Quella volta che nessuno se l’aspettava, e invece ce l’abbiamo fatta

milanLE CENERI. L’estate è il preludio alla stagione 1998/99 ed il Milan è orfano di una generazione di fenomeni unica ed irripetibile e reduce da due stagioni indecorose chiuse in undicesima e decima posizione. I pochi senatori rimasti, varcata la soglia psicologica dei trent’anni -tanti per allora-, condividono lo spogliatoio con un manipolo di loschi figuri prelevati sulla base di torbide motivazioni: personaggi indegni di indossare questa divisa nemmeno acquistandola contraffatta da qualche ambulante. Non v’è chi ipotizzi ragionevolmente di tornare al successo in breve tempo e senza investimenti ingenti.

NON E’ COME SEMBRA, POSSO SPIEGARTI TUTTO. La concezione secondo cui lo schieramento con il tridente e la difesa a tre siano sintomi di una squadra sbilanciata in avanti e poco solida difensivamente è frutto di un clamoroso equivoco. Una difesa con due marcatori arcigni ed un libero di grande esperienza, un centrocampo solido e compatto affidato alla direzione di Albertini e ai polmoni di ragazzi giovani e pimpanti, il gran dinamismo degli esterni sia a centrocampo che nel tridente (per i più attempati è inevitabile fare staffetta tutte le partite), hanno reso la squadra competitiva sin da subito, al di là del singolo valore degli uomini impiegati. In fatto di tattica la Serie A segue da sempre le ondate, e in questo momento il 3-4-3 è particolarmente in voga, lanciato la stagione precedente dall’Udinese di Alberto Zaccheroni, un uomo con le idee chiare e la giusta convinzione per metterle in pratica: Kluivert non intende essere impiegato da attaccante esterno e gli viene indicata la porta.

RIVOLUZIONE UMILE. L’unico vero colpo di mercato è quello del centravanti Oliver Bierhoff: un uomo semplice, concreto, affidabile, uno da cui si sa sempre cosa aspettarsi, uno che fa gol e crea gioco. Ha già oltrepassato la trentina, ma detiene il titolo di capocannoniere della Serie A conquistato con 27 reti ai danni di Ronaldo -quello ciccione, che all’epoca non lo era affatto-, pallone d’oro in carica e fresco di Coppa Uefa vinta da gran protagonista.

CASCIAVID. La squadra è stata completata con nomi di secondo piano provenienti dalla provincia, tra i quali Luigi Sala, Roberto Fabian Ayala, Thomas Helveg, Federico Giunti e Andres Guglielminpietro. Giocatori che non riempiono le prime pagine e che non costano cifre astronomiche, ma che in campo danno un contributo concreto. Altro volto nuovo è quello di Massimo Ambrosini, rientrato alla base dopo una buona parentesi a Vicenza, che è un campione ancora tutto da costruire.

TEMPESTA. Prevedibile o imprevedibile, meritato o immeritato, frutto del lavoro o del caso, il Milan è in corsa per lo scudetto sin da subito. In un’avvincente lotta senza quartiere quattro formazioni fenomenali corrono a perdifiato stravolgendo la classifica dopo ogni singola giornata. Il campionato è privo delle magie di Alex Del Piero (gravissimo infortunio nelle battute iniziali, non tornerà più ai livelli precedenti) e di Ronaldo (il cui celebre doppio passo si è misteriosamente trasformato in un barcollare incerto giù per la scaletta di un aereo di ritorno dalla finale dei mondiali) ma è comunque pieno di colori ed emozioni grazie alle rovesciate di Crespo, ai colpi di tacco di Mancini, ai bombardoni di Batistuta, alle punizioni di Mihajlovic. Roba da leccarsi i baffi. Al giro di boa la Fiorentina è campione d’inverno con 35 punti, Lazio e Parma seguono a 32, Milan a 30. Si sorpasseranno ancora, innumerevoli volte.

FINITA. Dopo sei mesi al cardiopalma, alle porte del rush finale la Lazio del tridente Mancini-Vieri-Salas ha il campionato in pugno: 7 punti la separano dal Milan dopo il pareggio 0-0 nello scontro diretto. Il Parma di Malesani non riesce a tenere il passo, la Fiorentina perde il suo bomber tuttofare Batistuta e deve riporre le sue uniche speranze in Edmundo -O’animal- che scappa al carnevale di Rio: roba da linciaggio. E’ presto per assaporare il secondo scudetto della sua storia: le aquile dovranno affrontare i gialloblu e i viola nelle ultime due giornate di campionato. Le possibilità di rimonta del diavolo sono estremamente risicate, ma la speranza è pur sempre la più grande falsificatrice della realtà.

GALOPPATA. E’ il 2 maggio, data che diventerà successivamente cara al popolo rossonero per altre questioni. Una rovesciata di Maurizio Ganz al 49′ s.t., fatalmente deviata da un difensore avversario, consente di battere una Sampdoria che non voleva saperne di piegarsi. La dea bendata aiuta un Milan che ha dalla sua tutte le qualità: la voglia di far bene dei giovani (Abbiati è insuperabile e Ambrosini è un astro nascente) e l’affidabilità degli “anziani”, come l’indimenticabile doppietta di Weah che stende la Juventus. La Lazio cicca i big match facendosi fermare dalla Juventus e nel derby. Alla penultima giornata accade l’inimmaginabile: Lazio fermata anche dalla Fiorentina e Milan per la prima volta in vetta e padrone del proprio destino.

PRESTAZIONE ORRIPILANTE. Freddie Mercury si sarà certamente rivoltato nella tomba mentre negli spogliatoi di Perugia un George Weah zuppo di spumante cantava a squarciagola “We are the champions”. Uno dei personaggi la cui umanità e genuinità è scolpita nel cuore del popolo rossonero, per scommessa quella notte avrebbe dormito sullo zerbino. Le reti di Guglielminpietro e Bierhoff valgono il settimo successo consecutivo, il ventunesimo punto in un mese e mezzo, la vittoria più avvincente ed inattesa della storia recente. Era tutto da rifondare. Sembrava impossibile tornare al vertice in un arco temporale così ristretto. Eppure, anche con pochi soldi e pochi acquisti, quella volta ce l’abbiamo fatta.

2 comments for “Quella volta che nessuno se l’aspettava, e invece ce l’abbiamo fatta

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *