Chi più spende meno spende

Cena-Giannino[1]Il mercato di gennaio chiuderà i battenti venerdì 31 alle ore 23. Siamo in quella che ormai molti giornalisti sportivi hanno ribattezzato “zona Galliani”, durante la quale il nostro abilissimo negoziatore solitamente chiude le trattative in ingresso per i nomi più famosi, a livello di bollitura variabile, per cifre basse, se non addirittura a parametro zero.

Attendendo gli ultimi colpi (si parla di scambio di prestiti Taarabt-Zaccardo, di Biabiany per pochi spiccioli, essendo in scadenza di contratto, e di Saponara in prestito al Torino), questa sessione in mercato per ora dice: dentro Honda (parametro zero), Rami (prestito per 400 mila Euro con diritto di riscatto fissato a 6 o 7 milioni, a seconda delle fonti), Essien (parametro zero), Petagna (rientro gratuito dalla Samp); fuori Niang (prestito secco al Montpellier), Nocerino (prestito con diritto di riscatto al West Ham), Vergara (prestito con diritto di riscatto della metà al Parma) e Matri (prestito gratuito alla Fiorentina).

Leggendo sopra, sembra che il Milan non spenda nulla, in linea con la politica societaria di austerity degli ultimi anni. In organico, tra titolari e prime riserve, infatti, ci sono Mexes, Montolivo, Honda, Kakà, Muntari ed ora Essien che sono arrivati a parametro zero, più De Jong, acquistato per soli 3 milioni, senza contare i Birsa o i Constant, frutto di scambi di plusvalenze con l’amico Preziosi. La differenza con altre squadre come Roma o Napoli, che investono, ad esempio, 9 milioni per mezzo Nainggolan o 5 milioni per metà Jorginho sembrano nette ed inequivocabili.

La prima conclusione che può saltare in testa, considerando le spese per i cartellini, è che Galliani stia facendo miracoli, le nozze con i fichi secchi, considerando che il budget è zero. Tesi che, tra l’altro, si può leggere tranquillamente anche nella maggior parte dei giornali sportivi e nei siti di informazione legati al Milan.

A mio avviso, tuttavia, un’analisi del genere è affrettata e non tiene conto di alcuni fattori fondamentali, come gli ingaggi, gli ammortamenti e la possibilità di rivendere i giocatori acquistati.

Il Milan paga ingaggi pesanti ai suoi giocatori presi a zero o poco più, specialmente quelli dal nome “altisonante”. Mexes e Kakà guadagnano 4 milioni netti all’anno, De Jong e Montolivo 3, Honda e Rami 2.5, Muntari oltre 2. Lo stesso Essien guadagnerà 1.5 milioni per i primi 6 mesi, ed altri 2.5 più bonus per la stagione  successiva.

Per far capire quanto pesano gli ingaggi in questo genere di affari faccio un semplice esempio: Kakà-Mertens. Il brasiliano è arrivato la scorsa estate a zero, ma con un biennale da 4 milioni netti all’anno. Totale di spesa per il Milan nei due anni: circa 16 milioni. Mertens è arrivato a Napoli per circa 10 milioni, con un ingaggio di 1.2 netti a stagione.  Se il contratto firmato dal belga fosse stato  biennale, Mertens sarebbe costato, complessivamente, 14.8 milioni in due anni.

Ho fatto un’ipotesi di contratto biennale perché l’esempio  non è ancora completo:  non tiene conto di come vengono contabilizzate le operazioni in termini di bilancio. Quando il Napoli acquista Mertens per 10 milioni e gli fa firmare un quadriennale, il costo del cartellino non “ricade” per intero nel bilancio relativo all’anno di acquisto, ma viene “spalmato” lungo la durata del contratto, col meccanismo degli ammortamenti. In pratica, salvo rinnovi, nei prossimi 4 bilanci, il Napoli scriverà in ognuno 2.5 milioni di costo come “ammortamento Mertens”. Il giocatore, dunque, costa in totale ai partenopei 4.9 milioni all’anno, circa il 60% degli 8 milioni annui che costa Kakà al Milan.

