Siamo a metà febbraio e la stagione del Milan è già bella che andata, con i due obiettivi stagionali fissati dalla società di fatto irraggiungibili già da un paio di settimane. Ovviamente, lungi da qualcuno assumersi responsabilità per questo andamento fallimentare, anche se ce ne sono parecchie, in primis da parte di Berlusconi e Galliani, che impongono una politica miope, in cui preferiscono pagare ingaggi alti a giocatori maturi rispetto ad anche investire in cartellini, fino ad arrivare ad un allenatore che si è dimostrato inadeguato a palcoscenici di alto livello.
Dato che Berlusconi non cederà e che Galliani rimarrà saldo in sella (il giochetto sulla produzione delle partite rinforzerà la sua traballante posizione), è fortemente auspicabile che l’esperienza di Inzaghi sulla panchina rossonera, per ora addirittura fallimentare sotto tutti gli aspetti, termini a fine stagione.
Da ambienti vicini al Milan, più o meno affidabili, continua a rimbalzare la voce che ciò accadrà e che il tecnico più gradito a proprietà e dirigenza milanista per la prossima stagione sia Antonio Conte. Alcuni dicono addirittura che ci sia già un accordo tra le parti ed il fatto che il tecnico leccese sia sotto contratto come ct non costituisca un problema, dati gli ottimi rapporti tra Tavecchio ed il suo grande elettore Galliani.
L’opzione Conte avrebbe senza dubbio dei lati positivi: il tecnico è preparato, conosce molto bene il campionato, ha un nome importante per la serie A, visto il credito acquisito portando i gobbi dalla ricostruzione post Calciopoli alla terza stella, ottenuta poco prima di dimettersi. E’ un sergente di ferro, gran comunicatore nonostante l’italiano stentato, ed un discreto tattico: tirare fuori dal parrucchino il 3-5-2 è stato il modo per sfruttare al meglio Pirlo, dandogli supporto e protezione, oltre che per esaltare le capacità dei suoi difensori.
Tuttavia, per la mia visione del calcio e dello sport in generale, non ci si può scordare chi sia Antonio Conte. Sia chiaro, non ne faccio un discorso di militanza juventina: un Vidal, un Pogba, ma anche, per ipotesi, un Del Piero sarebbero ben accetti per quanto mi riguarda. Il problema è proprio Conte, dato che rappresenta alla perfezione tutti i lati peggiori della Juve: la cultura della vittoria con ogni mezzo ed ad ogni costo, non importa se ai limiti o oltre il regolamento, la lamentela preventiva, il piagnisteo ad ogni cosa minimamente storta. Senza contare il fatto di essere stato il capitano della Juve di Agricola, la sua condanna definitiva in sede di giustizia sportiva per la vicenda del Calcioscommesse, o il suo fascicolo all’interno del processo penale di Cremona per le stesse vicende (anche se, in questo ultimo caso, per carità di Dio, vale sempre e comunque la presunzione di innocenza). E soprattutto, come dimenticare quando questo “brav’uomo” definì il Milan “Mafia del calcio”, a casa nostra, durante la partita più importante della stagione, decisa da un errore arbitrale macroscopico a favore della Juve? Ingaggiare Conte per la panchina rossonera sarebbe un po’ come tesserare Chiellini per la difesa: migliorerebbe sensibilmente ciò che abbiamo già (e non è che ci voglia molto, in entrambi i casi), ma porterebbe in casa gente che, per come siamo stati abituati, è totalmente incompatibile con l’idea di Milan.
Per battere la Juve non bisogna necessariamente diventare come loro e Machiavelli per me può andare a farsi fottere: nello sport contano sia il fine sia i mezzi. La dignità, l’identificazione con i propri colori, con la propria gente, sono aspetti fondamentali nel calcio ed in ogni altro ambito. Conte non mi rappresenterebbe, è il contrario del concetto di sportività e non basta la merda ingoiata nell’ultimo anno e mezzo, con un Milan che ha fatto tutto tranne calcio, per farmelo digerire. La coerenza, la dignità e l’orgoglio rossonero imporrebbero di lasciare il “buon” Conte in Nazionale, nella sua prigione dorata che ha già fatto capire di non gradire molto. L’acclamare, l’osannare come un Messia un elemento del genere solo perché darebbe più probabilità di fare risultati rispetto ad uno degli strateghi improvvisati che si sono ultimamente seduti su quella panchina, stride con ogni amor proprio. E scrivo “più probabilità”, non certezza, perché, senza investimenti piuttosto consistenti, non arriverebbero vittorie nemmeno con tecnici superiori a Conte. Vale proprio la pena rinunciare totalmente al proprio orgoglio per così poco? Vale la pena tradire la propria storia per qualche punto in più, facendo ponti d’oro per assicurarsi uno che, ripeto, ha definito il Milan “Mafia del calcio”? E’ coerente lamentarsi per un tifo spaccato, di un’identità che manca, per poi fare carte false per ingaggiare Antonio Conte e magari pure esaltarsi per lui?
Io dico NO, anche se poi è ovvio che, anche se dovessero darmi questa ennesima delusione, l’amore per il Milan vincerebbe comunque. Tiferei per i nostri colori sempre con vigore, ma se la dirigenza potesse evitarmi l’incombenza di dovermi turare il naso un’altra volta, mi farebbe un grande favore.
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