Un girone d’ andata ci ha appena salutato, i punti sono 26, la media è di 1,36 e rotti a partita, quelli conquistati contro corazzate del calibro di Empoli, Cesena, Cagliari, Palermo, Sassuolo, Torino ed Atalanta, sono ben 4.
Non c’è una sola di queste gare che lasci spazio a recriminazioni, non una di quelle gare “nate male”, di quelle in cui collezioni venti tiri ma nella dannata porta la capricciosa sfera non se la sente proprio di entrare.Anzi: se gli dèi non avessero voluto donare ad un cross di Bonaventura in terra sarda le stimmate di un capolavoro, staremmo a parlare di punti tre complessivi.
E questi son solo numeri, perché sappiamo benissimo che vedere giocare questo Milan in questi mesi ha rivalutato ai nostri occhi alcune frizzanti retrospettive sull’ introduzione del sonoro nel cinema polacco novecentesco.
Che dire? Di considerazioni tecniche se ne stanno facendo miriadi, di ipotesi più o meno fantasiose anche. C’è però un fastidioso concetto che circola tra giornali e web, una linea di pensiero assolutamente inaccettabile, la linea del “e ma cosa volete che faccia Pippo con questa rosa?”, “Pippo è stato ingannato”, “mica poteva dire di no”. E’ un qualcosa di non tollerabile.
Se il gap di questo club con le regine del continente dipende per una parte corposa da problemi strutturali del calcio italiano e se quello con Juve e Roma è farina di dirigenza e proprietà, quel ruolino di marcia indicato all’ inizio del pezzo è assoluto merito di un’ ininterrotta serie di lezioni calcistiche impartite dai tecnici seduti sulla panca di quelle piccole botteghe calcistiche artigianali elencate, due dei quali –Zeman e Bisoli– già esonerati.
Tutti, e ripeto, tutti questi allenatori hanno messo nel sacco l’ uomo scelto per ripartire da zero, il quarto o quinto anno in cui si riparte da zero ma questi son dettagli.
Ambizione, furbizia, intelligenza: queste tre sono doti fondamentali per allenare, e temo che l’ ultima difetti nel nostro oppure, peggio, sia stata ben nascosta al momento di accettare l’incarico, sacrificata proprio sull’ altare delle prime due.
Sono un folle visionario o le avete sentite pure voi continue interviste sul terzo posto come obiettivo dell’ anno, parole sulla crescita e sull’ importanza del gruppo che allenava, sull’ assoluta coesione che regnava nel “vestuario” di quest’ anno a dispetto delle baruffe chiozzotte della primavera 2014?
Nel dopo partita di Milan – Atalanta il fautore di tali miracoli, di fronte a telecamere e taccuini, rilascia tale dichiarazione:
“con questa rosa non potremo mai fare un buon calcio”
Una bomba, una bomba con la quale sputtana la proprietà, la sua dirigenza, e soprattutto molla i suoi giocatori, una merda pestata che fa apparire quasi ingenue le confidenze mai confermate di Seedorf ( sempre per il discorso di prima, uno intelligente ed ambizioso che si è dimostrato non eccessivamente furbo…) sui 3/4 della rosa non adeguati alle ambizioni del Milan.
Ditemi quale interesse posso avere io, giocatore del Milan, a seguire gli allenamenti e le indicazioni di uno che ha ammesso che con gente come me l’ unico risultato ottenibile può essere una più o meno sostenibile mediocrità.
Aggiungiamo a ciò alcune dichiarazioni.
Abbiati alla vigilia della Coppa Italia si lamenta delle squadre piccole che ormai si presentano a San Siro pensando di giocarsela
Abate dopo Torino – Milan, a fronte di un tecnico che dice che in inferiorità numerica “ormai era andata”, dice che un simile atteggiamento sarebbe stato giustificabile in otto contro undici, non con un solo uomo in meno.
Montolivo nell’intervista alla Gazzetta, oltre a ribadire il suo gradimento per una posizione davanti alla difesa, dice che il mister deve “imparare il mestiere”.
Bonaventura , di fronte all’ ennesima rievocazione inzaghiana dell’ amichevole col Real Madrid, dice chiaro e tondo che il campionato è un’ altra cosa e che con un Real motivato sarebbe andata diversamente.
A fronte di queste uscite, tutte non più antiche di tre settimane, la magica armonia, la coesione, l’ entusiasmo, tutte quelle cagate che il ministero della propaganda rossonera ci ha sciorinato per mesi e mesi, appaiono svanite se mai ci son state.
Le voci e gli spifferi parlano di un allenatore totalmente in balia di uno staff tecnico che Seedorf voleva rinnovare sotto molti aspetti, di gente messa in disparte a primavera, con la valigia in mano a maggio, rimessa all’ assoluto centro dei lavori, spesso non per consulenze o scambi di opinione, ma proprio per capire che cazzo si debba fare in allenamento o a partita in corso.
Proprio lui, quello che dopo due gare con gli allievi quasi si ammazza con Allegri perché si riteneva pronto per fargli le scarpe, quello che nella famosa “sera del bagagliaio” ad Arcore , come hanno riferito tutti i milanologi, garantì al vecchio di poter arrivare terzo senza troppe spese, quello che andava a trattare Menez a Ibiza con un suo vecchio compagno di squadra ancora formalmente tecnico della squadra, quello che ebbe il picchetto d’ onore in tribuna per una gara della primavera contro l’ Udinese, tra Galliani e gruppo degli italiani (persa 1 a 3 in casa, sinistro presagio…), quello che festeggiava il compleanno con buona parte di coloro che si erano prestati ad essere marionette per uno squallido teatrino primaverile nel 2014.
No, il ruolo della vittima non gli si addice, ha fatto tutto ciò che ha potuto per trovarsi lì.
E una volta messo alle corde, quando ormai la sua posizione pareva indifendibile, altro di meglio non ha trovato che edulcorare davanti alla stampa intera un “sostanzialmente questa rosa fa cagare” per uscire dalla secca; proprio lui, l’ uomo “da tutto il club sostenuto e totalmente in linea con dirigenti e staff riguardo al mercato”.
Meraviglioso quasi quanto la cantonata che il vostro umile scrittore ha preso con lui, ritenendo potesse diventare un buon allenatore. Se la tattica si può imparare, se sugli errori in partita si può lavorare, sulle parole che possono devastare quel che resta di una stagione, rendendola irrecuperabile, non c’ è nulla da fare.
Che si tratti di qualche settimana o di attendere maggio, ritengo conclusa questa esperienza, nella speranza che la si smetta con questo guardiolismo dilettantesco, che non si pensi più di far imparare il mestiere di allenatore a qualcuno sulla panca di un’ azienda che fattura 220 milioni di euro all’anno, visto che tale compito spetta nel 99% dei casi alla provincia, a quella sana provincia che in questi mesi di campionato ha bastonato il nostro apprendista senza pietà, come se non ci fosse un domani.
18 comments for “Ambizione, furbizia, poco altro.”