I numeri dell’austerity

Che ricordi evocano i nomi Gilardino e Jankulovski? Disfatte? Improperi? Ciabatte scagliate al televisore? Anche.. Ma anche l’ultima sessione di mercato in cui abbiamo speso per acquistare calciatori nel fiore dell’età, funzionali all’impianto di gioco e senza magagne più o meno malcelate. Era l’estate 2005. Poi l’austerity ha fagocitato Via Turati come il nulla de “La storia infinita”. L’estate successiva Stam, Rui Costa e Shevchenko hanno lasciato il posto a Bonera, Gourcuff ed Oliveira, porca troia.

Una tediante litania di lamentele contro fair play finanziario e varie problematiche di natura normativa e fiscale, strumentalizzate da campagne mediatiche sapientemente orchestrate, hanno persuaso il popolo rossonero dell’assoluta necessità di adottare misure di austerity.

Ricordo nitidamente un entusiasta articolo della Gazzetta sul risparmio di risorse consentito dalla contemporanea partenza di Maldini, Kaka, Beckham e Shevchenko, il senso di liberazione all’addio della decotta colonia brasiliana composta da Emerson, Ronaldo, Cafu e Serginho, l’accoglienza della rivoluzione d’estate 2012 come l’alba di una nuova era. Ma ogni anno i conti continuano ad essere in rosso e non si riescono ad intravedere i benefici finanziari di tutti questi tagli. Perché? Quando riusciremo a ripartire con una gestione equilibrata e risorse da spendere sul mercato?

Ho cercato le risposte nei bilanci dal 2007 al 2012. Sfortunatamente, alcune abominevoli caratteristiche strutturali (patrimonio netto negativo, perdita sistematica, rigidità degli impieghi, totale discordanza tra valore tecnico e contabile del parco calciatori ecc.) frustrano qualsiasi analisi per indici e flussi, tuttavia, pur senza strumenti particolarmente raffinati ho ricavato parecchie informazioni.

Partiamo dal risultato d’esercizio, fortemente altalenante ma sempre accomunato dal segno meno: oltre 250 mln bruciati in sei anni (2007: -32, 2008: -67, 2009: -10, 2010: -70, 2011: -67 e 2012: -7). A fare il bello ed il cattivo tempo (o meglio, più o meno cattivo..) sono le plusvalenze per cessioni calciatori: 74 mln nel 2009, 53 nel 2012, tra cui Thiago Silva (+35), Ibrahimovic (+8), Cassano (+4, magie della contabilità..).

I proventi da gare e abbonamenti si mantengono sostanzialmente stabili (circa 29 mln, pari al 10% dei ricavi). Nel biennio 2008-2009 (in cui si è disputato la Coppa Uefa) tali incassi hanno subito un netto calo, compensato da una lunga serie di amichevoli di lusso (alcune all’epoca discusse poiché a stagione in corso). Nel medesimo periodo giù anche i proventi da sponsorizzazioni (-5 mln, calo del 16%), risaliti negli anni successivi fino al livello “abituale” di circa 34 mln (12% del fatturato).

Le entrate che fanno la parte del leone sono “proventi commerciali e royalties” (da 26 mln a 44 in 5 anni) e “proventi da cessione diritti audiovisivi”, che valgono assieme oltre la metà del fatturato.

I primi contengono: introiti pubblicitari (29 mln nel 2012 contro i 12 del 2007, grazie a importanti partnership con marchi come Dolce & Gabbana, Intesa San Paolo, MSC, Sony e Volkswagen), ricavi dalla gestione commerciale ed extra-sportiva dello stadio San Siro (costantemente sui 6 mln), merchandising, licencing e barter con Adidas e Volkswagen (entrate raddoppiate da 5 mln nel 2007 a 10 nel 2012).

I diritti audiovisivi, all’apice nel 2007 (155 mln, 73 dei quali corrisposti da Sky, 27 da Mediaset e 48 dalla U.E.F.A.), crollano nel 2008 a quota 122 mln (-21%). Il generoso aumento erogato da Mediaset (da 27 a 37 mln) compensa solo parzialmente la riduzione dei diritti U.E.F.A. (da 48 a 7 mln). Tale voce tocca il minimo nel 2010: 109 mln, -30% rispetto al 2007. A fine 2012, i quasi 140 mln incassati (55 dalla U.E.F.A.) costituiscono un bel risultato: difficile convincere un ipotetico osservatore che solo un anno dopo le sue speranze saranno riposte in Birsa.

Nel 2008 la società ha realizzato un archivio storico delle immagini televisive (c.d. “Library Milan”) destinato a produrre frutti negli anni a venire grazie alla concessione di licenze e diritti. Nel 2009 la società ha ricavato quasi 16 mln grazie alla cessione a RAI e Mediaset delle partite casalinghe relative a specifiche stagioni sportive; altri 6 mln nel 2012. Tale archivio è destinato ad autoalimentarsi in funzione delle partite disputate dalla squadra.

