Cogito ergo summit

San-Martino-ingresso“Vi starete sicuramente chiedendo perché vi abbia riuniti tutti qui per quella che credo sia la trentaduesima volta” disse Silvio Berlusconi: “Per avere la trentaduesima rivincita a strip rubamazzetto, presidentesilvioberlusconi?” rispose Galliani: “Anche! Ma non solo. E’ giunto il momento di parlare di qualcosa di importante, almeno credo, forse del Milan.” Inzaghi si agitò sulla sedia, finalmente dopo trentuno summits era giunto il suo turno, finalmente poteva parlare. Soprattutto poteva parlare di calcio, del suo lavoro, di mercato, della squadra: “Ma prima!” i pensieri di Inzaghi si ghiacciarono all’istante: “Volevo farvi conoscere un paio di gemelle brasiliane che… Neanche a dirvelo, fanno certi numeri! Fate entrare Porchinha e Porconha!” Concluse il presidente.

Dopo un’ora e mezza passata intensamente a saggiare le peculiarità atletiche, le doti fisiche, l’elasticità e le applicazioni tecnico tattiche di entrambe le gemelle in ogni anfratto della villa, il presidente venne colto come da un lampo di genio improvviso: “E se provassimo a prendere Roberto Baggio?” Sudato come un quattordicenne a piedi sul viale Novara, con la cravatta gialla annodata intorno alla testa glabra, l’autoabbronzante che colava sulla camicia bianca e tentando goffamente di riallacciarsi i pantaloni del completo originale Tincati, Galliani balbettò un: “Ma… Ma presidentesilvioberlusconi… Roberto Baggio non gioca da dieci anni.”
“Meglio! Vorrà dire che sarà contento di tornare a giocare per il Milan! La squadra che l’ha sempre amato!”
“Presidentesilvioberlusconi; se posso dissentire…”
“E va bene, dissenti pure. Il bagno sai dove si trova, ma fai in fretta.”
“No è che… Dicevo… Sarebbe il caso, secondo il mio modesto parere, di provare con qualche giocatore più alla nostra portata. Presidentesilvioberlusconi.”
“Tutti i giocatori sono alla mia portata! Che ti credi? Se domani mi gira e voglio comprare Zico, lo faccio! Se mi va compro anche Boniek, Platini e Caniggia!”
“Presidentesilvioberlusconi, ritengo modestamente che sia il caso di aggiornare un po’ le sue conoscenze calcistiche, se mi è permesso farglielo notare. Presidentesilvioberlusconi.”
“Ma cosa stai dicendo? Crìbio! Sono il presidente del club più titolato al mondo! Le mie vaste conoscenze in campo calcistico non hanno eguali! Mettimi alla prova, dai! Fammi una domanda qualsiasi!”
“Presidentesilvioberlusconi io non mi azzarderei mai a…”
“Dai! Forza! Spara!”
“E va bene, se lo dice lei… Qual è il portiere titolare del Genoa?”
“Ah! Una domanda a trabocchino! Ma non mi freghi! Lo sanno tutti che il Genoa è fallito e non esiste più!”
“Ma veramente, presidentesilvioberlusconi, con il Genoa del presidentepreziosi ci facciamo ancora adesso un sacco di affari importanti. Non ultimo Constant.”

A sentire quel nome, come per incanto Inzaghi si riprese dallo stato comatoso in cui versava dopo la doppia entrata a gamba tesa delle gemelle brasiliane, stile gemelli Derrik: “A proposito di Constant, io pensavo…” Galliani lo colpì violentemente con un candelabro di marmo e lo riportò allo stato di quiete: “Presidentesilvioberlusconi, il Milan versa in condizioni pietose, non abbiamo abbastanza soldi per fare mercato. Serve che stacchi un assegno, possibilmente di svariati milioni, possibilmente intestato a nome mio. Come fa di solito.”
“Ma se abbiamo tra i primi fatturati d’Italia e d’Europa da quasi vent’anni! Dove finiscono tutti questi soldi?!”
“Ecco… A proposito di questo, piccolo, insignificante dettaglio, i soldi… Finirebbero…”
“Shhht! Zitto! Hai sentito anche tu dei rumori molesti? Credo vengano da fuori.”

In mutande, camicia slacciata, canottiera della salute ricoperta di baci di rossetto e colorante tricologico colato sulla faccia, Berlusconi aprì la finestra e urlò al buio: “Chi è là?!” Dall’ombra dei cespugli comparvero una ventina di giornalisti a capo chino; lentamente si avvicinarono alla luce del lampione in giardino. Il più temerario di tutti prese la parola: “Ci scusi presidentesilvioberlusconi, siamo appostati qui fuori in attesa di qualche notizia di mercato, da questa mattina alle sei non mangiamo niente, tre di noi sono morti, quattro versano in condizioni pietose, due hanno iniziato a mangiarsi a vicenda, volevamo sapere se dalla cena del summit era avanzato qualcosa, se non si è capito qui avremmo tutti un po’ fame.” Berlusconi fu colpito nell’onore e nell’orgoglio: “Ebbene non si dica mai che io non aiuti i bisognosi. Liberate i cani!” urlò al vento. I  centoventidue rottweiler, i sessantotto doberman e i quattro bassotti per un danese ebbero tanto da mangiare quella sera, i giornalisti no: “lasciate qualcosa anche per Dudu!” disse loro il magnanimo presidente.

