Tanto tuonò, che niente, neanche una goccia. Questo si potrebbe dedurre in seguito alla riunione del Consiglio d’Amministrazione del Milan tenutasi ieri pomeriggio e seguìta dal popolo casciavit acclamante la testa dell’intera dirigenza attuale. Tanti proclami, tante voci, tanto fervore e poi rielezione del solito gruppetto di amici e dei loro lauti stipendi. Tutto inutile quindi. O forse no?
Andiamo per gradi, ricapitolando alla veloce l’ultimo anno della società milanese: il 30 giugno scorso viene esonerato Filippo “ho un contratto” Inzaghi ed al suo posto viene chiamato Sinisa Mihajlovic, un uomo totalmente esterno alle dinamiche rossonere non solo come storia (come da lui stesso ammesso in sede di presentazione) ma anche come persona. La figura dell’allenatore aziendalista, pacato, mai sopra le righe lascia il posto ad un uomo forgiato dalla guerra, uno che non le manda a dire, capace di “zittire” persino lo stesso presidente Berlusconi dicendo “non ho finito” durante la prima conferenza stampa a Milanello (e non sono pochi ad affermare che fu quello il momento in cui il serbo firmò la fine della sua carriera rossonera).
Poco dopo arriva il concretizzarsi dell’interesse del famigerato Bee Taechaubol, uomo d’affari orientale che asserisce di voler acquistare il pacchetto di minoranza di AC Milan per la modica cifra di 480 milioni di euro, convinto di poter arrivare alla quotazione di 1 miliardo di euro voluta dal sempre realista Berlusconi per la totalità del pacchetto tramite quotazione alla Borsa di Tokyo. Qui le cose sono due: o Bee era uno specchietto per le allodole o li ha supercazzolati alla grande dal momento che, in un mese e mezzo, il mercato porta in dote giocatori per un totale di 80 milioni circa (con pagamenti vari, ok, ma sempre di soldi da esborsare si tratta) e poi da metà agosto il modus operandi torna alle origini con gli arrivi di Kucka e Balotelli in cambio di una mountain bike con cambio Shimano ed un set di pentole in acciaio inox 18/10. Questo giochetto, o chiamatelo come preferite, ha dunque portato a Fininvest un ammanco di diversi milioni di euro, da sommare alle ulteriori perdite per mancata qualificazione europea, stipendi, eccettera (per la gioia della figlia Marina Berlusconi, immaginiamo).
Non ci fermiamo qui, comunque, perché negli stessi mesi si annovera l’epopea stadio di proprietà con tanto di gara vinta e poi, sempre in concomitanza con il “ritorno alle origini” di cui sopra, abbandonata con altra penale da pagare (e pure qui non sono bruscolini, si parla di 10 milioni circa). Stadio di proprietà che un tempo era diritto regale della sola Juve ma che ora inizia ad estendersi anche ad altre società (Sassuolo e Udinese, per dirne due), e fa strano pensare che la società che per prima sollevò il problema stadio e dei suoi mancati introiti ora sia in balìa dei flutti dopo una topica simile in saccoccia.
E così arriviamo a ieri, non facendoci mancare una brevissima tappa al mercato di gennaio con l’arrivo (a zero euro, ovviamente) del prode KP Boateng, e due menzioncine da niente riguardanti la cessione a Vivendi dell’intero pacchetto di Mediaset Premium nonché l’affaire sui diritti tv (nella quale Galliani è decisamente coinvoilto) che ha condannato, se sarà confermata in appello, Mediaset al pagamento di una multa di circa 50 milioni di euro .
E’ qui che i pezzi del mosaico iniziano a dare sostanza al quadro generale: mai era successo che la riunione del CdA venisse sospesa per più di un’ora (ora nella quale l’AD Galliani ha sbafato tartine e si è fatto una pennica, a giudicare dalla risposta fornita una volta riemerso dalla camera oscura, ma tant’è), mai era successo che l’APA (Associazione dei Piccoli Azionisti che rappresenta meno dell’1% di ACM) attaccasse in maniera così diretta e preparata l’Amministratore Delegato, lasciato solo al fronte dai vari Barbara Berlusconi (pesante caduta di stile, a mio avviso) ed avvocato Cantamessa; mai era successo, soprattutto, che la stampa (Sport Mediaset compresa) desse così tanto risalto a questi attacchi, elemento che in una società come la nostra non può che far specie vista l’immunità quasi clericale riservata per decenni a Galliani stesso. Tanti piccoli segnali, tante piccole gocce che negli ultimi 12 mesi sono cresciute di numero ed intensità, e si sa che per far crollare una diga, spesso, basta una piccola crepa.
Forse sarà l’ennesimo stratagemma, più che possibile, ma i fatti dicono che qualcosa stia cambiando, e non da ieri.
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