Effetto placebo

Seedorf-misterNelle ultime settimane, sono andato a rileggermi antichi scritti in giro per il web, alcuni di essi anche a firma mia. Post e commenti che risalgono al Milan del 2007, del 2008, 2009 e così via, fino ai giorni nostri. Nonostante il susseguirsi delle ere, i cambi di allenatore, diversi mercati estivi ed invernali, partite o trofei vinti e persi, ci sono delle critiche costanti riguardanti soprattutto l’allenatore: il Milan non ha gioco, la preparazione fa schifo, i cambi sono tardivi, il mister non sa leggere le partite, la formazione iniziale è sempre sbagliata, non si valorizzano i giovani, abbiamo una squadra di vecchi, guardate gli altri come sono più bravi di noi in tutto, con un allenatore qualsiasi questa squadra giocherebbe da Dio e magari vincerebbe pure.

Ancelotti, Leonardo, Allegri sono passati su quella panchina dove ora siede Seedorf. Di giocatori ne abbiamo visti a camionate. Eppure le critiche sono state e sono tutt’ora sempre le stesse, com’è possibile? Quali sono a tutti gli efffetti le uniche costanti del Milan negli ultimi anni? La dirigenza che è la stessa dal lontano 1985, i preparatori atletici che sono gli stessi da un decennio circa, il vice allenatore Tassotti su quella panchina dal 2002. Guardando questi tre punti verrebbe facile pensare che, visto che fino a prova contraria le partite vengono decise soprattutto da chi scende in campo, ovvero i giocatori, la responsabilità maggiore del malcontento generale ce l’abbia la dirigenza, quella che appunto i giocatori li compra (o li prende in prestito con offerte fantasiose), e in seconda battuta i preparatori atletici, su Tassotti non saprei che dire, visto che nessuno ha mai capito quali compiti abbia effettivamente, forse nemmeno lui. Eppure no, per molti viene più facile dare la colpa di ogni cosa soltanto all’allenatore.

Ma c’è un’altra costante che appare evidente tra la critica, l’effetto placebo che si propaga negli occhi e nella mente di molti con l’arrivo di un nuovo mister, magari accompagnato da qualche “nome di grido” a rinforzo della rosa. Nel 2009 con l’arrivo di Leonardo che parlava di amore, fantasia e joga bonito, alle prime amichevoli anche quelle finite mica troppo bene, c’era già chi vedeva meraviglie, schemi d’attacco che rasentavano la perfezione calcistica: “Finalmente dopo anni di calcio minestrato ancelottiano, abbiamo una squadra che pressa, corre e soprattutto gioca a calcio!” Con la prima di campionato a Siena queste convinzioni si rafforzarono, poco importa se quell’estate venne ceduto un certo Kakà raccontando bugie a tutta la tifoseria, poco importa se davanti alla decisione di scegliere tra Robben, Sneijder e Huntelaar, Galliani scelse il terzo, quello era un Milan che giocava a calcio per la miseria! Il 4-2-fantasia era la nostra via, la nostra salvezza! E il tutto durò una settimana.

Dopo aver preso 4 pere nel derby, la partita successiva, Leonardo era già sulla graticola di tutti. Tifosi, proprietà (Berlusconi avrebbe volentieri evitato di metterlo in panchina già quell’estate), e senatori. Quelli come Gattuso, Pirlo, Oddo, Zambrotta, Inzaghi ma soprattutto Seedorf, che non accettavano di essere accantonati, misero una bella X sulla figurina Panini di Leonardo e decisero che non fosse l’allenatore giusto per loro. L’effetto placebo tra i tifosi critici durò poco, come del resto Leonardo. Con l’andare delle giornate, quell’anno, le critiche feroci furono sempre le stesse: il Milan non ha gioco, la preparazione fa schifo, i cambi sono tardivi, il mister non sa leggere le partite, la formazione iniziale è sempre sbagliata, non si valorizzano i giovani, abbiamo una squadra di vecchi, guardate gli altri come sono più bravi di noi in tutto, con un allenatore qualsiasi questa squadra giocherebbe da Dio e magari vincerebbe pure.

Con l’arrivo di Allegri, tra gli allenatori più richiesti dai tifosi rossoneri insieme a Van Basten, Spalletti, Guidolin e Prandelli, l’effetto placebo tornò. Soprattutto considerando che con Allegri arrivarono anche Boateng, Robinho e più di tutti Ibrahimovic in estate, Van Bommel e Cassano in inverno. Per alcuni l’effetto placebo, dopo una tremenda stagione di Leonardo (cit.) un allenatore improvvisato (cit.) col foglio rosa (cit.) che mai avrebbe dovuto sedersi sulla panchina del Milan, durò tutto l’anno e anche di più, per altri un po’ meno: “Dopo una stagione buttata alle ortiche con un mister improvvisato come Leonardo finalmente uno che ha esperienza e sa come far giocare una squadra!” Quell’anno si tornò a vincere un trofeo, lo scudetto, e successivamente la super coppa italiana. Stop. Finiti i trofei targati Allegri.

Negli anni successivi, come fu per Leonardo, come fu per Ancelotti, indipendentemente dall’andamento delle partite, indipendentemente dal gioco, indipendentemente dal risultato, indipendentemente da qualsiasi altro fattore, qualsiasi, le critiche mosse da molti tifosi erano tornate: il Milan non ha gioco, la preparazione fa schifo, i cambi sono tardivi, il mister non sa leggere le partite, la formazione iniziale è sempre sbagliata, non si valorizzano i giovani, abbiamo una squadra di vecchi, guardate gli altri come sono più bravi di noi in tutto, con un allenatore qualsiasi questa squadra giocherebbe da Dio e magari vincerebbe pure.

