“Il problema è che la società non vuole uscire da una situazione che si è incancrenita negli ultimi anni e quindi si vivacchia. Il Milan sta perdendo tempo, e la verità è che non sta facendo niente per uscire da questa situazione. E’ evidente ciò nella gestione dei mercati, che sono più o meno dispendiosi, ma fatti con un metodo errato. Badate bene: non sono i protagonisti ma il metodo a essere non più funzionante. Tanto che ci ritroviamo a ottobre, ogni anno, a dire le stesse cose, e cioè “l’allenatore è bravo ma non ha ancora ingranato”, “i giocatori non sono adatti al progetto”, “a gennaio faremo nuovi investimenti”.
Stralcio di un’intervista a Fabrizio Biasin (qui) dell’ottobre scorso, ma poteva anche essere di settembre…del 2013.
A gennaio ci siamo quasi, il mercato è già stato impostato con l’arrivo di Boateng, Montolivo è prossimo al rinnovo triennale e qui mi fermo.
L’allenatore non ha ancora ingranato, o meglio, in parte ci è pure riuscito.
Il modulo sembra essere definito: un 442, dopo essere partiti da un 4312 naufragato sulla mancanza di un trequartista credibile, passando per un 433 molto vicino ad un 451.
I fedelissimi sui quali fare affidamento pure.
D’altra parte con la prestazione interna fornita contro il Crotone le cosiddette riserve hanno contribuito a spazzare ogni (ir)ragionevole dubbio dalla mente di Sinisa.
I giocatori sui quali contare, infortunati non cronici compresi, sono 15/16, il resto è roba buona per fare il brodo.
A questi si aggiungerà mr. Satta di cui si è detto poc’anzi.
L’ennesima scommessa a breve scadenza per un ruolo tutto da definire, con un Berlusconi che già si dice vorrebbe vedere schierato il ghanese come punta.
Insomma, con il prossimo rientro di Balotelli l’arrivo di Boateng è esattamente quello ci vuole per mettere a proprio agio l’allenatore e farlo ingranare.
Dove non ha ingranato l’allenatore è proprio nel carattere che doveva infondere nella squadra.
Ci si aspettava di vedere un Milan scendere sempre in campo finalmente con il coltello tra i denti, invece ci si ritrova con prestazioni altalenanti, dove il carattere e la personalità vengono puntualmente a mancare proprio quando occorre cambiare marcia per dare un segnale.
Resta da capire quanto questo sia addebitabile all’allenatore.
Probabilmente, considerato che l’avvicendarsi sulla nostra panchina di più allenatori non ha risolto il problema cronico, il tutto deve essere ricondotto all’aria malsana che si respira in società e che non concede all’allenatore di turno, sempre sotto il tiro degli umori del presidente e/o della stampa amica del condor (nonché di pippo) di godere di una fiducia solida e con questa di far leva sullo spogliatoio.
Resta il fatto che da Mihajlovic sotto il suddetto profilo mi aspettavo di più finora.
Magari, come aveva profetizzato lo stesso Biasin, “Miha è più concentrato su quello che deve fare fuori dallo spogliatoio rispetto a ciò che deve fare dentro lo spogliatoio” e le ultime ripetute dichiarazioni sull’aria strana intorno al Milan sembrerebbero confermarlo.
Curioso comunque che proprio De Jong, del quale ad inizio stagione si pensava potesse essere l’alter ego di Sinisa in campo, sia stato finora il calciatore più emarginato dal progetto, a prescindere dai moduli utilizzati.
Intanto Galliani ci ricorda che “siamo tornati a 30 anni fa, nell’86 avevamo 5 giocatori provenienti dal settore giovanile, con le dovute proporzioni stiamo ricreando questa tradizione”.
In parole povere, senza Baresi, Maldini e F. Galli siamo messi un pochino peggio, speriamo arrivi di nuovo qualcuno a salvarci il culo.
Concludo queste mie farneticazioni con un ricordo che questo mese inevitabilmente mi porta.
Non mi riferisco al fantastico Milan di dicembre, capace di spezzare le reni al Real in quel di Dubai, bensì al 16 dicembre 2007, una data spartiacque nella storia del Milan.
Protagonista, ancora una volta, Inzaghi.
Quando il caso dice la combinazione.
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