Torna qui, vecchio Milan!

striscione milanFinita. La più interista delle stagioni rossonere del quasi trentennio berlusconiano ci ha finalmente detto addio. Guerre per il trono, rivoluzioni e controrivoluzioni, malumori e spifferi fatti filtrare come non mai da quella che è stata per anni la più efficace macchina da censura della serie A, un ingaggio con esonero lampo, risultati sportivi dal pessimo al mediocre, il Milan non si è fatto mancare proprio nulla. Uno schifo tale a tutti i livelli da far presupporre un’ ideale purificazione in vista del futuro. Punta dell’ iceberg senza dubbio la questione Seedorf.

L’ idea che mi sono fatto, anche tramite certe fonti, è quella di un progetto abortito sul nascere ma che è stato forzatemente portato avanti già defunto. L’ ingaggio spropositato per un esordiente assoluto ed i moti barbarelleschi di novembre fanno presupporre un ruolo ben diverso e meno limitato al campo per l’ olandese, l’ attivismo di quel periodo nella ricerca di figure nuove nella dirigenza (Maldini, Sogliano, Albertini), fa pensare che fossero state fatte altre promesse a Seedorf, promesse che la “pax” sancita a dicembre tra Barbara e Galliani ha reso irrealizzabili. Probabile che Seedorf, non certo abituato a limitarsi al suo, al semplice lavoro di campo non abbia voluto fermarsi anche in virtù di ciò che era gli era stato garantito. Promesse vane da una parte, eccessiva leggerezza dall’ altra dunque, visto che un’ azienda non è un’ isola tropicale da liberare con un colpo di stato, ma è appunto un’ azienda nella quale le linee gerarchiche devono essere rispettate anche se l’ AD è gradevole quanto un sacchetto di termiti liberate nelle mutande, e non solo per il buon Clarence.

Trovo vergognoso il trattamento ricevuto da Seedorf, ma la disponibilità a gettare nel water dieci milioni lordi complessivi per un club che non aveva cacciato Allegri inviso al vecchio l’ estate prima per una buonuscita da un milione e mezzo, mi fa pensare che qualcosa di ben più grave delle cazzate lette sia successo.

Una cosa che trovo buffa nella balcanizzazione dei tifosi del Milan, tutti contro tutti, è l’ elezione di Seedorf a simbolo della lotta contro il sistema con l’ automatica degradazione di Inzaghi a yes-man pronto a dire solo sì. Non è proprio così. L’ olandese è uno che se ha giocato, passeggiato per lo più, per cinque anni di troppo al Milan, è perché era il preferito di Berlusconi col quale è andato a trattare direttamente l’ ultimo suo anno di contratto, origine peraltro degli attriti col cravatta gialla, e che già dal maggio del 2012 aveva avuto la certezza di divenire allenatore del Milan al massimo entro due anni, senza motivi di particolare merito o gavetta. Inzaghi già nell’ autunno del 2012, in un momento drammatico per la prima squadra, per due gare vinte coi ragazzini aveva avanzato tramite giornalisti amici la sua candidatura per la panchina di Allegri. Uno protetto di Berlusconi, l’ altro protetto di Galliani, entrambi con l’ ambizione di arrivare quanto prima ad allenare il Milan. Nessun romantico rivoluzionario in marcia col popolo insomma, due arrivisti che hanno puntato su cavalli diversi per giungere al traguardo delle personali ambizioni. Il futuro ci farà comprendere se solo furbi o anche intelligenti.

