Keisuke Honda è il primo giapponese di sempre a vestire la gloriosa casacca rossonera, col numero 10 a simboleggiare un’investitura ancor più significativa.
Storia, responsabilità, pressione e attesa spasmodica di vederlo in campo si incrociano: l’avventura al Milan inizia in maniera tutt’altro che tranquilla. D’altronde, l’approdo in rossonero si sarebbe dovuto concretizzare in estate e questi mesi, per giunta estremamente difficili, hanno evidenziato l’assoluta necessità di un elemento di tale classe e carisma. Perché, ed è bene focalizzare subito questo aspetto, il nipponico non è affatto un colpo “mediatico”, come da più parti erroneamente affermato, bensì un rinforzo di primo piano. Indubbiamente, l’aspetto commerciale del suo acquisto non può essere sottovalutato, specie in un momento tanto difficile per il Milan e il calcio italiano. Ma non è assolutamente preminente rispetto al valore tecnico, e la sua carriera è lì a mostrarlo.
La storia di Honda inizia a Settsu, città di 85.000 abitanti, all’interno della prefettura di Osaka, il 13 Giugno del 1986. Dopo i primi passi da calciatore in squadre locali, l’esordio in gare ufficiali avviene nel 2004, in una gara di Coppa dell’Imperatore, con la maglia del Nagoya Grampus. Keisuke è ancora uno studente, ed ha solo 18 anni. Dalla stagione successiva si impone come titolare e dal 2005 al 2007 colleziona 90 presenze e 11 gol nella J-League e 15 presenze e 2 gol nella Coppa Nazionale. Nel 2008 viene acquistato dal Venloo, ma l’approccio col calcio europeo non è dei più fortunati. Al termine della stagione, infatti, i gialloneri retrocedono, perdendo lo spareggio salvezza con l’ADO Den Haag. Honda metterà insieme 14 presenze, con soli 2 gol, a causa di un infortunio che lo tiene lontano dal campo per diversi mesi. Nella stagione successiva si impone come leader, con 16 gol trascina il Venloo alla vittoria del campionato, riportando la squadra in Eredivisie e guadagnandosi la fascia di capitano. Nel 2009-2010 in 18 presenze nella massima divisione olandese, mette a segno altre 6 reti, prima di passare, nel mercato di Gennaio, al CSKA Mosca. In Russia si consacra come uno dei talenti più interessanti del panorama europeo ed internazionale, grazie alla vetrina europea assicurata dalle partecipazioni alla Champions League e all’Europa League con la squadra dell’esercito russo. Il bilancio della sua esperienza moscovita è significativo: in tre stagioni complete, avendo disputato solo metà stagione sia nel 2010-2011 che nel 2013-2014, arricchisce il palmarès vincendo un campionato, due coppe nazionali e una supercoppa nazionale, mettendo a segno 20 gol in 94 presenze nella Premier russa e collezionando 21 presenze nelle Coppe europee, con 5 reti.
Questi dati tuttavia non sono sufficienti, perché la caratura di Honda si evidenzia ancor più considerando l’esperienza in nazionale. Faro della Nazionale di Zaccheroni, fulcro del gioco corale dei Blue Samurai che hanno impressionato alla recente Confederations Cup, Honda è un leader di lungo corso, trascinatore del Giappone già ai Campionati del Mondo in Sudafrica, con tre reti in quattro partite, miglior giocatore della Coppa d’Asia vinta nel 2011, dopo 7 anni di digiuno, nonché grande protagonista del girone di qualificazione ai prossimi Campionati del Mondo in Brasile, con 4 reti (secondo marcatore dopo Okazaki, con 6). Complessivamente vanta 52 presenze e 20 reti con la nazionale maggiore, nonché 19 presenze e 5 reti con le nazionali giovanili, Under 20 e Under 23.
Lasciando da parte numeri e statistiche, quello che colpisce di Honda è la grande duttilità ed adattabilità. Nasce da trequartista puro, classico numero 10, alle spalle di due punte o di una punta unica, ma è ugualmente abile sia partendo largo da sinistra che, ancor meglio, da destra, accentrandosi per rientrare sul suo sensibilissimo piede mancino. Inoltre, in Nazionale – in occasione dei Mondiali del 2010 – ha anche giocato da prima punta, facilitato da un fisico atipico per gli asiatici (1,83 centimetri di altezza per 76 chilogrammi), che lo rende più resistente e valido nei contrasti e nella difesa del pallone. La sua intelligenza tattica ricorda molto quella di Park-Ji-Sung, e in generale quella tipicamente asiatica. Pur essendo infatti un centrocampista di propensione offensiva, ha una grande predisposizione al sacrificio e ad aiutare la squadra in fase di non possesso. Non è da escludere quindi che, grazie a queste doti, si possa azzardare un suo utilizzo da mezz’ala, considerando la disperata ricerca di un giocatore abile in entrambe le fasi, in un ruolo così delicato, da parte di Allegri.
Ovviamente, nel Milan attuale si collocherebbe senz’altro nell’albero di Natale, insieme a Kakà a ridosso di Balotelli, per quanto sia innegabile che le sue caratteristiche di imprevedibilità e di velocità di pensiero ed esecuzione sarebbero maggiormente esaltate dall’agognato 4-2-3-1. In particolare, come detto, partendo dall’esterno destro, sarebbe senz’altro avvantaggiato nel rientrare in mezzo al campo, per poi cercare il tiro o il passaggio filtrante, qualità in cui il ragazzo eccelle, avendo una naturale predisposizione a cercare sempre la giocata a testa alta. La grande visione di gioco è, infatti, un’altra sua prerogativa, se non la migliore. Abile a giocare nello stretto, a lanciare e passare di prima, sarà indubbiamente un toccasana per l’asfittica manovra rossonera, che nella zona nevralgica vive solo ed esclusivamente delle giocate di Kakà, effettuate però a velocità infintamente ridotta rispetto ai tempi d’oro.
Altro elemento da considerare è la pericolosità sui calci piazzati, vera specialità del giapponese, che ha regalato perle di rara bellezza sui tiri da fermo, sia nei club che in nazionale. Alternativa quantomai gradita, considerando che attualmente gli unici mancini in rosa tra titolari e primissime alternative sono Muntari, Emanuelson, Constant e Birsa. Cosa che costringe a far battere sistematicamente ad un destro anche le punizioni che andrebbero battute da un sinistro, per essere più pericolose e imprevedibili.
Oltre i fattori tecnici, non si può ignorare il valore umano. E questo è l’aspetto per il quale il Milan e i suoi tifosi possono avere solo delle solide certezze. Honda è un professionista modello, si allena con costanza e dedizione, conduce una vita privata impeccabile, mai sopra le righe, sistematicamente lontana dai riflettori e dagli ambienti glamour. In campo si distingue per la grande correttezza: dal 2004 ad oggi non è mai stato espulso, in nessuna competizione, né con la Nazionale né con le squadre di club, ed è stato ammonito soltanto in 29 occasioni su 281 partite disputate. Elementi questi non di poco conto, considerando le numerose “teste calde” dello spogliatoio rossonero.
In conclusione, ci sono tutti gli elementi per poter confidare nell’apporto di Keisuke Honda, con l’augurio che possa diventare un leader sia in campo che all’interno degli equilibri di spogliatoio. Sperando che, al di là delle normali difficoltà che potrà incontrare, dalla lingua al diverso tatticismo del nostro campionato rispetto a Russia e Olanda, l’esempio del numero 10 possa portare benefici diffusi, migliorando i risultati sportivi e l’armonia dell’ambiente.
Benvenuto, Samurai, e buona fortuna.
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