Facendo calcoli analoghi, si può scoprire che Nainggolan, nonostante i 18 milioni di valutazione del suo cartellino, su quattro anni costa meno di Mexes (30 milioni contro 32), che Jorginho costa meno di Honda su 3 anni (13.6 milioni contro 15), che Strootman, nonostante il cartellino pagato dai 16.5 ai 20 in base ai bonus, avendo sottoscritto un quinquiennale, costa all’anno dai 7.7 milioni agli 8.4, circa quanto Kakà, o che Vidal, prima del rinnovo, costava 7.8 milioni all’anno: meno degli 8 di Mexes o di Kakà. Lascio al lettore sbizzarrirsi con la fantasia su come si sarebbero potuti spendere i quasi 40 milioni complessivi che è costato Flamini nei suoi 5 anni al Milan (36 nei primi 4 anni, 3.6 nell’ultimo).

L’ultimo punto di analisi che avevo citato è quello della possibilità di rivendere. Operazioni come quelle di Kakà o Essien sono totalmente a perdere. Giocatori avanti con l’età, con ingaggi alti, non sono rivendibili, a meno di regalarli, quindi niente possibili plusvalenze. Per De Jong o Montolivo il discorso potrebbe cambiare un po’, meno per Mexes o ancor meno per Muntari, destinato ad andarsene a zero a fine stagione. Giocatori come Mertens, Jorginho o Nainggolan, invece, sono ancora nella fase ascendente della carriera, con ingaggi ancora non irresistibili. Se fanno bene , possono essere rivenduti a cifre considerevoli, dando origine ad enormi plusvalenze (vedi Marquinhos); se non esplodono, possono comunque essere piazzati dopo un paio d’anni ad una cifra che non faccia fare minusvalenza. Insomma, investire qualche milioncino nel cartellino invece che puntare sui parametri zero può rivelarsi, a parità di spese, remunerativo in futuro, anche se con qualche rischio in più sulla competitività a brevissimo termine.

Dato che:

  • E’ ormai assodato che il Milan, pur essendo stabilmente nella top 10 dei fatturati in Europa e nella top 2 dei fatturati in Italia (con più presenze al primo che al secondo posto negli ultimi 10 anni), non sia più un punto d’arrivo per i campioni, essendoci club che in questo momento possono spendere di più e campionati di più alto livello rispetto alla serie A;
  • Il pareggio di bilancio è un vincolo su cui gli azionisti di maggioranza non transigono, anche legittimamente;

il Milan ha davanti diverse possibilità:

  • Scoprire i talenti prima delle top europee e poi, eventualmente, venderli a carissimo prezzo;
  • Prendere gli scarti delle top europee (di solito giocatori a fine carriera, ma non sempre), cercando di scegliere nella maniera migliore possibile ed approfittando di loro eventuali errori di valutazione;
  • Un mix delle due sopra.

Il Milan, per ora, ha gall(ian)eggiato puntando molto sulla seconda opzione. Vero, il nome già famoso può attirare inizialmente più sponsor e far vendere qualche maglietta in più, ma è altrettanto vero che se prendi un giovane che ti esplode in casa, questo può diventare più uomo-immagine del grande giocatore sul viale del tramonto. Così come è più facile che riporti entusiasmo tra i tifosi una squadra che gioca un bel calcio e con margini di miglioramento, piuttosto che una che naviga a vista.

Ciò che un po’ irrita è il fatto che la politica societaria attuale venga quasi unanimemente indicata come l’unica possibile per il Milan di questo periodo, mentre credo di avere appena dimostrato che non è così. E ciò vale anche per un altro luogo comune che campeggia sulla stampa sportiva, ossia quello che dice che, senza rossi di bilancio, un club non possa essere competitivo dal punto di vista sportivo. Lasciando perdere Bayern o Manchester United, il Napoli è uno splendido controesempio. De Laurentiis ha portato la squadra dalla serie C alla Champions chiudendo il bilancio in rosso solo al secondo anno di C, facendo crescere gradualmente squadra e monte stipendi in base alle entrate. Che, per inciso, attualmente sono meno della metà di quelle del Milan.

Personalmente, non dico di rinunciare alle occasioni sui giocatori d’esperienza, quando capitano, (la stessa Roma prende i De Sanctis o i Maicon), ma gradirei molto vedere anche un settore di scouting attivo che porti al Milan talenti nel pieno della carriera ed a prezzi buoni, piuttosto che sorbirmi solo i live delle trattative da Giannino, con i vari Raiola e Bronzetti che cercano di limare qua e là per l’ennesimo “colpo” del Re del Mercato. In conclusione, che il Milan non abbia soldi è una mezza verità, visti gli ingaggi che vengono pagati dai rossoneri. Ciò che c’è da chiedersi è: il monte stipendi è in linea con il valore sportivo della rosa? La politica societaria finora adottata è la migliore per il regime di autofinanziamento?

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