Inzaghi dunque. Delle sue ipotetiche doti da tecnico abbiamo già parlato mesi fa, il dato inquietante è che  dei quattro tecnici susseguitisi dall’ addio di Ancelotti è il terzo a non aver allenato neppure un minuto in serie A, il terzo  più o meno inventato. L’ effetto Capello continua dopo oltre un un ventennio dunque, come se funzionasse sempre. Quello che ci si augura è che il piacentino sia davvero una figura in grado di mettere d’ accordo tutti: presidente, i due AD, la squadra. L’ attuale Milan non è certo composto da gente dotata di carisma strabordante o senso di appartenenza casciavitico indiscutibile, la sensazione che si remi tutti nella medesima direzione quindi non è da trascurare nel morale e nella sicurezza di questo gruppo. Soprattutto, dopo l’ assegnazione di dicembre dell’ esclusiva della parte sportiva , la rinuncia alla figura di un DS con pieni poteri operativi sul mercato, l’ arrivo al vertice di Arcore sul futuro tecnico del Milan portando direttamente il proprio candidato (Ancelotti, Spalletti, Emery, certo…si aspettava solo la chiusura delle urne), l’ assunzione di responsabilità da parte di Galliani dei destini sportivi del prossimo anno è piena e totale. Proprio per questo il mercato sarà la cartina di tornasole decisiva. Partendo dal presupposto che gli Hazard e gli Aguero non sono roba per noi, una campagna estiva intelligente con mosse volte al miglioramento dell’attuale rosa, acquisti che rispecchino esigenze del tecnico e un abbattimento dei costi realizzato partendo PRIMA dall’ eliminazione delle zavorre e solo poi, semmai, di un pezzo pregiato con almeno parte dei soldi incassati reinvestiti per sostuirlo degnamente, farebbero presupporre la volontà di avere ancora ambizioni sportive e non solo di cassa. Diversamente un mercato con la cessione di uno o due pezzi pregiati, magari pure di un Cristante che da anni ci viene indicato tutte le volte che si parla di Milan del futuro, il mantenimento di tutti gli orridi iperstipendiati, l’arrivo di nomi improbabili alla Birsa perché in squadre amiche o di procuratori amici, l’ applicazione in campo, a prescindere dagli interpeti a disposizione, delle bislacche idee presidenziali, e magari il sorpresone finale di un Quagliarella pagato soldoni per risolvere eccedenze dell’ amico Marotta, certificherebbero che Inzaghi è un passacarte disposto a tutto pur di allenare il Milan, ignaro che il prossimo capro espiatorio da massacrare diverrà lui, e che il club sta vivacchiando nell’ attesa che cali un po’ il valore e qualcuno se lo pigli, quando non si sa.

Pur parlando di due parametri zero, Alex e Menez, e di uno che nella nostra rosa c’ era già e stiamo cercando di acquistare, Rami, l’ attivismo sul mercato di gente che solitamente questo periodo lo passa tra crociere e spiagge della Versilia, muovendosi freneticamente a partire dal 27 di agosto, se non ottimista mi fa essere meno pessimista del solito. Se poi salutassimo Kakà, Robinho, Mexès ed i loro costosissimi stipendi, non sarebbe affatto male come inizio.

Spesso, viaggiando per la galassia mediatica rossonera tra tv, web e carta stampata, leggo di inviti al tifoso milanista nel tornare casciavit al 100%, sempre vicino alla squadra. Io questo invito lo rivolgo invece al nostro club: il ciclo ancelottiano si è esaurito nel dicembre del 2007 in Giappone, eppure la nostra dirigenza ha continuato a comportarsi come quei nobili con le pezze al culo che si impegnano l’ argenteria per pagare le bollette, ma continuano a frequentare le feste dell’ alta società senza manco accorgersi dei risolini di sottecchi che provoca il loro arrivo. Il DNA, la musichetta della Champions, le scritte sulla maglia e le verifiche sull’ onestà contabile dell Al-Ahly; basta! Saranno anni tosti, duri, e li si dovrà affrontare col coltello tra i denti. Per sperare in un terzo posto si dovrà partire con l’ obiettivo di vincere il campionato, senza mollare un centimetro, come quando a scuola per poter strappare un sette dovevi puntare al dieci. Per i fronzoli e per la nostra meravigliosa storia c’ è Casa Milan, per costruire un futuro del quale essere orgogliosi, con o senza glorie europee (sono cambiati i tempi..), c’è soltanto il campo.

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