Tra i costi non si può che cominciare da quello del personale, che costituisce mediamente il 58% del totale dei costi e include, oltre a calciatori e staff tecnico, oltre 200 dipendenti.

Le cessioni di fuoriclasse ed il ricambio generazionale effettuato al discount non hanno contenuto il costo del personale. Tale voce sale di oltre 10 mln tra il 2007 e il 2008 (da 166 a 176 mln). Nel 2009 l’aumento è di soli 2 mln, ma il 2010 grida vendetta: +14 mln, per un totale di quasi 193 mln. Aumento vertiginoso anche nel 2011, che porta il monte stipendi oltre quota 206 mln. Nel 2012 si verifica un drastico calo (183 mln, -23 rispetto all’anno precedente), e la rivoluzione estiva riverbera i suoi effetti solamente sul secondo semestre. Tuttavia, con i successivi arrivi di Balotelli, Kaka e Matri a fronte della cessione di Pato e Boateng tale voce potrebbe tornare a salire.

In tutte le stagioni il club sostiene quasi 50 mln di costi per servizi, tra cui:

– “costi generali attività sportiva” (15/20 mln), contiene consulenze tecnico/sportive per l’acquisto di calciatori e costi per l’osservazione (mediamente 6 mln), costi per agenti, bonus ad altre squadre, spese per staff medico-sanitario (mediamente 3 mln) e premi assicurativi (mediamente 2 mln); la nota integrativa è piuttosto riservata, qualche dettaglio in più non avrebbe guastato..

– “pubblicità e propaganda” (mediamente 4 mln);

– “consulenze e collaborazioni” contiene i compensi elargiti ai lavoratori autonomi per consulenze legali e notarili, amministrative e fiscali, commerciali e di comunicazione, tecniche ed altre, provvigioni ad intermediari. Tale voce scende da 8 mln di inizio periodo ai 5 mln spesi nel 2012.

– “altri costi per servizi” principalmente riconducibili alla gestione dello stadio San Siro ed alla digitalizzazione delle immagini d’archivio. Tale voce sale dai 3 mln di inizio periodo ai 9 mln spesi nel 2012.

Gli ammortamenti aumentano costantemente di anno in anno (+20 mln dal 2007 al 2013), di pari passo con il valore contabile del parco giocatori (riflesso della sostituzione di calciatori completamente ammortizzati con nuovi acquisti) ed in maniera inversamente proporzionale al valore tecnico del parco giocatori (magie della contabilità, capitolo secondo).

Elevato -ed in ulteriore crescita- è il peso degli oneri finanziari (mediamente sui 10 mln, oltre 13 nel 2012). Contemporaneamente, vengono praticamente azzerati i crediti verso altre società per la cessione di calciatori (quasi 81 mln a fine 2009, nemmeno uno a fine 2012) segno che verosimilmente la società ha scontato tali crediti presso istituti bancari. L’esposizione debitoria verso banche ne ha beneficiato. Ma è ancora allarmante l’ammontare dei debiti verso società di factoring: costantemente oltre 100 mln (134 a fine 2008) di debiti per l’anticipo di futuri crediti di natura commerciale. In altri termini si è già speso quanto guadagneremo negli anni a venire, benvenuti in Italia.

Gli emolumenti ad organi sociali (Amministratori, Sindaci, Organi di Vigilanza e Controllo) ammontano a circa 2 mln annui.

Durante l’arco temporale 2007-2012 aumentano in maniera costante e vistosa gli investimenti nel settore giovanile: il massimo viene toccato nel 2011 (8,4 mln contro i 4,4 investiti cinque anni prima). Strategia assolutamente apprezzabile, ogni grande club europeo produce ottimi talenti nella propria scuola calcio.

In conclusione questa politica di downsizing inizia solo ora a produrre i primi -timidi- effetti positivi. Considerando che il revirement è iniziato da oltre sei anni, la performance è piuttosto deludente, probabilmente anche a causa del fatto che la terapia è stata seguita in maniera incostante e confusionaria. Al di là di qualche interessante e proficua intuizione commerciale, la ricerca dell’equilibrio finanziario è, ahimè, molto lontana dall’essere conseguita.

La comprensibile perdita di entusiasmo della tifoseria ed il deterioramento dei risultati sportivi non sono di buon auspicio per il futuro. Non resta che seguire le evoluzioni in corso all’apice della piramide e sperare che i nuovi vertici si rivelino dei manager capaci, in grado di produrre risultati apprezzabili anche in tempi di austerity e non solo disponendo di budget faraonici. Stiamo a vedere..

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