Il mondo social è ormai un buon termometro degli stati d’animo delle tifoserie delle varie squadre, vista la sempre più crescente quantità di gente che usa in particolare Twitter e Facebook. Per quanto riguarda il Milan, non è una novità che emerga una tifoseria spaccata tra sostenitori “filo-societari” e quelli critici verso una politica che non sta portando i risultati che tutti vorremmo per i nostri colori. Ad ogni modo, ciò che trovo più interessante è che ci siano alcune idee ben radicate nella maggioranza del tifo rossonero che, con un po’ di presunzione, definisco “luoghi comuni”, in quanto, andando un po’ a scavare ed approfondire, vengono totalmente o più che parzialmente smentite dai fatti.
Li elenco subito, attraverso frasi che si possono leggere ogni giorno sull’Internet rossonero:
1) “Il Milan di Leonardo giocava bene”
2) “Lo scudetto 2010-11 è stato vinto solo grazie ad Ibra”
3) “I senatori del ciclo ancelottiano sono stati una perdita gravissima nel 2012”
4) “Allegri ha distrutto la squadra, ha ceduto i campioni e preso scarti”
5) “Allegri aveva impostato la squadra con i tre mediani”
Il primo luogo comune è quello più opinabile: la gradevolezza del gioco è questione di gusto personale. C’è chi si annoiava a guardare il miglior Barça di Guardiola a causa della fitta rete di passaggi con cui controllava le partite o persone per cui giocare di rimessa è una scorciatoia, quindi una vittoria ottenuta grazie alle ripartenze vale meno di una fatta imponendo il gioco. Personalmente, cerco di dare una visione un po’ più funzionalista: gioca bene chi riesce a creare molte più occasioni da rete di quelle che concede, indipendentemente dall’impostazione di squadra. A mio parere, per dire, sia l’Inter di Mourinho, sia il Barça di Guardiola giocavano bene: in entrambi i casi c’era un’idea chiara, anche se opposta, e ben sviluppata, che portava a risultati efficaci. Tutto questo non si può dire del Milan di Leonardo: aveva degli sprazzi piacevoli dovuti all’estro dei singoli, in alcune partite concedeva poco grazie alla coppia centrale Nesta-Thiago che metteva enormi pezze, ma era tutto tranne una squadra organizzata. Era lunga, divisa in due tronconi, con i 4 davanti che rientravano pochissimo e con i due mediani costretti a coprire porzioni di campo enormi. Squadra buona per far scrivere i giornali grazie ai nomi roboanti ed ai palleggiatori sempre in campo, ma con un’impostazione perdente. Ed infatti, con un Kakà in meno, ma anche con Nesta-Thiago Silva al posto di Maldini quarantenne-Favalli, la squadra ha fatto meno punti, segnato meno e subito più reti rispetto all’anno precedente. Senza contare le batoste prese appena l’asticella si alzava (es., derby, United).
Il secondo luogo comune è quello che parla dell’ultimo campionato vinto dal Milan. Sono passati “solo” quasi 4 anni, ma sembrano un’eternità. Sull’onda della tremenda stagione 2011-12, in cui uno stratosferico Ibra trascinò una squadra in perenne emergenza a lottare fino all’ultimo per lo scudetto, il tifo rossonero tende ad estendere il concetto anche alla stagione precedente, a mio modesto parere sbagliando. L’acquisto di Ibra fu senza dubbio fondamentale per la vittoria, ma quasi tutti dimenticano che da febbraio a fine anno (quindi 16 partite ufficiali, poco meno di metà campionati), lo svedese segnò solo una rete, su calcio di rigore e saltò 5 partite per squalifica (tra cui il derby decisivo) a causa di due espulsioni che misero in difficoltà la squadra contro Bari e Fiorentina. Ovvio, non va dimenticato il suo grande girone d’andata, in cui portò in vetta una squadra che doveva ancora trovare la quadratura con assoli importantissimi (vedi derby e Fiorentina), ma nel girone di ritorno il mantenimento della testa della classifica fu garantito principalmente dalla solidità difensiva (solo 7 goal subiti in 19 partite) con Van Bommel ed il buon pressing alto garantito da Boateng e Robinho chiavi, dai goal di Pato e dello stesso Robinho, che chiusero la stagione con gli stessi goal di Ibra (14) e dal canto del cigno di Seedorf ad alti livelli negli ultimi due mesi della stagione.
