Desaparecidos

L’infortunio subìto da El Shaarawy al rientro da un altro stop risveglia i fantasmi dell’ecatombe di problemi fisici che hanno segnato l’involuzione di Alexandre Pato, altro baby fenomeno tramite cui il cuore dei tifosi ha sperato di restituire un futuro dalle tinte forti ai vessilli sempre più sbiaditi.

Tra i due ragazzi prodigio vi sono parecchie analogie, ma anche profonde differenze, a cominciare da tempi e modi del loro arrivo al Milan.

Alexandre Pato (02/09/1989) è il più giovane ad aver segnato in una manifestazione FIFA ed ha vinto il Mondiale per Club prima di prendere la patente. Quando il Milan lo strappò all’asta ad altri grandi club europei -e alcuni minori come l’Inter- era talmente giovane da non poter essere tesserato. Stephan El Shaarawy (27/10/1992), invece, è stato acquistato in comproprietà dalla strampalata succursale genovese, dopo aver conquistato numerosi titoli giovanili e aver fatto gavetta in B.

Di conseguenza, Pato ha conquistato da sempre le prime pagine dei giornali, nel bene e nel male. Complice anche il mal di pancia della tifoseria, è stato sovraccaricato da ogni irragionevole aspettativa: “so chi vincerà il prossimo pallone d’oro”, “farà 30 gol in sei mesi”, “amenità varie”. Anche successivamente, il brasiliano ha fatto sempre parlare di sé: quando i risultati hanno iniziato a deludere è stato accusato di scarso professionismo, di essere un debosciato senza attributi né determinazione, di cullarsi negli allori forte della relazione con la figlia del padrun -relazione vissuta costantemente davanti alle telecamere-. Ancora nel 2013, Pato è stato proclamato bidone d’oro e definito un pensionato di 24 anni.

Il faraone, invece, ha avuto da subito un profilo decisamente più modesto, in evidente contraddizione con l’imponenza del soprannome. L’inserimento è stato graduale e progressivo: ha avuto tutto il tempo di imparare e di sbagliare. Non gli è stato chiesto di risolvere la fame nel mondo, e se in alcune circostanze ha deluso le attese non è stato additato come responsabile della carneficina di San Bartolomeo. In altri termini, non gli sono stati rotti i coglioni. Dal canto suo, si è sempre mostrato piuttosto riservato, per quanto possa esserlo una star ventenne nell’era dei social network, con l’eccezione della cura maniacale dedicata al proprio look, che lo ha reso un’icona della pettinatura, laddove Pato era solito esibire un aspetto trasandato tanto in voga tra gli intellettualoidi hipster proliferati negli anni successivi.

Ma i due non sono solo arrivati in maniera diversa, bensì anche in epoche diverse: Pato ha giocato in un Milan di grandi campioni, anche se in là con gli anni; El Shaarawy è tutt’ora parte di un’armata Brancaleone post-rivoluzionaria allestita alla meno peggio tra vari stock e discount. Per tutta risposta, Pato ha dato il meglio di sé quando il Milan girava a mille e giocava al suo servizio, ma si è ripetuto quando la competitività della squadra andava degradandosi e gli si chiedeva il salto di qualità. Al contrario, El Shaarawy ha mostrato il meglio quando il Milan barcollava vittima dei tanti colpi incassati ed era allo sbando sotto il profilo tecnico e psicologico: è stato lui a caricarselo in spalle e portarlo a casa.

In campo, il faraone fa del dinamismo e del gran contributo in fase di ripiegamento le sue doti migliori, mentre il papero a suo tempo sbalordiva per rapidità nel dribbling e percentuale realizzativa; anche in conseguenza di ciò, il faraone predilige una posizione arretrata e decentrata rispetto al papero. Nonostante ciò, le analogie non sono poche: entrambi preferiscono partire dalla corsia sinistra in modo da rientrare per calciare di destro. Inoltre, sono entrambi più efficaci quando dispongono di metri in cui liberare la poderosa accelerazione (ci si riferisce evidentemente al primo Pato..). Infine, entrambi soffrono la presenza di una punta accentratrice di gioco, anche se occorre precisare che il faraone pare aver un buon rapporto personale con Balotelli, mentre il papero veniva costantemente ed impietosamente mandato a quel paese dal poco socievole Ibrahimovic.

Le analogie, purtroppo, non si esauriscono nelle zone d’azione o nelle percentuali realizzative. Ambedue sono stati vittima di una catena (quella di Pato interminabile) di problemi fisici. Ed entrambi lo hanno fatto dopo essere stati massacrati di lavoro in palestra per svilupparne la massa muscolare, anche se, nonostante le precise accuse rivolte dal brasiliano allo staff medico rossonero, non è stato dimostrato un legame tra i due eventi. A tale proposito occorre precisare che attorno agli infortuni del brasiliano si è sviluppata una densa coltre di fumo e non si è in grado di stabilire se la mancanza di chiarezza fosse un fatto voluto o se diversamente lo staff non sapesse che pesci pigliare. La situazione del faraone non pare così grave, o almeno questo è quanto si spera vivamente. In secondo luogo, di entrambi i giocatori si sono perse le tracce dopo che è sfumata un’operazione di cessione, nel caso di Pato per volontà presidenziale, nel caso di El Shaarawy per volontà faraonica.

Passate in rassegna le inquietanti analogie e le profonde diversità, speriamo di poter presto archiviare tra queste ultime l’epilogo delle due storie, e speriamo che in futuro il faraone possa restituire le abituali tinte forti a vessilli mai così sbiaditi, magari già dal 2014.

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