Un corpo che si muove disarticolato, senza una minima parvenza di naturalezza, coordinazione, attitudine a farlo.
Come dopo un montante destro al mento, quando ti aspetti un jab in entrata. Il corpo è lì, esiste, è materialmente presente, ma le gambe cedono, gli occhi s’alzano che sembra vogliano guardar la nuca, le braccia molli si afflosciano lunghe e parallele al busto. Il peso delle ossa pare insopportabile, e potrebbe esserci davanti anche un bebè, che qualche colpo doloroso arriverebbe lo stesso.
Personalmente, odio i calderoni. Sono sempre per una coerente e ragionata ridistribuzione delle colpe. E allora distribuiamo, che male non fa:
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Dirigenza: assente/presente/doppia/che cambia/che resta/che parla/che scompare/che discute/che litiga/che urla/che slancia/che affossa/che arriva in elicottero/che va in treno/che mangia. Che perde.
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Allenatore: lungi da me voler far confronti, anche perché il personaggio che precede Sinisa, allenatore proprio non era (e più di un buon informato ha ripetuto diverse volte che mai ha avuto, il caro Pippo, la pretenziosità di esserlo, preferendo lunghe sedute allo specchio armato di lacca e phon, piuttosto che lunghe sedute al campo con taccuino e penna). Ma io che mediocre, quantomeno nel calcio, lo sono sempre stato non mi capacito, NON TOLLERO, l’assenza di reazione. E da un coach come il serbo, l’assenza di reazione proprio non me la sarei mai aspettata. Non mi si venga a parlare di panchina corta, di poca possibilità di ricambio, di mediocrità diffusa: non me ne cala nulla, di questi fattori. Se i giocatori, come pocanzi accennavo, sono mediocri, che corrano. Che entrino nello spogliatoio dopo aver preso un gol da polli con il terrore di non mettere più piede in campo. Che si apprestino ad allenarsi con la paura di vomitare ancora e ancora e ancora per il carico eccessivo. Che tremino, letteralmente, al pensiero di fare figuracce a San Siro, lo stadio di una delle squadre più gloriose di uno degli sport più seguiti del mondo, e che trasformino questo nervosismo in stamina, che se iniziano a correre al primo minuto devono fermarsi solo coi crampi al culo, con i legamenti che stridono, con i polmoni che esplodono. Sinisa, VOGLIAMO IL CARATTERE. E se quel carattere non possiamo trovarlo tra i giocatori che scendono in campo, sei tu a doverlo mettere per tutti quanti. Che un vincente non sempre esce dal campo, dalla vita, con i tre punti in più in classifica. Un vincente ha sempre la certezza di aver dato tutto ciò che è nelle sua possibilità per arrivare all’obiettivo che si è prefissato, senza risparmiare nemmeno un grammo del coraggio, della forza e dell’ambizione che ha in corpo.
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Giocatori: che mediocri fondamentalmente lo sono davvero, quantomeno la maggior parte di loro. Ma per concludere il pensiero iniziato con il mister, la mediocrità di valore non coincide necessariamente con la mediocrità di forma mentis. Ecco, loro sono quelli che con gli sguardi, con il corpo, si atteggiano come la cosa più lontana ci possa essere da un essere umano che ha compiuto appieno il proprio dovere. Sono dei perdenti quando allontanano il pallone dopo aver commesso fallo, pur essendo in svantaggio. Sono dei perdenti quando in un contrasto cascano e piagnucolano con l’arbitro, e nell’azione successiva escono ancora sconfitti dal confronto fisico con lo stesso avversario. Sono perdenti quando, dopo aver preso uno schiaffo, sembrano comunque soddisfatti di essere rimasti in piedi, senza accennare minimamente una reazione, ma le partite sono lunghe, e con atteggiamenti come questi a gambe all’aria ci si finisce in ogni caso. Sono perdenti perché si ha l’impressione che allo scontro non ci vogliano proprio arrivare: ecco, vedete l’avversario che corre per contendervi il pallone, vedete la voglia nei suoi occhi di voler arrivare prima di voi, e poco prima che i vostri corpi di possano toccare, ecco, proprio in quel momento, frenate per non scontrarvi. Ho letto durante la settimana qualche intervista, nella quale magari paventavano sicurezza in merito alla prestazione che avrebbero offerto contro il Napoli. Mi chiedo come arriveranno al campo al prossimo allenamento, mi chiedo chi di loro avrà voglia di scherzare, di sbilanciarsi con la stampa, di non correre un po’ di più durante la sessione, di non tirare indietro la gamba in quel contrasto durante la partitella.
Sono un ottimista di natura, ma i problemi non si sistemano mai da soli. Serve, è necessario, è FONDAMENTALE che qualcuno inizi ad assumersi le responsabilità. Perché poi è facile svegliarsi -per l’ennesima volta!- e accorgersi di essere alla deriva.