Finalmente Cerci

C_3_Media_1701409_immagine_ts673_400Quello tra Torres e Cerci è uno scambio paritario tra giocatori le cui carriere sono agli antipodi: il Niño, prima del rapido deperimento targato Chelsea, è stato a lungo considerato tra i migliori attaccanti in circolazione; una mela con la magagna di quelle che tanto ingolosiscono lo storico AD del diavolo e che tanto raramente deliziano i suoi tifosi. 

Al contrario, Alessio Cerci viene da tanta gavetta in provincia, non accreditato di essere un potenziale fuoriclasse se non in qualche vecchio football manager in cui lui e Pazzini diventavano fortissimi; il loro avvio della presente stagione sarà invece ricordato solo per i tweet balotellici delle rispettive wags.

Anche per questo Cerci è un acquisto che piace. E’ ora di piantarla con inutili fronzoli (sost.: ornamento, spesso di cattivo gusto o ad ogni modo visto come inutile) ed orpelli (figurato: ciò che, dietro un aspetto esteriore  sgargiante e degno di ammirazione, nasconde una realtà fatua, un’essenza effimera, illusoria o menzognera), con giocatori prelevati con trombe squillanti per vendere magliette e abbonamenti che altro non si rivelano che una biglia da aggiungere sull’abaco dei bidoni.

Complice anche il ridimensionamento di ambizioni e aspettative, meglio puntare su un ragazzo in grado di esprimersi con continuità su buoni livelli e che ha già dimostrato in passato di poter fare bene in un campionato a sua volta ridimensionato. Impossibile, inoltre, non assimilare questo innesto a quello di Jack Bonaventura, prelevato dalla provincia al termine di una campagna acquisti che aveva destato più perplessità che speranze e della quale si è rivelato la mossa più azzeccata. Sulle circostanze che hanno condotto a perfezionare la mossa più azzeccata meglio soprassedere. 

Per caratteristiche Cerci dovrebbe andarsi a collocare sul fronte destro dell’attacco conferendo la sua capacità di saltare l’uomo e creare le condizioni per la superiorità numerica e ripiegando sulla linea di centrocampo a
costituire quel collante tra i reparti che troppo spesso ci è mancato nelle ultime stagioni è che nell’ideale del popolo rossonero avrebbe dovuto essere rappresentato da Stephan El Shaarawy.  

Già, perché in un simile coacervo caotico di centrocampisti offensivi, attaccanti esterni e seconde punte la sensazione che si ottiene è simile a quel gioco in cui le sedie sono una in meno dei partecipanti e quando si ferma la musica tutti devono correre a sedersi. Questa volta chi rischia seriamente di venire eliminato è proprio il faraone, riserva troppo di lusso per i tempi che corrono. Sorvolando sulle voci di mancanza di professionalità o attributi che proprio in quanto voci lasciano il tempo che trovano, il verdetto del campo è cinico e ineludibile: questo potenziale crack ha finora messo in mostra un solo semestre su buoni livelli ed un repertorio prevedibile come il finale di una commedia sentimentale.

Anche quest’anno El Shaarawy non sta convincendo. E dire che il ruolo che Inzaghi ha ritagliato per Menez -che per quanto desta perplessità si rivela spesso efficace- consente al faraone sia di sfruttare la profondità sia di attaccare e concludere dalla sua mattonella preferita.

Lascia o raddoppia. La speranza è quella che, una volta panchinato, Stephan riesca ad incanalare la pressione in una spinta positiva tesa al miglioramento ed alla riconquista di un posto in squadra grazie all’impegno e al merito. Il rischio, al contrario, e che non solo non riesca a strappare una maglia da titolare, ma che a strapparsi sia il suo rapporto con il Milan. E che la maglia da titolare gli venga offerta altrove.

In un Milan senza prime donne, in cui tutti sono utili e nessuno è indispensabile, personalmente è un rischio che sono pronto a correre. In ogni caso, preso atto che puntando ad un posto da comprimario sono più utili elementi validi dal rendimento continuo che palloni d’oro occasionali, lo scambio Cerci-Torres infonde ottimismo.

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