Quella voglia di Juve che sale quando Alz si innamora di Heimer

Il nuovo che avanza, o meglio, gli avanzi della Juve.

Il nuovo che avanza, o meglio, gli avanzi della Juve.

Tutto ed il contrario di tutto si può dire di Berlusconi, in fondo la sua è stata una vera e propria occupazione della vita imprenditoriale, sportiva e politica di questo paese dall’inizio dei leggendari anni ’80 in poi, ma sgrassando le innumerevoli ombre per un attimo non si può dire che non sia stato un precursore coraggioso in tutti quei campi citati poc’anzi. Per primo ha creduto nella tv privata in Italia, comprendendo come quell’ elettrodomestico potesse condizionare le più diverse scelte di qualsiasi famiglia, per primo ha creduto nell’ americanizzazione della scena politica, perfettamente rappresentata prima dal partito da lui fondato e poi dal sistema di governo dell’alternanza della seconda Repubblica, decisamente lontano dalle eterogenee paludi e “convergenze parallele” di scudi crociati e falci munite di martello. Nell’ambito a noi caro poi, è quasi inutile elencare cose come l’aver capito anni prima che la Coppa dei Campioni sarebbe diventata il veicolo planetario del calcio e della sua immagine grazie alla televisione, che in tale ambito si sarebbero riversati fiumi di denaro, che per l’immagine di un’azienda ingenti investimenti nello sport avrebbero pagato pesantissimi dividendi a livello mondiale grazie a successi, fuoriclasse e trofei vinti. Tutte cose che poi si sono verificate con  lui e poi sono state replicate da altri, basti vedere come le economie emergenti stiano da una parte spendendo milioni su milioni nel calcio europeo come proprietari o sponsor, e dall’ altra mettendo le mani su enormi investimenti immobiliari o commerciali nei medesimi paesi.

Avviso agli indignados in transito: questa non è un’ apologia del vecchio, ma una semplice serie di constatazioni oggettive sulla capacità che ha avuto di giungere là dove poi sono arrivati a ruota molti altri.

Più di ogni altra cosa rimanendo nel cortile rossonero, non ha mai avuto paura nello scegliere idee e uomini nuovi per il Milan: dopo Liedholm non ebbe paura di affidare ad un emergente come Sacchi la sua prima grande scommessa, non si fece problemi a nominare Capello a fronte di giornalisti che lo ritenevano uno yes man o la buonanima di Franco Scoglio che definiva una simile scelta vergognosa per la sua categoria.

Alla luce di tutto ciò che è stato, è immensamente triste assistere al declino mentale di un certo tipo di pensiero forse rischioso ma spesso vincente, vedere che spesso e volentieri vagheggia improbabili ritorni di vecchie “idee nuove” quali il ciclico Arrigo Sacchi come direttore tecnico o il ritorno di un Ancelotti in una situazione radicalmente diversa da quella dell’ autunno del 2001, come se l’ antichità potesse farsi di nuovo innovazione , come se guardare in avanti fosse possibile soltanto inserendo la retromarcia. Ma più di ogni altra cosa urta un notevole numero di milanisti vedere che si tirano in ballo antichi tecnici juventini che non hanno a che fare col calcio di club di livello da quasi dodici anni come Lippi, o che si sogna per la rifondazione dei Milan un altro ex juventino, Conte, che è stato “alfiere” tra campo e panca della gloriosa e linda squadra di Moggi, di Agricola, del gol non visto di Muntari. Uno che ci ha definiti la mafia del calcio.

Tutto questo come se la formula per ritrovare la via vincente si fosse smarrita del tutto: manca il coraggio per puntare un Sarri con l’ Empoli come apice della carriera a 56 anni o per gettare un occhio sul gioiello che un Di Francesco ha tirato su nella pianeggiante fabbrica delle nebbie? Allora proviamo a “riciclare” le formule vincenti di un altro club, pazienza se si tratta di un club che ci ha fottuto diversi scudetti e non esclusivamente sul campo, pazienza se l’ anima di un club, la sua essenza stessa, conti e molto per tanti tifosi.

Cito un caro amico riguardo all’ ultimo punto: “io posso capire un ragazzino di 12 anni, ma uno che ha vissuto a pieno gli anni ’80, ’90 e i primi anni 2000, uno che è milanista possiede i valori storici del milanismo, uno che ha provato sulla sua pelle cosa vuol dire misurarsi contro quelli lì, come può accettare di vedere due soggetti simili sedersi sulla panchina su cui si sono seduti Rocco, Sacchi, Capello, Ancelotti?”  Me lo domando pure io, anche perché questo club non avrà “vincere non è importante, è l’unica cosa che conta” come suo motto, ma grazie ad altri ben differenti valori una storia internazionale che la signora d’ Italia può attribuirsi solamente nei suoi sogni più osceni.

 

 

N.d.r: è notizia di stamattina, riportata un po’ ovunque, che in caso di mancata vittoria contro la Fiorentina la panchina verrebbe affidata a Marcello Lippi.

Amen.

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