Ci siamo di nuovo, un’altra volta.
Raramente un campione del Milan, uno che ha fatto vincere qualcosetta a questo club, è stato oggetto di divisioni così radicali, dal punto di vista umano, da parte dei tifosi rossoneri, e le voci del suo nuovo addio a fine stagione hanno gettato nuova benzina su un falò che pareva ormai spento.
Iniziò tutto nell’estate di Calciopoli del 2006, quando Calderon appena insediatosi come presidente del Real, forte dei rischi che stava correndo il Milan (una B per esempio), ci provò fino all’ultimo, proseguì in maniera peggiore nel 2007, quando addirittura dalla Spagna AS favoleggiava di un Kakà che si allenava controvoglia e passava le ore a cercare di convincere la nostra dirigenza a cederlo, si allentò la pressione nell’estate 2008 e si arrivò alla cessione l’anno seguente al Real, con l’intermezzo della buffonata City-Milan di gennaio.
Di lui si è continuato a parlare durante tutti i suoi anni a Madrid, e le posizioni hanno sempre avuto la tendenza a radicalizzarsi tra mercenario o vittima della società bugiarda, entrambe eccessive e sbagliate secondo me.
Molto semplicemente, Kakà è stato l’emblema di un Milan che stava cambiando in peggio, che passava da potenza economica assoluta a medio-grande in campo europeo a livello economico, e di conseguenza diventava “aggredibile” sul mercato.
Mai il resto dell’Europa aveva osato avvicinarsi al Maldini nel fiore degli anni, persino negli anni tristarelli dello Zac post-scudetto il Milan aveva respinto un paio di offertone per Shevchenko dal Real senza esitazione alcuna.
Ma il Milan stava cambiando, stava perdendo terreno dal punto di vista della competitività sia in campo che in banca, ed ecco che anche l’atteggiamento di un giocatore che si trovava qui nel fiore degli anni iniziava a mutare.
Kakà e i suoi numerosi portavoce non si sono mai fatti problemi a dichiarare il loro interesse per la Liga ed il Real, soprattutto quando l’allegra compagnia si trovava in Brasile.
La cena tra lui, il babbo e i dirigenti merengues a Gavirate, dieci giorni dopo la vittoria di Atene, è storia, anche il fatto che non si fosse minimamente preoccupato di informare i dirigenti di ACM.
Il suo ritorno al Milan, diciamolo pure, è stata la semplice conseguenza del suo fallimento al Real e la speranza di strappare un biglietto per andare in Brasile nel 2014 non da turista. La decisione di ridursi l’ingaggio volta a questo obiettivo e non per estasi amorosa verso i suoi vecchi colori. Il chiaro desiderio di un professionista, qual è sempre stato, di rilanciarsi e partecipare all’evento più importante del nuovo secolo per una nazione che vive di calcio anche nell’epoca in cui sta diventando una potenza mondiale a livello economico, cosa che dovrebbe porlo su piani decisamente più alti rispetto ad un Robinho che quest’annata l’ha affrontata col consueto spirito che alberga in lui dal maggio 2011: quello balneare.
Credo che non ci sia nulla di sbagliato nel separarsi a fine stagione, non ero particolarmente favorevole ad un suo ritorno, non ne posso più di operazioni nostalgia o “nome di facciata” che costano tonnellate d’ingaggio e non hanno prospettiva di alcun tipo.
Quello di Ricky è stato un ritorno discreto, lontano dai ritorni appannati di Gullit, Donadoni o Shevchenko, ma ho troppo rispetto per ciò che è stato Kakà per davvero, per esaltarmi di fronte a gol decisivi contro Atalanta e Chievo, onestamente.
Ha voluto giocarsi la sua chance, dubito che andrà in Brasile, e ora giustamente vuole monetizzare gli ultimi scampoli di un carriera che dal 2003 in poi l’ha visto vincere tutto in Europa. Essere milionari in Florida o a Beverly Hills non è niente di così disprezzabile.
Il Milan ha davanti un faticoso processo di ricostruzione, una rosa ipertrofica piena di gente che per davvero non si merita i soldi che guadagna. A rubinetti rigorosamente serrati, non potrà permettersi che i giocatori più pagati in rosa non siano anche quelli che le partite te le fanno vincere non solo quando gli avversari sono squadre il lotta per la salvezza.
P.S.: può anche darsi che la partenza venga procrastinata all’inizio del 2015, visto che la franchigia di Orlando dovrebbe entrare a far parte della MLS dall’anno prossimo. Sarebbe carino, in tal caso, se ai tifosi si risparmiasse la “vendita” della permanenza di Kakà al Milan fino a gennaio come colpo di mercato dell’estate. Col 22 del Milan avreste già preso per il culo i tifosi del Milan abbastanza a lungo, direi che può bastare.
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