Eccoci arrivati ai giorni nostri. Dopo un disastroso girone di andata in campionato chiuso a 22 punti culminato con la cocente sconfitta per 4-3 a casa del Sassuolo, ecco palesarsi davanti a tutti noi Clarence Seedorf. Annunciato urbi et orbi da stampa e tifosi come il salvatore della patria rossonera. Su Sky Sport, sui canali Mediaset, sulle testate giornalistiche sportive e su tanti social network, si sono sprecati fiumi di servizi speciali, interviste speciali, elogi speciali sull’uomo Seedorf, sull’ex giocatore Seedorf, sul mister che sarà Seedorf, sul motivatore Seedorf, carismatico Seedorf, umile ma non per questo fesso Seedorf, quello con le palle quadrate Seedorf, colui che sa tutte le lingue Seedorf, che trasmette entusiasmo e voglia di vivere anche ad un vegetale Seedorf…

Per tanti Seedorf incarna il carisma alla Mourinho, la capacità di trasmettere amore e serenità di Leonardo (almeno fino al derby di cui sopra), le idee di gestione dello spogliatoio di Ancelotti (fino al 2006 poi basta), e il suo calcio è il risultato del meglio del meglio di tutte le nazioni dove Seedorf ha giocato, c’è qualcosa di olandese, di spagnolo, di brasiliano e ovviamente c’è tanto di italiano. Tutto questo veniva annunciato a noi, prima ancora che firmasse il contratto! E l’effetto placebo già cominciava a farsi vedere. Durante Milan-Spezia di coppa Italia, quando in panchina c’era Tassotti e Seedorf era in viaggio verso San Siro, c’era già chi diceva cose come “Eh beh, si vede la mano diversa. Va come giochiamo bene! Sembra quasi il Barcellona.” E purtroppo non era ironico. A fine partita Tassotti disse: “In questa vittoria c’è molto di Allegri.” Ma a nessuno fregò una mazza di quelle dichiarazioni, chi aveva il placebo in circolo ci vedeva il Milan di Seedorf, neanche di Tassotti, era già di Seedorf.

Durante Milan-Verona, tre giorni dopo, l’effetto placebo aveva raggiunto livelli di guardia altissimi: “Guarda come corrono!”, “Guarda come pressano!”, “Guarda che Milan!”, “Sembra il primo Milan di Ancelotti!”, e guai a dire loro che sarebbe stato meglio volare bassi, ricordare che alla fine la rosa è quella, i giocatori son quelli, magari migliorerà qualcosa, ma mica poi tanto, o magari pensa di migliorare e poi invece peggiora, che ne sai? Chi può dirlo? “Ma taci! Peggio di Allegri non può fare!” e grazie al cazzo… Guai a ricordare loro che alla fine Seedorf aveva in mano il Milan da soli tre giorni, come poteva aver già cambiato volto alla squadra? “Eh ma lui è nato pronto.” La partita contro il Verona se non la sbloccava un rigore di Balotelli, quasi certamente sarebbe finita zero a zero, ma tra i tifosi c’era già un certa soddisfazione. “Si beh, sono un po’ calati nel finale…” un po’? Solo nel finale? “…però si è già visto un altro Milan!” dopo soli tre giorni?

Arriva Milan-Udinese. Arriva la prima sconfitta, che purtroppo costa l’addio alla coppa Italia. L’effetto placebo inizia già a svanire. Ma i più stoici, quelli che, ripetiamo, dopo tre giorni “Si vede già la mano del mister, va che bel Milan, sembra il Barcellona!” alle prime critiche degli altri, quelli un po’ meno convinti, rispondono fieri “Ha in mano il Milan da pochi giorni, cosa pretendete che faccia, povero cristo?” e tirano in ballo un evergreen già visto in passato, la preparazione fisica errata, cosa mai per altro tirata in ballo dallo scorso agosto a ieri, ma a qualcosa ora dovranno pur appellarsi per difendere il nuovo salvatore della patria di turno. Ora si accorgono anche che non tutti i giocatori sono proprio “da Milan”, avendo la prova del nove. Fa tutto parte dell’effetto placebo.

Siamo solo all’inizio, se tutto andrà bene per molti l’effetto continuerà fino a fine stagione, crederanno di vedere un Milan spettacolare in alcune partite, come fu con Leonardo, come fu con Allegri, crederanno che tutti i problemi siano risolti, come fu con Leonardo, come fu con Allegri, crederanno che basterà solo qualche rinforzo e poi siamo a posto, come fu con Leonardo, come fu con Allegri, questo se tutto andrà bene. Ed io spero in cuor mio che l’anno prossimo chiunque sarà a fare mercato, lo faccia con criterio e non a capocchia di macaco come fatto finora, così da dare in mano a Seedorf una rosa decente.

Se invece da oggi a maggio tutto andrà male, cosa che non mi auguro per amore del Milan, i tifosi molto probabilmente torneranno ed esasperarsi da quanto vedono in campo e avvertiranno il bisogno di un altro placebo per potersi sentire bene. I bookmakers già danno dieci a uno il ritorno della litania: il Milan non ha gioco, la preparazione fa schifo, i cambi sono tardivi, il mister non sa leggere le partite, la formazione iniziale è sempre sbagliata, non si valorizzano i giovani, abbiamo una squadra di vecchi, guardate gli altri come sono più bravi di noi in tutto, con un allenatore qualsiasi questa squadra giocherebbe da Dio e magari vincerebbe pure.

Addio effetto placebo, fino al prossimo. Dimenticandosi troppo spesso che allenatore e giocatori non crescono a Milanello come i funghi, qualcuno ce li porta.

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