“Dove eravamo rimasti? Ah si! Dobbiamo darci dentro con lo strip rubamazzetto! Sveglia quel dormiglione lì per terra che se no non possiamo giocare in quattro.” Galliani si apprestò a rianimare Inzaghi: “Ma presidentesilvioberlusconi, le faccio sommessamente notare che siamo in tre.” Berlusconi rise: “Esatto! Ed è per questo che per l’occasione ho invitato Katiuscia Kosciaseminova, una ballerina di strip club russa che ultimamente se la passa male, è ricercata dalla polizia per certe cose che avrebbe combinato con Putin. Quel malandrino. Le do asilo politico qui, tra queste quattro mura in attesa che le acque si calmino. Katiuscia! Katiuscia Kosciaseminova! Vieni tesoro che ti presento ai ragazzi!”

Dopo due ore e quarantotto minuti di lunghissime mani a strip rubamazzetto, Katiuscia, una pertica di donna sui due metri e venti, urlò di gioia per la settantaquattresima volta di fila: “Ho vinto!”, Berlusconi visibilmente contrariato ritirò le carte dal tavolo e le rimise nella custodia: “Va bene, basta. Non giochiamo più. Anche questa volta non vinco niente. Katiuscia puoi andare, ci vediamo tra un’ora nella Jacuzzi.” Mentre si stava riallacciando i reggicalzini Galliani abbozzò un: “Presidentesilvioberlusconi anche questa sera ci terrei a farle notare, se mi è concesso, che a rubamazzetto non si mettono giù le carte quando si hanno quaranta punti in mano…” Berlusconi si strinse nelle spalle: “A me l’hanno insegnato così! Sei te che non sai le regole! Piuttosto, di cosa dovevamo parlare stasera? Tutto quel vino mi ha dato alla testa e mi sono dimenticato. Ah già!” Berlusconi si rivolse ad Inzaghi, il quale non stava più nella pelle, finalmente era arrivato il suo momento, finalmente si poteva parlare di calcio, di mercato, dei giocatori: “Tu!”
“Si presidente?”
“Chiunque tu sia, a patagnocca come sei messo?”
“P… Patache?”
“Si insomma, ce l’hai la morosa? Una sorella? Un’amica, una cognata, una zia, un ex fratello, una patagnocca no?”
“Ah… Beh, insomma… Ne conosco tante.”
“Bravo ragazzo! Bravo! Te si che hai capito tutto dalla vita. Adriano questo ragazzo qui mi piace, dovremmo farlo giocare nel Milan.”
“Ma, ma… Presidentesilvioberlusconi, lui è Pippo Inzaghi.”
“Ah sei te?! Senti… Se te ne vai dalla Juve e vieni da noi ti prometto tanta di quella patagnocca milanese che neanche t’immagini, ci stai?”
“Presidente io veramente sono venuto da voi più di dieci anni fa, ora sono l’allenatore del Milan.”
“Cosa?! E che fine ha fatto Capello?!”
“Presidentesilvioberlusconi, guardi che Capello…”
“Ma quale?! Se sei pelato! Io piuttosto ne ho tanti e bellissimi! Ma lasciamo perdere questi argomenti futili, siamo qui per una cosa importante. Solo che non ricordo quale… Ah! Giusto!”

Berlusconi prese da una tasca dei pantaloni una cartellina del bingo e una penna, poi urlò: “Bingo time!” partì una musica e dalla porta del salone comparvero in fila una serie di ragazze in costume da bagno con un grosso numero in mano sollevato sopra la testa: “Cinquantotto!” urlò Berlusconi: “Trentatre! Dodici! Ventidue! Settantacinque!” Le ragazze passavano da una porta all’altra del salone: “Quattordici! Settantasette gambe di donna! Uno! Cinquantadue! Sedici! Quattro la nostra rete!” quando le ragazze finirono di passare e la musica si spense, Berlusconi guardò la cartellina: “Ma porca… Non ho vinto niente neanche stasera!”
“E’ uscito il tre? Presidentesilvioberlusconi?” Disse Galliani controllando anche lui una cartellina: “No, mi pare. Va! Va che roba! Se fossero usciti il dieci e il venti facevo bingo! Va che è sfiga questa eh.”
“Presidentesilvioberlusconi, si può avere il numero della ragazza che portava in mano il settantacinque?”
“Settantacinque, Adriano.”
“Presidentesilvioberlusconi dicevo il telefono, il suo telefono.”
“Te lo darei volentieri, solo che non saprei neanche come si accende, con tutti questi tasti e il tacc scrin. Ma che te ne fai poi del mio telefono scusa? Non ne hai già sei o sette tu?”
“No, niente. Lasciamo perdere… Presidentesilvioberlusconi.”

