Mini Mario, a maggio volatene a Liverpool e non tornare mai più al Milan

balotelli

Basta. Esiste un momento in cui l’unica parola che ha un senso è questa: basta. Non voglio più sentirne altre quando viene citato il nome di Mario Balotelli. Basta Balotelli. Non voglio mai più vederlo, finito maggio, con la maglia del Milan. E con quella della Nazionale.

Altri due mesi e mezzo e poi le strade di Balotelli e del Milan si dovranno separare. Per sempre. E se Berlusconi, che ha “minacciato” di rinnovare il contratto del giocatore al termine della stagione, manterrà la promessa, sono disposto a non seguire più la squadra che amo da un quarto di secolo.
Balotelli non ha nessun diritto di essere il centravanti del Milan. Né per 90, né per 5 minuti a partita. Ed è ora anche di finirla sulla sua presunta immensa classe non sfruttata. Neanche al massimo della forma e dell’impegno questo ragazzone di 26 anni vale un’unghia non dico di Van Basten – che in quanto Van Basten non è paragonabile a nessuno – ma di Ibrahimovic, Shevchenko, Weah e Inzaghi. Gli stessi Massaro e Simone, nel Milan di oggi, sarebbero titolari senza se e senza ma, anche se Balotelli riuscisse a esprimersi ad alti livelli.

Basta Mini Mario. Di Super non ha niente, se non l’immeritato stipendio e le immeritate coccole che da sempre riceve perché l’infanzia difficile ecc. ecc. Il mondo è pieno di persone con un’infanzia difficile, cento volte più difficile della sua. Solo che quasi mai la fortuna va a baciare queste persone. La fortuna, invece, ha visto in Balotelli un potenziale alleato. La fortuna ha fatto sì che questo ragazzone ricevesse un gran fisico, una gran velocità, una gran potenza e che fosse notato dalle persone giuste. Ottimo, tutto vero. Peccato che queste doti, se non si sommano a professionalità, impegno, costanza, razionalità, passione, non servono a un bel niente, se parliamo di sport.

Balotelli ha fallito e non aspetterò maggio per sentenziarlo. Ha fallito e basta. Se non fosse per gli infortuni di Luiz Adriano e Niang e per l’imbarazzante forma fisica di Menez e Boateng, proporrei a Mihajlovic di lasciarlo marcire in tribuna per le restanti partite. Purtroppo il “genio del mercato” che ha avuto l’idea di riprendere Mini Mario è lo stesso che ha deciso che questo Milan non avesse bisogno di rinforzi in attacco a gennaio. L’ennesima scelta sciagurata. Ma ancora più sciagurato sarebbe tenere un altro anno questo ragazzo per dargli “l’ultima prima della penultima” opportunità della carriera. Basta sul serio.

A 26 anni i veri fenomeni avrebbero potuto anche ritirarsi e fenomeni, appunto, sarebbero stati considerati. Balotelli non lo è, si è capito da tempo, non c’è più bisogno di altre prove. E non sono i gol (calcolabili con le dita delle mani) realizzati nelle ultime 3 stagioni a farmelo dire, ma molto di più.

L’ho visto anche ieri contro il Sassuolo, Mario. L’ho visto assieme agli amici del club e dicevamo tutti le stesse cose. Balotelli passeggiava, non beccava una palla, non seguiva l’avversario, non si smarcava, non prendeva una punizione dal limite, non faceva nulla di utile per la squadra, era più distratto di uno spettatore. Annoiato, demotivato, assente. Per vederlo sorridente e felice di fare qualcosa, bisogna dargli uno smartphone e fargli scattare un selfie. Lì sì che è felicissimo. E allora faccia il fotografo, faccia qualunque cosa, purché la faccia senza indossare quella maglia che non merita.

Io lo so che anche dopo l’ennesima partita orrenda, oscena, inguardabile, qualcuno sarà pronto a coccolarlo, a giustificarlo, a dire che la prossima volta andrà meglio (anche perché peggio sarebbe molto difficile). Non m’importa. Non cambierò idea. Nemmeno se da qui a maggio farà – pura fantascienza – 20 gol.

Balotelli è quasi arrivato alla “metà del cammino della vita calcistica”, idealmente rappresentata dai 27 anni. Ha avuto tutto il tempo, tutti i modi e tutti i soldi per dimostrare quello che secondo alcuni vale. Non c’è riuscito. La soluzione la trovi il Liverpool, la trovi Raiola o chiunque abbia a cuore le sorti di questo ragazzo, così felice quando c’è da fare un selfie in tribuna, così triste quando scende in campo con una maglia che invece è simbolo di orgoglio, onore, voglia di vincere e passione.

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