Appena qualche giorno fa Rai Storia celebrava l’anniversario della nascita di Indro Montanelli, ricordando come lasciò il Giornale da lui stesso fondato in dissenso con il proprietario Silvio Berlusconi. Nel frattempo, loschi figuri che solo nominalmente ne condividono la professione celebravano la rivoluzione importata da Brocchi, culminata nell’ampia percentuale di possesso palla in Milan-Carpi.
Che in una settimana di fine aprile, a campionato praticamente concluso e con le energie residue dell’Armata Brancaleone allestita quest’estate non si possa fare alcuna rivoluzione credo sia fuori discussione. Discorso valido tanto dopo la scialba vittoria con la Samp quanto dopo la beffarda sconfitta di lunedì. Proprio per questo, a prescindere da qualsiasi eventuale motivazione non di dominio pubblico, sollevare un allenatore per insediare il terzo esordiente in altrettante stagioni, peraltro con un incarico limitato a sette giornate, è una mossa oltremodo insana.
La quasi totalità del tifo rossonero ne aveva piena coscienza e si è espressa in tal senso sui social. Fa ovviamente eccezione il consueto manipolo di giornalisti, talmente asserviti alla presidenza che, cullandosi nell’ineccepibile convinzione che da noi una santa leccata di deretano frutta molto più di un’idea genuina, non ha esitato ad inferire l’ennesimo colpo alla malconcia carcassa della propria dignità professionale.
Perfino l’apprezzabile neologismo “prostituzione intellettuale” coniato dal vate di Setubal è riduttivo per una banda di scagnozzi, sguinzagliati all’occorrenza come i segugi di Mr. Burns, che nell’esonero di Mihajlovic hanno trovato nuovo vigore per elogiare l’operato di Berlusconi e Galliani, riscattandosi dalla frustrazione di non aver saputo individuare neppure uno straccio di motivazione strampalata per giustificare la preconfezionata imminente conferma di Balotelli.
Dopo la tragicomica stagione targata Inzaghi -da loro strenuamente difeso e giustificato, a differenza di molti predecessori- la lettura dei loro articoli risulta ridicola come ascoltare i discorsi alla popolazione di taluni dittatori e riscontrare che nel mondo reale le cose vanno all’opposto di quanto descritto. A questo punto si insinua tuttavia un dubbio inquietante: possibile che per portare il pane a casa occorra abbassarsi a tanto? E se costoro fossero veramente convinti delle assurdità che scrivono? Possibile?
Ritenendomi un uomo razionale, le mie capacità cognitive si limitano -purtroppo- a quella metà dell’universo che risponde alle leggi della logica. La restante metà sfugge alla mia comprensione. Mi sforzo di conficcarla a forza nelle poche forme a me note. Poi mi arrendo e l’accetto per quel che è. In questo caso sarebbe meglio di dire la sopporto, peraltro a fatica.
E dire che quando eravamo forti la comunicazione era uno dei nostri punti di forza. Bei tempi, quelli.
3 comments for “Ma ci sono o ci fanno?”