonerò Fatih Terim per molto meno di altri, prima e dopo di lui, pur di non farsi sfuggire Carlo Ancelotti. Certo, qualcuno forse si lamentò, qualcuno la interpretò come una scelta azzardata, eppure i fatti supportarono, eccome, la validità di quella decisione. Che, comunque, era incentrata su un uomo valido, esperto, anche sottovalutato se vogliamo.
Oggi, invece, nelle scelte c’è solo schizofrenia, e non serve ricordare quanti e quali tecnici sono passati da Milanello negli ultimi anni, col comune denominatore di calciatori poco dotati, tecnicamente prima e moralmente poi, a farla da padrone in tutte le rose messe a disposizione di questi sventurati. I quali, tuttavia, non avevano alcuna esperienza, o quasi, nel ruolo, già di per sé delicatissimo. Nè, di conseguenza, potere di fare richieste specifiche in sede di mercato (e tra l’altro, alcuni di essi sono stati assunti proprio perchè certe richieste non le avrebbero nemmeno accampate). Certo, nessuno può negare che l’impegno economico, di fatto, ci sia sempre stato : i soldi immessi sul mercato, o anche solo per ripianare le perdite di una gestione insana, che ad uno sguardo esterno sfiora (per usare un eufemismo) la malafede, sono sempre stati tanti. Ma è qui che si incentra l’altro nodo principale, caro Presidente : se il concetto di gestione aziendale di una squadra di calcio nasce, di fatto, con Silvio Berlusconi, come è possibile concepire che un amministratore, un dirigente in posizione apicale, possa commettere tutti questi errori madornali e restare sempre saldamente in carica? I bilanci in rosso nonostante il secondo fatturato d’Italia, gli ingaggi spropositati a calciatori mediocri, e relativi curiosi importi messi a bilancio per costoro, non dovrebbero farla soffrire più dei risultati? Non avrebbero, forse, dovuto portarla a prendere una decisione in tempi ben più remoti e antecedenti all’attuale decisione di cedere la società e passare la mano? Non è forse impossibile da accettare, per qualsiasi persona di buonsenso, che a Lei stia bene tutto questo spreco dei suoi stessi soldi?
Ecco, vede Presidente, sarebbe molto più interessante e costruttivo se tutte queste domande potessero trovare risposta in uno dei suoi videomessaggi, o in qualche post su Twitter, o su qualche altro social network, perché sono queste le cose che stanno a cuore ai tifosi, oggi come ieri. Non è una coppa, uno scudetto in più o in meno, che può cambiare l’umore, che può seppellire la preoccupazione che cresce inesorabile di fronte alla gestione attuale della società e della squadra. Perché, caro Presidente, anche quest’anno, come dicevo all’inizio, siamo già a Maggio, e alla prossima stagione mancano, a voler stare larghi, solo tre mesi, per giunta ricchi di impegni internazionali, tra Europei, Olimpiadi e Coppa America. Ad oggi bisognerebbe già avere certezze, magari non tutte, certo, ma sicuramente molte più di quante ce ne siano ora. Anzi, forse adesso ce n’è soltanto una, ed è quella di andare incontro all’ennesima stagione inutile, senza possibilità non tanto di far bene, quanto di porre delle basi per il futuro: e sarebbe il sesto anno consecutivo di nulla, ormai, mica bruscolini. Perché a prescindere dalla cessione, a prescindere dai cinesi e dai thailandesi, il calcio è fatto di programmazione e di lungimiranza. E gli altri, tutti gli altri (chi più, chi meno), stanno già pianificando la prossima stagione e quelle a venire.
Noi invece siamo qui ad oscillare tra opposte fazioni all’interno della stessa tifoseria, tra gli isterismi di chi vorrebbe vedere il Milan ceduto pure al lavavetri del semaforo per sentirsi soddisfatto e le sperticate lodi, fuori dalla realtà, di chi ancora crede nella trascendenza divina di Silvio Berlusconi, che riporterà il Milan dove merita senza l’aiuto di stranieri brutti e cattivi. Siamo ancora qui, dopo oltre un anno, a passare dalla Thailandia alla Cina, da Vitor Pablo Dana a Sal Galatioto, da un Bellinazzo a un Campopiano, da Prandelli a Montella, dall’ incommensurabile amore per il Milan al fatidico “momento decisivo oltre il quale non si può più andare” che, a memoria, ricorre ciclicamente da quasi dieci anni. Tutto condito da aste pubbliche vinte per un nuovo stadio e conseguente retromarcia, con figuraccia annessa; dalla figura, unica in tutto il mondo calcistico, del doppio A.D., in perenne contrasto e contraddizione; da figli che hanno un peso di volta in volta diverso e che, a seconda delle situazioni, sono in grado di costringere il padrone della baracca a non cedere calciatori per motivazioni amorose, salvo poi venire chiusi in uno stanzino insieme alle scope il giorno dopo, oppure di chiudere i rubinetti e impedire la crescita tecnica della squadra, senza tuttavia essere in grado di avere voce in capitolo su una cessione societaria desiderata ardentemente.
Sullo sfondo di questo triste quadro, caro Presidente, resta il signor Galliani, incrollabile, granitica presenza ormai inamovibile, frangiflutti estremo, impermeabile alle critiche e, addirittura quasi più saldo di fronte ai bilanci clamorosamente in rosso, quasi a volerci dire che più fa peggio, più resta in sella, più la squadra è penosa più acquisisce credito. La squadra, già. Quella c’è ancora, quantomeno sulla carta : una squadra povera, sistematicamente umiliata sul campo, incapace di giocare a calcio, senza troppe pretese, e di ottenere risultati dignitosi , anche e soprattutto a fronte di avversari mediocri, abbandonata al proprio destino che tende a tutto, fuorché all’ottenimento di risultati sportivi. Ma quel che resta, soprattutto, è la sua figura, Presidente : una caricatura sbiadita di sé, l’imperatore che continua a dare ordini dal suo trono mentre tutto intorno crolla, inesorabilmente. E la sensazione che con la fine del videomessaggio, con quel braccio teso verso la telecamera, Lei abbia voluto consegnare al mondo l’estrema unzione all’ Associazione Calcio Milan 1899 (no, non 1986, ha letto bene!).
E questo, mi creda, caro Presidente, nessuno, ingrato o meno, glielo potrebbe mai perdonare.
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