Anche quest’ anno facciamo una buona stagione l’ anno prossimo

Solo l'obsolescenza vinse l' antico Temeraire. La stessa che non riesce a scalfire B & G

Solo l’obsolescenza vinse l’ antico Temeraire. La stessa che non riesce a scalfire B & G

Incontrare un vecchio tifoso interista, uno di quelli con cui ai tempi degli euroderby ti guardavi pure in cagnesco, eludere per quanto possibile l’argomento Milan, riceversi sul finale una pacca d’incoraggiamento. Questa è la cosa peggiore, quella di essere ufficialmente usciti pure dal cerchio degli sfottò per finire nell’inferno della compassione altrui.
Se l’inverno meteorologico tarda ad arrivare, quello rossonero ha iniziato a palesarsi con la consueta puntualità delle ultime stagioni già nel pieno dell’autunno, consuetudinario ormai quanto un libro natalizio di Vespa.
Inutile dire che nel mondo mediatico rossonero e non il termine responsabilità pare sempre vagante quanto la pallina del primo videogioco tennistico dei primi anni 80, con un paio di barrette bianche pronte a respingerla per mandarla a zonzo su di uno schermo nero.

Partiamo dunque dal primo scalino, quello tramite il quale ci si accomoda sulla panchina.
Al di là dei punti, paragonare sotto altri aspetti la gestione di Mihajlovic a quella di Inzaghi è esercizio di malafede o di scarsa competenza calcistica: anche solo prendendo le ultime due disgraziate gare, è probabile si siano costruite più occasioni su calcio manovrato che nell’intero girone di ritorno scorso dove l’opzione prima e unica era quella di dare palla in qualche modo a Menez. Resta il fatto che la squadra ha avuto a disposizione ben tre filotti di quelli su cui si costruiscono fiducia e classifica: dopo il derby, dopo il Napoli e dopo la Juve; tutte le volte l’iniziale fiducia è stata segata sugli stinchi senza pietà alcuna. Tra Genoa, Atalanta, Carpi e Verona mancano dai dieci ai dodici punti assolutamente non impossibili, i classici punti su cui si costruisce il bottino in serie A ben più che negli scontri diretti. Il Milan è quanto di più distante dalle parole del tecnico serbo, non è mai riuscito a rimontate uno svantaggio, ha giusto messo a posto le gare interne contro Empoli e Sassuolo, mai ha fornito una reazione di carattere, magari confusa ma evidente a livello di pressione sull’avversario quando le cose si mettevano veramente male, anzi, la gran parte delle sue vittorie le ha messe in saccoccia dovendo produrre molto di più dell’avversario diretto, magari subendo alle prime disattenzioni come contro Palermo o Udinese. Assoluti controsensi per un tecnico preso proprio per il carattere più che per la filosofia di gioco.

Saliamo di un gradino e passiamo alla stanza dei bottoni. Barbara Berlusconi risulta sparita dai radar: prima l’ alzata di scudi di fine 2013 e l’ immediata rimessa a cuccia, poi il progetto stadio durato lo spazio di un rendering con contorno di video figo, seguita dalla resa quasi immediata dopo la vittoria del bando. Una pubblica umiliazione quasi pianificata all’apparenza, forse decisa da gente con cui condivide padre e cognome, sicuramente una gogna più che bastevole per rassegnare le dimissioni visto che al momento le sue competenze ci risultano ignote.
Ignote anche perché della parte sportiva se ne occuperebbe un altro. Facciamo un conteggio delle ultime otto stagioni, partendo subito dopo quella che ancora ha sfruttato la scia della Champions vinta ad Atene. Uno scudetto e una Supercoppa italiana. Ai lati di questo episodio (citofonare a caso a Parigi per ringraziare ancora quei due tizi grossi e forti…) il Milan ha retto amorevolmente la stola ad un ciclo vincente nerazzurro prima e ad uno bianconero dopo, decidendo per quest’anno di gustarsi il duello diretto tra le due come non capitava dai tempi di Ronaldo e Del Piero. Il tutto potendo contare su di un fatturato stabilmente tra il primo ed il secondo in Italia, il tutto presentando costantemente bilanci in rosso. Risultati sportivi vicini allo zero, risultati economici ampiamente al di sotto del numerino tondeggiante. Inutile aggiungere altro visto che se ne è già parlato fin troppo, impossibile reperire una qualsiasi altra azienda dal fatturato annuo superiore ai duecento milioni in giro per il mondo che sarebbe disposta a rinnovare costantemente la fiducia ad un amministratore delegato che porti a casa simili risultati.

Già, perché qualcuno lì ce lo tiene Galliani, quindi saliamo l’ ultimo gradino e assestiamoci su quello più importante.
Lì in cima abita qualcuno che pare sempre “cadere dalle nuvole”, che appare e scompare fisicamente ed economicamente dalla vita del club quando più gli fa comodo, che non è in grado di determinare una volontà precisa dall’inizio alla fine di un’estate di mercato. Basti pensare alle ultime due di estati. Nel 2014 prima subordina gli investimenti alla rescissione di Kakà (memorabile la mazzariana prece di Milannews: “se vuoi il bene del Milan, rescindi”…rido ancora), poi impone la cessione di Balotelli promettendo la possibilità di investirne l’incasso, infine decide che è opportuno tenerli in cassa quei soldi. Non parliamo di quest’ estate, partita con una decina di giorni in cui non erano problemi clausole rescissorie o ventelli a Sabatini, finita con Kucka e con uno Zenit infuriato per la richiesta di prestito con diritto di riscatto per Witsel. Stendiamo un velo pietoso sulla questione Bee, sarebbe davvero una sparatoria su degli sfollati e la Convenzione di Ginevra preferisco rispettarla.
Ignoro per davvero con un simile groviglio al di sopra delle mere questioni calcistiche quale possa essere la prosecuzione della stagione, ho la forte impressione che per mille motivi, tra cui non tralascio comunque una questione arbitrale in cui ieri è ufficialmente stato lasciato solo dalla società, la gestione Mihajlovic sia già morta al di là del fatto che finisca o no sulla panca il campionato. Inizieranno a spuntare settimanalmente Brocchi-Lippi (ma si conoscono tra l’altro che li citano sempre in coppia?) , arriveranno voci di Berlusconi che “avrebbe riferito ad un gruppetto di suoi parlamentari…”, inizierà un progressivo smarcamento per far confluire su un Mihajlovic che ha delle colpe molte più responsabilità di quelle effettive, spunterà un nome che agli occhi di chi vive nell’adorazione di Galliani o nell’ eterna gratitudine verso Silvio risulterà essere “quello che fa rendere questa rosa per quel che vale”.
Film già visti e stravisti, solo che “Una poltrona per due” la sera del 24 riesce sempre a strapparmi un sorriso, qua gira in loop una retrospettiva sul cinema muto iraniano , i seggiolini sono scomodi, i popcorn fanno veramente schifo.

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