Appunti froceschi in ordine sparso

aaaaaaaaaaaaaaaaasarrimancini

Sarri e Mancini, Sarri Mancini, sarrimancini. Una tenzone in grado di scovarti direttamente dal fruttivendolo in questi giorni mentre mediti sulle cipolle di Tropea.

Tutto si è già detto del merito di questa vicenda: ovvio che il buon Maurizio abbia sbagliato clamorosamente, altrettanto ovvio che il Mancini ferito sia una pagliacciata costruita ad arte. Se proprio ti senti urtato , e ne hai tutto il diritto, è probabile che tu ricavi maggior soddisfazione dall’ affrontare la questione direttamente muso a muso col tuo contendente, magari rimpicciolendolo mentre gli fai notare che nel 2016 è veramente anacronistica un’ uscita del genere.

Se invece scegli il piagnisteo urbi et orbi giusto per cogliere al balzo la succosa opportunità di destabilizzare l’ ambiente di un club in corsa con te per il vertice, fai giusto una mourinhata di terz’ ordine.

Non è questo che mi interessa, mi preme maggiormente evidenziare quel senso di ridicolo misto ad ingiustizia che ogni tanto rende questo paese più unito che nei gloriosi giorni di Vittorio Veneto.

Da un anno e mezzo la stampa, sportiva e non, segue e coccola Maurizio Sarri per i suoi indiscutibili risultati ma soprattutto perché coniugati all’ essere “l’uomo della strada”, “l’ italiano medio”, “l’antidivo”, “uno che dice e fa le cose pane al pane e vino al vino”.

Bene, cara stampa sportiva, Sarri è esattamente questo: un uomo normalissimo, una persona che non ha un grammo di costruito addosso a sè, che probabilmente ritiene che un curatore d’ immagine sia un altro modo per definire un imbianchino, e che ti piaccia o no un uomo italiano qualunque di cinquantasette anni è cresciuto in epoche e in ambienti che, anche per una lunga e mai sopita cultura cabarettistica e filmica di questo paese che al “frocio” ha destinato costantemente quel ruolo un po’ ghettizzato e un po’ ridicolo, spesso fanno sì che quella parolina incriminata possa uscire istintivamente in un momento di rabbia, momento, istante ben diverso da un pensiero articolato per esempio durante un’ intervista.

L’ hai sempre detto tu, cara stampa italiana, che Sarri è uno così, prendere o lasciare; lascialo dunque, lascialo per l’ attimo di rabbia, per la dannata frazione di secondo, chè queste sono le cose gravi di questo sport.

Mica un CT nominato quando ancora era sotto inchiesta per il calcio scommesse, un presidente della federazione che tra negri, ebrei, donne e gay ha già coperto diligentemente l’ arcobaleno del politicamente scorretto, mica quel “negro di merda” che Balotelli spesso si è ricevuto da avversari e tifoserie avversarie ma che tu, stampa italiana, hai spesso giustificato con un bel fuoco di sbarramento di distinguo e disquisizioni sugli “atteggiamenti sbagliati del ragazzo”.

Perché vedi, cara stampa italiana, è una parolina orrenda per la quale deve scusarsi, ma è un attimo, mentre la carriera di uno che è partito dal nulla, ha rischiato tutto quel che aveva , e un lavoro in banca con una famiglia sulle spalle non è poco, per poter inseguire il sogno di fare ciò che desiderava, dimostrando di saperlo fare molto bene e regalando alla serie A una squadra spettacolare come non ne vedevamo una dalla fine degli anni ’80, resta per quanto mi riguarda l’ Italia che vorrei.

Peccato che quella parolina ora faccia passare per vittima ed eroe chi da quasi quindici anni fa carriera a suon di colpi di vento di adoranti uffici stampa e non ripetibili colpi di culo quali l’ estate 2006, uno che ora grida al lupo ma che ai tempi giustificò il “negro di merda” regalato dal nostro attuale mister a Patrick Vieira, gli striscioni razzisti proprio contro i napoletani, e infine regalò la medesima parolina per la quale si invoca la gogna per Sarri ad un giornalista fiorentino.

E questa appena descritta, cara stampa italiana, quella degli ipocriti , degli opportunisti e dei voltagabbana, per quanto mi riguarda è l’ Italia che destesto.

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