“… Nessuno può colpire duro come fa la vita, perciò andando avanti non è importante come colpisci, l’importante è come sai resistere ai colpi, come incassi e se finisci al tappeto hai la forza di rialzarti… così sei un vincente!”
Ricordo la stagione tricolore 2010-2011, la prima dell’era Allegri/Ibrahimovic/Robinho/Boateng/Thiago Silva/Nesta e poi Van Bommel. Ricordo di aver più e più volte sottolineato all’epoca come quel Milan nonostante diverse volte non fosse proprio bello da vedere, fosse almeno un Rocky Balboa che ne prendeva e ne prendeva anche tante, ma cadeva in ginocchio poche volte senza rialzarsi. Emblematiche le partite a Bari, Cagliari, a San Siro contro l’Udinese e altre. Oppure le partite dove si partiva senza i favori dei pronostici, o comunque non per sicuri vincitori eppure puntualmente vinte, a volte anche ribaltando come un calzino l’avversario, come a Napoli, a Firenze, nei derby, nella Torino bianconera…
Nella stagione 2011-2012 quello spirito era andato scemando, ricomparendo a tratti, ricordo per esempio la supercoppa Italia contro l’Inter e la fantastica vittoria a Lecce, con quella tripletta di Boateng e il gol di Yepes a chiudere il risultato sul tre a quattro per noi; ma anche ad altre partite simili assistemmo quell’anno, poche purtroppo. Lo spirito di Balboa era volato a Torino, dove la Juve non perse mai una partita, neanche quando faceva schifo a vederla, neanche quando lo avrebbe meritato. Poi nel tempo tanti altri fattori più determinanti, anche e soprattutto extracampo, presero il sopravvento fino alla fine della scorsa stagione. E così il Balboa di Torino divenne Apollo Creed, e l’ex Balboa di Milano divenne uno Spider Rico qualsiasi.
Ad oggi, sia chiaro, ritengo ancora questo Milan un cugino di secondo grado di quel Milan tricolore, guardando l’intera rosa non saranno due partite vinte a farmi cambiare idea, secondo me sulla carta è ancora da quarto/quinto posto. Ma non posso non elogiare quello spirito da Rocky Balboa visto in questi 180 e rotti minuti di campionato, quel “non fa male” letto negli occhi di molti giocatori in campo, stampato a fuoco sul volto di mister Pippo Inzaghi. Per ora tanto mi basta, anzi neanche me lo aspettavo così presto. Pensavo che la determinazione a perseguire il risultato, alla quale Inzaghi ci aveva abituato ai tempi in cui indossava la numero nove, ci avrebbe messo più tempo a venir fuori, nel frattempo temevo non sarebbe mai arrivata. Per fortuna nostra non è stato così.
Finora posso imputare ad Inzaghi pochi errori e secondo me risolvibili. Il primo di tutti ha un nome e un cognome: Daniele Bonera. Su di lui si sono spesi fiumi di parole dal lontano 2006 e tutte più o meno avevano lo stesso significato: inutile pippa. Ora mi rivolgo a mister Inzaghi come in passato mi rivolsi ai suoi quattro predecessori: “Pippo ti prego basta con Bonera! Basta! Basta! Basta! Basta! Basta! Basta e ancora basta!” E non è un’esortazione a prendere il difensore in prestito alla Lazio, sia chiaro. Bonera potrebbe giocare al massimo le prime due partite di coppa Italia. Ma giusto per dare un senso alla sua presenza in questa rosa. Poi basta! Basta! Basta!
Riguardo ad altri errori e/o difetti ritengo a mio modesto parere che rientrino tutti nell’ordine naturale delle cose. Disattenzioni, errori di impostazione, errori difensivi, papere, zappate, sbananate, sono cose che si vedono e si risolvono in tutte le squadre di calcio, non ne farei dei drammi solo perché con più frequenza del solito capitano a noi dai tempi del ritorno a Malpensa con in mano la settima Champions. Bisogna dare fiducia al mister, almeno fino a fine stagione, ritengo che se la meriti. Poi a giochi fatti tireremo le somme e distribuiremo colpe e meriti a chi di dovere, come sempre fatto. Non cadiamo nel solito errore di scaricare sin da subito tutte le colpe sull’allenatore di turno appena iniziamo a sentire puzza di problemi, mi raccomando. Non facciamoci del male come al solito, almeno questa volta.
Ora hanno tempo per preparasi alla partita di sabato alle 20:45 a San Siro. Lo sappiamo benissimo, inutile nasconderci, Milan-Juve non è mai stata e non sarà mai una partita qualsiasi, soprattutto ora. I due ex, Inzaghi e Allegri, sono la portata principale. Il loro recente passato quasi catalizza su di loro tutta l’attenzione togliendola ai ragazzi in campo. Poi abbiamo il classico Galliani col cuore diviso a metà, che comunque vada sarà felice. Abbiamo il quasi rossonero Tevez contro il quasi bianconero Torres (se ve lo siete dimenticati, Torres è stato cercato anche dalla Juve questa estate, anche se non siamo ai livelli di Galliani fotografato sorridente a pranzo con l’argentino di Fuerte Apache). Abbiamo Diego Lopez, se ci sarà, contro Buffon (anzi non ci sarà, l’abbiamo saputo dopo). Abbiamo il capitano vero De Jong contro Vidal, e poi avremo sempre il nostro “amato” Pirlo se dovesse rientrare, e chissà quali altre sfide nasceranno quella sera, contro l’ormai ex Spider Rico, ritornato almeno per due partite Rocky Balboa e la torinese Apollo Creed. Finirà come Rocky 1 o come Rocky 2? Senza dimenticarci che in entrambi i casi il “vincente” fu Rocky. Intanto auguro alla Juve di incontrare presto il suo Ivan Drago.
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