Più o meno dal 2009, ciclicamente e soprattutto nei momenti meno felici, ecco arrivare la voce relativa alla cessione del Milan o di sue quote.
All’ epoca, proprio qualche giorno prima della cessione di Kakà, furono gli arabi, poi si sono susseguiti nel giro del tempo più o meno tutti: dai russi di Gazprom fino di nuovo agli arabi tramite Fly Emirates, per poi giungere in estremo Oriente dove da un anno e mezzo pare siamo piantati.
E’ sempre difficilissimo capire qualcosa tra mille voci e soprattutto mille anime in conflitto non soltanto in seno alla società, ma tra la medesima famiglia Berlusconi e i suoi figli di primo o secondo letto, infine tra chi dentro a Fininvest del Milan potrebbe avere ancora bisogno per tenere il piede nella porta dei diritti TV del calcio come Piersilvio o chi, come Marina, da anni lo vede soltanto come inutile peso.
Inutile stare a riesumare tutti gli avvenimenti di questo ultimo periodo relativamente a questa vicenda, la sensazione neppure troppo piccola è che l’ ostacolo principale al momento si chiami proprio Silvio Berlusconi.
Purtroppo la fine per i conquistatori o aspiranti tali arriva quasi sempre quando cominciano a ritenersi più bravi dei loro generali; ce l’ abbiamo. Quando ritengono migliori non i generali più realisti ma quelli maggiormente dediti all’ assoluta e venerante fedeltà; ce l’ abbiamo. Quando iniziano a muovere sulle cartine raffazzonate armate che di tale mantengono ormai solamente il nome e comprendono in realtà quattordicenni e pensionati equipaggiati con scolapasta e moschetti antidiluviani; abbiamo pure questo.
Se prendiamo i due ambiti nei quali ancora si muove, calcio e politica, vediamo sinistre analogie: per quanto ormai leader di un partito che se si votasse domani avrebbe percentuali da prefisso telefonico e per quanto costretto ora ad agganciarsi al carretto verde, non ho il minimo dubbio che nonostante i recenti fatti del candidato sindaco a Roma lui ritenga di poter tornare a mettere in riga alleati, divenire candidato premier, vincere le elezioni nel 2018 alla tenerissima età di ottantadue anni.
Tutto ciò vi pare irrealistico? Come la mettete allora con le due finali di Champions da raggiungere entro le prossime cinque stagioni? Tutto normale?
Le sue interviste sul Milan sono un disco rotto, ormai la storia dei padroni della materie prime ha superato l’ antica fiscalità spagnola, peccato se poi in realtà prima di affrontare gli sceicchi in quella coppa ,che tra l’ altro gli sceicchi non vincono mai, ci sarebbe da riuscire almeno a lottare decentemente per lo scudetto in una serie A che non rileva giacimenti di gas o petrolio scoperti dai Della Valle o da De Laurentis.
E’ come se uno di noi si lagnasse che le modelle vanno tutte con quelli imbustati di denaro nel momento in cui manco riesce a strappare il numero di cellulare alla barista single e discreta del bar che frequenta ogni mattina.
E’ ormai certificato che lo scoglio principale alla cessione di parte o di tutta la società sia proprio la governance: chiunque metta dei capitali e ne metta tanti, anche fossero molti di meno di quelli di cui si vocifera da mesi, ha la logica pretesa di avere eccome voce in capitolo su strategie sportive e commerciali.
Purtroppo questo arido termine, governance, inglesismo da consiglio d’ amministrazione, per lui fa tutta la differenza tra “il MilandelpresidenteBerlusconi” recitato tutto attaccato come neppure un Pellegatti in forma smagliante, o meno.
Quel Milan è stato precursore in tanti campi, non solo quello prettamente sportivo, tanti anni fa. Ora mille modelli lo hanno superato ed il terrore che un altro Milan vincente possa esistere senza Berlusconi è qualcosa che paralizza il medesimo.
Il suo sogno è davvero di avere qualcuno che si sveni per una quota di minoranza per una scatola vuota, gli riempia le tasche, si preoccupi di rafforzare la squadra a sue spese, faccia finta di nulla se poi dell’ eventuale miglioramento tecnico e di classifica del Milan sia lui a prendersi tutti i meriti. Una botte piena con moglie ubriaca e Scarlett Johansson al citofono che pretende di salire immediatamente.
Anche di fronte a presunte offerte più recenti e molto più realistiche quanto a cifre e a giusto peso da vantare in sede decisionale, da qualsiasi fonte giornalistica provengano, l’ onnipresente scoglio è sempre lo stesso che tentenna ma che poi, quando salta tutto come quest’ estate, dimostra che in realtà lui preferirebbe mettere zero euro e poter muovere in pace quei soldatini su quelle mappe militari.
Presidente, il tempo passa, il ricordo di ciò che fu sfuma batosta dopo batosta, i treni di offerte ancora pesanti non passeranno più a lungo e lasceranno il posto a gente disposta al massimo a sollevarla dall’ indebitamento, i tifosi che secondo lei dovrebbero intitolarle uno stadio iniziano sempre più spesso ad invocare davvero un “via Berlusconi” ma senza il benché minimo intento di modificare la toponomastica meneghina.
Ci pensi, ex cavaliere; la politica odierna dovrebbe averle insegnato che nessuno è eterno e che, al massimo, può arrivare uno molto simile a lei ma con un vantaggio: quella quarantina di anni in meno.
11 comments for “Breve storia di un vecchio che non voleva vendere la Duetto spider di quando era giovane”