L’ultimo addio dell’ultimo Campione

pallone d'oroIl 30 giugno del 2014, a distanza di cinque anni e 22 giorni dal primo addio, Kakà ha svestito definitivamente la casacca rossonera.
Il ruolo rivestito dal brasiliano nella storia recente del Milan, basti pensare che rientra nel club esclusivo dei 6 calciatori che hanno vinto almeno un pallone d’oro con la nostra maglia, fa sì che Kakà sia meritevole di un saluto ufficiale su Diavoltaire e di una disamina, a mente fredda, della sua ultima avventura con i nostri colori.
Invece che dal principio partirei dalla fine.

Kakà se n’è andato in sordina, una lettera ai tifosi pubblicata sul suo profilo facebook, contenente dichiarazioni piuttosto scontate (“avrò sempre affetto per il club e tutti i tifosi…la casa è il posto che ci portiamo sempre nel cuore e questa casa è per me il Milan”), nessuna partita d’addio, nessun giro di campo, neppure un Kakà day a Milanello.

Vero che da una società che liquida il proprio capitano su una nave da crociera e gli organizza la conferenza stampa d’addio utilizzando un banco di scuola non ci si poteva aspettare nulla di diverso, ma è più che probabile che comunque lo stesso Kakà non voleva un commiato diverso da quello avvenuto. Per questo motivo nei giorni successivi all’addio Ricky è stato accusato sui social network da buona parte della tifoseria, memore di quanto avvenuto in occasione del primo commiato, di essere uno dei campioni più freddi ed opportunisti che hanno vestito il rossonero.  Personalmente in un calciatore non giudico il distacco e la freddezza come una colpa, diffido dei ruffiani e capipopolo di cui è pieno il nostro calcio, mi baso su quanto vedo accadere nel rettangolo verde e poco o nulla su quanto accade al di fuori.

L’importante, direte voi, è che comunque se ne sia andato, giusto? Vero, ma non per quello che hanno voluto farci credere Galliani e i suoi accoliti. Lo stipendio di Kakà non bloccava nessun nuovo arrivo, così come non lo bloccano gli stipendi di altri giocatori dismessi dal Milan nell’ultimo mese, così come lo stipendio di Robinho da solo non blocca l’arrivo di Cerci, Lavezzi o Griezmann. I motivi della staticità del nostro calciomercato sono altri, li abbiamo trattati con pezzi sul nostro blog, li denunciamo quotidianamente sulla nostra pagina facebook.

Ma torniamo a Ricky. La sua seconda esperienza è stato un matrimonio di interesse, in cui entrambi gli sposi si sono reciprocamente sfruttati. Il Milan con l’arrivo dell’ex ha cavalcato l’onda del refrain “certi amori non finiscono…” , la solita operazione nostalgia che con cadenze ormai quasi biennali non ci fanno mai mancare. Kakà dal canto suo è ritornato al Milan non per amore dei nostri colori, ma più semplicemente perchè il Milan, unica società europea interessata a lui con un minimo e residuo appeal mediatico (soprattutto in Brasile) e in grado di garantirgli posto da titolare e stipendio adeguato, gli forniva al contempo l’ultima occasione per ottenere un pass per i mondiali.

L’operazione direi che può dirsi perfettamente fallita per entrambe le parti. Il tifoso del Milan è ormai troppo scafato per lasciarsi abbindolare da nostalgie indotte, gli abbonamenti allo stadio invece di aumentare sono diminuiti e la stagione di Kakà ha provocato più di un rigurgito. Ricky, da parte sua, ha vissuto da spettatore la fallimentare avventura brasiliana ai mondiali.

Dopo l’infortunio patito al partenza via del campionato scorso, da ottobre a dicembre 2013 il nostro aveva fornito rassicuranti prestazioni. Nulla di trascendentale, soprattutto in confronto col passato, ma sicuramente un rendimento costante, di sostanza, condito da alcune perle balistiche, con il brasiliano che si è proposto con credibilità e spirito di sacrificio, svelando doti da leader che personalmente non gli attribuivo. Da gennaio, viceversa, è iniziata la lunga eclissi con graduale perdita di freschezza atletica e minore incidenza sulle partite.

Le cause dello scarso rendimento negli ultimi quattro mesi, fatti salvi rari sprazzi, sono molteplici.  Inizialmente è probabilmente pesato il cambio di modulo imposto da Seedorf, con i 4231. A quel punto Kakà si è trovato a giocare molto più defilato sulla fascia, giocando meno palloni e chiamato a coprire una porzione di campo molto più ampia di quella che gli spettava sotto la gestione Allegri con il 4321. Quando Seedorf  ha apportato alcuni correttivi con il frequente inserimento di Poli tra i trequartisti il serbatoio di Kakà ormai segnava rosso e comunque la posizione in campo restava non consona alle sue caratteristiche (per lo stesso motivo, anche qualora fosse rimasto in questa stagione, avrebbe incontrato difficoltà giocando da esterno di sinistra nel tridente di Inzaghi).

A mio avviso da gennaio in poi c’è stato anche un calo di motivazioni nel brasiliano, il quale, informato da Scolari che non avrebbe fatto parte della spedizione brasiliana ha, almeno inconsciamente, mollato. Significativa in tal senso la dichiarazione resa alla conferenza stampa di presentazione ad Orlando, quando Kakà ha ammesso che i primi abboccamenti con gli americani risalivano a gennaio, ovvero quando già era stato informato della improbabile convocazione e si stava preparando una via d’uscita per giugno.

Al netto di papà Bosco, Digao, abbaini, rinnovi semestrali e fasce da capitano, cosa resta?

Restano 104 reti in 307 partite, quelle indimenticabili e trascinanti cavalcate coast to coast, innumerevoli assist, “la partita perfetta”…resta un Campione, l’ultimo campione rossonero che saluto con affetto per quello che ha sempre dato sul campo con professionalità estrema, senza mai risparmiarsi. L’amore no, quello lo riservo per pochi eletti dei del mio olimpo rossonero, tra i quali non mi sento di far rientrare Kakà.

Boa sorte, Ricky !

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