A quelle parole Berlusconi venne improvvisamente folgorato: “Perdere! Ecco ora ricordo!” Si alzò in piedi festante: “Inzaghi! Perché te sei Inzaghi giusto?” Pippo si agitò come un cane pronto a fare la passeggiata dopo quarantotto ore che trattiene la pipì: “Presidente! Eccomi!”
“Come va il Milan?”
“Emmm… Così, così. Presidente. Gran parte dei giocatori che abbiamo non sono all’altezza del blasone della squadra. Molti di loro non hanno neanche più il fisico, non ce la fanno a durare novanta minuti.”
“Aaah brutta malattia quella. Mmmm. Hai provato con il Viagra?”
“Ma no presidente! Cos’ha capito?! Parlavo della loro mobilità in campo! Sono statici!”
“Ah ho capito! Allora prova con le prugne.”
“Presidente, statici! Non si muovono!”

Galliani colpì Inzaghi sulla nuca con una pentola a pressione facendolo cadere sul pavimento, di nuovo in coma profondo: “Quello che Inzaghi voleva dire, presidentesilvioberlusconi, è che i giocatori da noi non si muovono. Sono felicissimi di rimanere al Milan perché è la squadra più titolata al mondo. L’unica cosa è che bisognerebbe aggiungere a questi giocatori, altri giocatori. Se lei volesse elargire qualche milioncino per sistemare un po’ il bilancio ed eventualmente riparare la rosa che abbiamo. Tutti noi le saremmo grati.” Berlusconi ci pensò qualche secondo: “Ma Adriano, ricordo male o ti avevo staccato un assegno di trenta milioni di euro già qualche altro summit fa, per lo stesso motivo?”
“Presidentesilvioberlusconi, in tutta sincerità, quelli sono già finiti. Avevo alcuni conti da saldare da Giannino.”
“Ah. Capisco.” Berlusconi si bloccò e fissò il vuoto, poi si riprese: “Vabbè si è fatta una certa, io andrei nella jacuzzi che mi aspetta Katiuscia. Di cosa dovevamo parlare stasera?”
“Ecco… Dovrebbe compilare un assegno di venti milioni circa per il mercato del Milan. Presidentesilvioberlusconi.”
“Ah si ecco. Aspetta…”
“Lo intesti come sempre ad Adriano Galliani. Poi ci penso io a sistemare tutto. Presidentesilvioberlusconi.”
“Venti milioni eh? Ecco fatto. Tieni. Oh! Non è che te li intaschi te e poi va a finire che devi vendere qualcuno per metterli nelle casse del Milan vero?”
“Ma presidentesilvioberlusconi lei così mi offende! Non ci penserei mai!”
“Senti ma, chi è quello li sdraiato sul pavimento?”
“E’ Inzaghi, presidentesilvioberlusconi.”
“Ma chi? Simone o Pippo?”
“Pippo.”
“Male Adriano, male. Queste cose alla tua età non le dovresti fare lo sai?”

Berlusconi prese sotto braccio Galliani, scavalcò l’inerme Inzaghi supino sul tappeto e si avviò verso l’uscita: “Vieni caro ti accompagno. Mi raccomando eh, chiamami quando arrivi a casa che sono in pensiero.” Galliani mise in tasca l’assegno e si congedò: “A quando il prossimo summit presidentesilvioberlusconi?” Berlusconi rimase un attimo pensieroso: “A quanti siamo arrivati? E’ il secondo questo, mi pare. No?”
“Il primo, presidentesilvioberlusconi. Nel prossimo mi dovrebbe staccare un assegno di quindici milioni che devono andare a comprare un centrocampista in Spagna, da Florentino Perez che mi aspetta sullo yacht.”
“Ah giusto, giusto! Mi raccomando, se riesci, portami quel Rijkaard, che Sacchi ci tiene tanto!”
“Certamente presidentesilvioberlusconi. Adesso la saluto che devo andare a Forte dei Marmi tre o quattro settimane, ci vediamo.”
“Divertiti Adriano! Buona notte!”

Quattro ore dopo, mentre in tutta la villa calavano il silenzio e le tenebre, un claudicante Inzaghi si riprendeva dal coma e si avviava verso l’uscita in punta di piedi cercando di non far rumore, ma incespicando nel tappeto e cadendo a terra urlò: “Rigore!”

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