Siamo alle porte della prima panchina di Clarence Seedorf -da allenatore- e non posso trattenermi dall’esprimere il mio parere, se non altro perché sono certamente e di gran lunga la persona meno equilibrata per farlo. Io che quando era calciatore la panchina non mi sarei mai nemmeno sognato di fargliela vedere.
L’olandese è stata una delle colonne portanti del divino diavolo targato Ancelotti. Acquistato in uno scambio da denuncia per circonvenzione d’incapace, Seedorf ha conferito dinamismo -almeno nella prima fase…- tecnica, visione di gioco, professionismo, coesione con il resto dello spogliatoio e una sassata che Toldo e Buffon ancora si svegliano di notte in preda al panico. Il passare degli anni ha ridotto il suo rendimento fisico ma non il suo ego, circostanza che gli ha fatto piovere addosso critiche da tutte le parti. Ma io l’ho sempre difeso, perché sapevo benissimo che dietro queste inverosimili affermazioni strumentali e diffamatorie, i detrattori mal celavano solamente invidia per il suo pisello.
Nonostante ciò, come non avrei mai voluto Clarence in panchina da calciatore, parimenti non lo avrei voluto da allenatore, o meglio non ancora. Perché? Molto semplice: nonostante l’invereconda posizione in classifica, il Milan rimane una squadra di un certo blasone. E in questi casi si ha poco margine per rischiare: la piazza si aspetta i risultati, sempre e comunque, e non ha pazienza. Io sono nella piazza. Credo poco negli allenatori improvvisati: i grandi club sono destinati agli allenatori “fatti”, a coloro che hanno già dimostrato di essere pronti.
Essere stato un grande calciatore non implica avere la stoffa del grande allenatore. Anzi spesso le aspettative lasciano spazio a grandi delusioni e potenziali allenatori del futuro finiscono per bruciarsi anzitempo. In anni recenti ciò è capitato a persone molto intelligenti, dipinti come già allenatori sul campo, come, ad esempio, Ciro Ferrara, Alessandro Costacurta e Leonardo.
Inoltre, anche tecnici attualmente molto quotati hanno fallito alle prime esperienze, come Vincenzo Montella a Roma e Roberto Mancini a Firenze. Questi ultimi hanno esordito in situazioni talmente burrascose da rivelarsi ingestibili anche per tecnici ben più esperti, paragonabili per l’appunto a quella del Milan attuale. Infatti, il diavolo odierno è una babilonia molto prossima all’Inter di fine anni ’90 (e quella attuale), dove l’arrivo di ogni rinforzo sembra aver risolto i problemi del reparto, ma appena qualche mese dopo si era nuovamente al punto di partenza. L’involuzione di giocatori come Nocerino, Zapata e Montolivo rendono complicato trovare un equilibrio che consenta di chiudere la stagione in una posizione più dignitosa, traguardo sulla carta certamente non proibitivo.
Infine, sostengo da sempre che gli allenatori si scelgono a Maggio, nell’ambito ed in funzione di un progetto di ampio respiro e che i cambi in corsa molto raramente producono benefici apprezzabili nel medio termine. Di questo, fino a pochi giorni fa, dovevano essere convinti anche nella sala dei bottoni della nuova sede rossonera, dove ultimamente sono stati chiusi entrambi gli occhi pur di concludere la stagione con Allegri.
Non si può tuttavia negare che una lunga serie di fattori infonde fiducia nella scelta operata: il ritorno dell’olandese restituisce all’ambiente un pacchetto di qualità andato perduto con la “rivoluzione dei senatori”. Sulla base di quanto mostrato da calciatore, Seedorf è accreditato di essere una persona molto intelligente, di avere la cultura del lavoro e del professionismo, di saper gestire la stampa e lo spogliatoio usando sia il bastone che la carota, di avere una certa duttilità tattica, di avere il polso fermo nei momenti di difficoltà e soprattutto di avere grandi ambizioni. Non resta che sperare in bene.
Anche se la stagione è abbondantemente andata ai cani, l’apprendistato dovrà essere più rapido di quanto non si creda: il popolo rossonero non digerirà facilmente l’eliminazione dalla Champions League o altre eventuali figuracce contro la provinciale di turno, e nel calcio moderno si fa terribilmente presto a perdere il carisma ed il polso della situazione. Non è un problema: lui è nato pronto.
Alza l’ottava, o almeno chiudi la stagione sopra l’ottava.
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