Dopo l’iniziale reazione di rabbia per una sconfitta immeritata che rende difficilissimo l’accesso ai quarti di finale di Champions, provo ad analizzare la partita a mente più fredda. Come prima cosa, dico: “Peccato!”. Ieri ho visto un gran bel Milan, che per un tempo ha messo sotto la capolista della Liga, purtroppo raccogliendo solo due legni, una barba alla traversa ed un rigore negato, per poi cadere sulla solita, sciagurata, distrazione difensiva sui calci piazzati.
Diversi gli aspetti positivi emersi. Innanzitutto, c’è stata una buona preparazione tattica della gara: Seedorf, vista la forza dell’avversario, ha deciso di giocare in maniera più equilibrata, con il solito 4-2-3-1, che in fase difensiva diventava 4-4-1-1. In fase offensiva, si aveva:
De Jong Essien
Taarabt Poli Kakà
Balotelli
Per passare allo schieramento difensivo, Poli, De Jong, Essien e Kakà ruotavano in senso orario, arrivando quindi a:
Taarabt Poli De Jong Essien
Kakà
Balotelli
L’idea ha funzionato bene, con Essien che ha fatto da tutor ad Emanuelson, un centrocampo che ha filtrato qualsiasi cosa, con De Jong sugli scudi, Taarabt che riusciva a dare i cambi di ritmo, Balotelli ad impegnare da solo la difesa dell’Atletico, una delle migliori in Europa, Kakà e Poli bravi ad inserirsi negli spazi per tentare di colpire. Loro le occasioni più pericolose del match, e solo un portiere avversario molto bravo, unito ad una buona dose di sfortuna, ha fatto in modo che il Milan non chiudesse il primo tempo in vantaggio.
Da dire che anche la condizione atletica sembra migliorata. Certo, senza l’attuale Honda ed il solito Robinho, ci sono 10 giocatori di movimento che corrono e questo aiuta, ma, nei primi 45’, il Milan ha avuto una marcia in più rispetto agli avversari. E senza accusare particolarmente il colpo nella ripresa, in cui l’Atletico è venuto fuori solo negli ultimi 15’.
Purtroppo, però, quando l’asticella si alza e si affrontano avversari di un certo livello ci sono due regole fondamentali da rispettare: (i) buttarla dentro quando se ne ha l’occasione, (ii) non regalare nulla agli avversari. Il Milan ieri le ha trasgredite entrambe, non tramutando in goal la supremazia del primo tempo e combinando un pasticcio sul goal.
Certo, c’è stata anche una buona dose di fatalità: sul goal avversario, Abate (in campo perché De Sciglio si è infortunato) sbaglia l’intervento sul primo palo (zona presidiata fino a qualche minuto prima dall’altro infortunato Balotelli), allungando la traiettoria del corner come di solito fanno gli attaccanti. Poi Abbiati, in controtempo, sceglie colpevolmente di non uscire (che novità), e Diego Costa insacca indisturbato, perso altrettanto colpevolmente da Rami (che si fa attirare verso il centro, invece di guardare il suo uomo).
La dura legge del goal ha punito il Milan, squadra ancora senza il cinismo della grande squadra ed ancora non capace di gestire pienamente i momenti della partita in cui deve difendersi, ma la mentalità mi è piaciuta molto: i rossoneri hanno affrontato un avversario in questo momento superiore senza timori riverenziali, facendo la propria partita con personalità e proseguendo un percorso di crescita che, si spera, porti ad un progetto tecnico valido dalla prossima estate.
(Editoriale pubblicato anche su Milano Rossonera)
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