Il terzo luogo comune parla dei senatori del ciclo ancelottiano (Pirlo, Seedorf, Gattuso, Ambrosini, Inzaghi, Nesta). E’ opinione diffusa che il crollo del Milan nelle ultime stagioni sia dovuto in buona parte allo smantellamento totale del blocco dei senatori. Io la vedo in un altro modo: la società non è stata in grado di sostituirli gradualmente, non comprando alternative valide nei ruoli quando questi hanno iniziato a calare e permettendo ad alcuni di loro di essere in posizione quasi di ricatto nei confronti dell’allenatore, grazie anche al naturale affetto dei tifosi nei loro confronti ed una stampa amica. Questi campioni ci hanno dato tanto ed avranno la mia eterna riconoscenza, ma non vanno dimenticati nemmeno il Pirlo 32enne che storceva il naso quando veniva fatto giocare decentrato (Xavi dove giocava nel Barça di Guardiola?) con lui stesso che poi confessò che al Milan non aveva più stimoli, il Gattuso 33enne offeso a morte perchè non fu consultato prima di essere stato messo fuori dalla lista Uefa per il problema all’occhio, il Seedorf 35enne che non voleva essere gestito, ma giocarle tutte e da titolare, con tanto di interviste infuocate rilasciate alla prima panchina, l’Inzaghi 39enne che si scandalizzava perchè era la quinta punta, con conseguente esclusione dalla lista Uefa e mancato inseguimento a Raul per il record a cui teneva tanto, con articoli dal contenuto “ci voleva Inzaghi” che spuntavano misteriosamente ad ogni mancata vittoria, e che poi, schierato in una partita vera (semifinale di ritorno di Coppa Italia contro la Juve) si trascinava per il campo, con tanto di attacchi di vomito. Una società ambiziosa li avrebbe prima panchinati e poi sostituiti ai primi scricchiolii, come ha fatto il Barcellona con Xavi, panchinato da Rakitic e poi mandato in Qatar. Il Milan li ha tenuti fino a quando non se ne poteva più, con conseguenze negative sia in termini tecnici, sia in termini economici. La grande “fortuna” per il blocco dei senatori è stata quella di abbandonare la barca lo stesso anno in cui sono partiti Ibra e Thiago. Ovviamente non ho la controprova, ma sono abbastanza sicuro che anche la rosa attuale, desenatorizzata, con Ibra e Thiago lotterebbe per il titolo.
Il penultimo luogo comune è il primo su Allegri che, con le sue decisioni di mercato, avrebbe portato il Milan alla deriva. Premesso che nel Milan berlusconiano il mercato lo fanno i dirigenti, con gli allenatori che al massimo danno pareri, la deriva è stata data da mancanza di idee e di soldi spesi in pratica solo per attaccanti e fantasisti. La mancanza di scouting, un direttore sportivo che ha perso sempre più potere, fino a diventare un fantoccio, il caso unico di un amministratore delegato che si occupa di calciomercato, uniti ad una proprietà non più disposta ad andare oltre il semplice ripianamento delle perdite e che permette colpevolmente tutto questo, ha prodotto un mercato a suon di occasioni segnalate dai procuratori amici. Non esattamente il modo con cui si costruisce una squadra di calcio, ma il modo migliore per impoverirla. La rosa del Milan, messa sul mercato, oggi varrebbe veramente poco, con nessun giocatore sopra i 20 milioni e quelli sopra i 10 che trovano posto ampiamente sulle dita di una mano. Una costante negativa sono stati gli investimenti quasi assenti per il centrocampo, settore fondamentale, in cui si costruiscono vittorie o maturano le sconfitte. Non ha aiutato, inoltre, una confusione tecnica totale: il prossimo sarà il quarto anno di fila in cui l’allenatore si troverà ad allenare una rosa stravolta rispetto all’anno precedente. Clamoroso il caso dell’estate 2013: nella stagione appena conclusa, dopo una partenza terribile, dovuta anche allo stravolgimento della rosa ed alla cessione di Thiago ed Ibra, a novembre il Milan trovò la quadratura con il 4-3-3 e riuscì a compiere un’ottima rimonta che portò una squadra tutto sommato giovane al terzo posto. E qui arrivò la decisione incomprensibile: si decise di cambiare modulo per i ritorni di Kakà e Matri (pupillo di Allegri, che piaceva anche a Galliani), invece di continuare sulla strada tracciata ed acquistare rinforzi mirati. Se non arrivano soldi cinesi a breve, credo che il luogo comune dei giocatori mediocri voluti da Allegri farà il paio con quello secondo cui l’ultimo Ancelotti milanista piacevano da matti gli over 30. Si è vista, infatti, la quantità di over 30 comprati da Chelsea, PSG e Real allenati dal nostro Carletto, così come è stato enorme la quantità di campioni e buoni prospetti arrivati in rossonero dopo l’esonero di Allegri.
Chiudo con quello che ritengo un falso storico: la predilezione di Allegri per i mediani. A mio perere, il tecnico toscano capì che ormai il Milan non poteva più reggere Pirlo e Seedorf contemporaneamente nei 3 in mezzo per sopravvenuti limiti di mobilità. Non parliamo, poi, del caso in cui ai due si sommava Ronaldinho, l’uomo che giocava in una zolla, nei tre davanti. Vero, qualche volta, in emergenza schierò un centrocampo con tre mediani ed è altrettanto vero che lui preferisce davanti alla difesa una diga con un minimo di geometrie al regista, ma i tabellini delle sue prime stagioni parlano chiaro (http://www.magliarossonera.it/201011_ufficiali.html): tra i tre in mezzo c’era, salvo emergenze, sempre l’uomo di qualità, anche se decentrato. Da Pirlo, a Merkel, a Seedorf, passando per Aquilani e Montolivo (quelli c’erano…), la mezz’ala destra o sinistra era il regista della squadra. Per la natura del gioco di Allegri, sarebbero state ideali mezze ali abili nelle due fasi, mobili, con capacità di inserimento e che diano una mano in difesa. Centrocampisti completi, insomma. Al Milan aveva o chi correva o chi aveva i piedi. L’Hamsik che fu trattato dal Milan sarebbe stato il profilo ideale, e, una volta passato alla Juve, con i Pogba, Vidal, Pereyra e Marchisio, ha trovato gente adatta al suo gioco. Arrivarono al suo posto prima Nocerino, poi Muntari. Curioso il discorso sul ghanese: definito ovunque come pupillo di Allegri, voluto da lui, eccetera. Lo scorso giugno, ad una decina di giorni dalla scadenza del suo contratto, il Milan con allenatore Inzaghi prolungò il rapporto con Sulley per altri due anni.
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