Guarda che con quei soldi ci rifacciamo la squadra! Oddio, di nuovo?

 

 

Quello che noi vediamo come un portiere, a Marina ricorda parecchio un assegno.

Quello che noi vediamo come un portiere, a Marina ricorda parecchio un assegno.

Lo confesso apertamente: quando quel sabato prima di Milan – Sassuolo è cominciata a circolare la voce che la nostra porta sarebbe stata difesa il giorno dopo da un sedicenne, il primo pensiero è corso verso un atto di forza di Sinisa per mostrare il suo assoluto potere di scelta nello spogliatoio e per punire gli screzi con quel Diego Lopez che pareva avere perso ad inizio stagione quel fatale istante di reazione che fa tutta la differenza tra un portiere che i punti li porta ed uno che li fa perdere.

Neppure i primi due turni di guardia alla nostra porta erano riusciti a convincermi del tutto, poi le cose sono cambiate e pure tanto.

La sensazione ora non è più quella della bella promessa, ma qualcosa di più simile alle prime sgambettate di Messi tra il 2005 e il 2006: l’idea di un’ epoca a venire marchiata in un ruolo da un nome e da un cognome.

Donnarumma è al momento un punto di forza vero del Milan, e nonostante alcuni venali errori legati all’ età di uno che dovrebbe timidamente affacciarsi come secondo portiere in primavera, certi suoi affioramenti di talento nel mare di normalità del Milan di quest’ epoca sono violenti a tal punto da disorientare, perfino buffi se si pensa ad un club che da trent’ anni ritiene quello del portiere un investimento tutt’ altro che strategico.

Da parecchi anni ormai, da quando pay – tv e web hanno reso infinitamente più piccolo e meno esotico il calcio internazionale, è sempre notevole l’ hype che si sviluppa attorno ad un qualsiasi ragazzino titolare in una qualsiasi prima divisione europea, figuriamoci nel caso in cui il ragazzino giochi nel ruolo necessitante di maggior maturità, quello del portiere, e lo faccia sotto l’ insegna un po’ arrugginita ma sempre gloriosa dell’ A.C. Milan. Cominciano ad inseguirsi le voci da tutto il continente, nel San Siro semivuoto di questo medioevo rossonero spesso si accomodano osservatori di club dal portafogli spesso più pesante del nome.

D’ altra parte il ragazzo è pure così bravo coi piedi, i suoi compagni non fanno retropassaggi per disperazione ma perché lo considerano elemento stabile e affidabile del giropalla, da poter perfino stuzzicare quelle due spagnole che storicamente considerano bastevole tra i pali un pupazzo con una maglia da gioco diversa.

Ultimo ma non indifferente dettaglio, i suoi servigi sono già da ora tutelati da Mino Raiola, uno che, lasciando da parte adesso i mille rapporti messi in piedi in questo decennio con la nostra dirigenza, per le sue punte di diamante ha sempre anteposto alla miglior carriera sportiva la massima crescita economica possibile, meglio se con progressivi trasferimenti a salire come importo, passaggi estremamente utili per il mantenimento della sua smagliante silhouette.

Se mettiamo insieme tutte queste cose ipotizzando un ‘ ulteriore crescita del ragazzo da qui ad un anno, la sensazione è che nel giro di non molto Donnarumma possa divenire davvero “troppo” per questo Milan sotto molti punti di vista, come tutti quei giocatori che ormai per forza di inerzia vengono attratti da quei quattro o cinque club per i quali una semifinale di Champions raggiunta è da ascrivere alla voce normale amministrazione e non epica impresa.

E allora che fare?

Esisterebbero nel mondo della logica pallonara due vie.

 

La prima è quella più ambiziosa e spavalda: quella di non far sentire Gigio imprigionato nella mediocrità, rafforzare la squadra con lui, garantendosi anche grazie a lui il ritorno a quella competitività che da troppo manca al Milan. Una via che purtroppo, senza capitali esterni, appare ben lontana dal mondo di un club che ha il terzo posto come obiettivo massimo e manco per rafforzarsi, bensì per arginare i costi.

 

La seconda è quella più onesta: ammettere candidamente che il ragazzo potrebbe non c’entrare davvero nulla con l’ attuale Milan, ma che con un’ offerta folle in linea con gente come Sterling o Martial sarebbe possibile costruire una squadra più forte e competitiva in cui non ci sia neppure la necessità di un marziano in porta, situazione che probabilmente la Juve sta serenamente valutando sotto altri aspetti per Pogba.

E’ un’ ipotesi che già serpeggia, cominciano già a circolare i consueti mantra “con una cifra simile ci rifacciamo la squadra” , “è solo un portiere” , “per tot milioni lo accompagno io a Manchester/Barcellona/Monaco in macchina/motorino/a dorso di mulo”.

 

Tutto come se la storia non fosse magistra vitae, come se 2006, 2009 e 2012 non avessero insegnato nulla , come se la squadra l’ avessero mai rifatta, come se dopo ogni triennio il bilancio non avesse tracannato nuovamente abbastanza liquidi da necessitare un nuovo utilizzo dell’ altare sacrificale. Tutto troppo facile per chi ci comanda se poi troveranno sempre mandrie di ebeti pronti a rinfacciarti i libri in tribunale (trent’anni fa, trent’anni fa!) e cicli vincenti persi nei ricordi di dieci o vent’anni addietro, o altri in visibilio all’ idea di un Galliani con in mano ottanta milioni di euro da spendere.

Il mio modesto suggerimento è quello di godercelo il Donnarumma finchè c’è: la felicità in questo tempo rossonero è fatta di brevi attimi come un tre a zero in un derby , un’ operaia finale di coppa Italia o appunto un inaspettato fiore sbocciato sotto i nostri colori. I sogni di solito passano per la parola futuro, parola che trova ben poco spazio in un reame dominato da giovinetti di settanta e ottant’ anni.

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