In queste ore di patimenti estremi per quanti hanno a cuore le sorti della compagine rossonera, appare ormai evidente a tutti il fatto che la capretta livornese ci debba lasciare, qualcuno dice subito, qualcun altro a luglio, qualche temerario che si conta sulle dita di un monco addirittura afferma che sia inutile cambiare allenatore.
Al di là di queste diatribe si discute sugli eventuali sostituti, e ligi alla solita pappardella del “Milan ai milanisti” fra i nomi più gettonati ci sono quelli di Clarenzio Seedorf e di Pippo Mio Inzaghi, ed è proprio su quest’ultimo che vorrei soffermarmi. Io ho una mia idea, ovviamente discutibile come tutte, e cioè che una persona come Inzaghi, con le caratteristiche tecniche e caratteriali che aveva da giocatore, improntate a mio parere all’individualismo più sfrenato, inteso non in senso tecnico ma all’anteposizione dell’affermazione individuale al risultato collettivo della squadra, all’esaltazione del concetto di opportunismo contrapposto ad un criterio di collettivismo e di versatilità calcistica che sta, credo, alla base della mentalità delle maggiori realtà calcistiche attuali, non possa diventare un allenatore di grande livello.
Laddove ovviamente per grande livello si intende la capacità di dare un’impronta tecnica e caratteriale ben definita alla propria squadra, di trasmettere non solo la fame di vittoria e di affermazione di cui lui era indubbiamente abbondantemente fornito, ma anche il modo di stare in campo, di aiutarsi e soccorrersi vicendevolmente, di saper creare situazioni di gioco favorevoli dal nulla, lui che è sempre stato uno che non ha mai creato niente ma ha spesso e quasi esclusivamente vissuto sull’errore altrui o sulla capacità istintiva di cogliere la situazione favorevole.
Attualmente gli allenatori che vanno per la maggiore sono i Guardiola, i Klopp, i Conte (ebbene sì, anche se è dura ammetterlo…), i Simeone, i Mourinho, i Garcia, gli Ancelotti (sigh..), tutta gente che o è stata a grandi livelli calcistici, ma esempi emblematici del calcio universale contrapposto a quello individuale, per intenderci i cosiddetti allenatori in campo, oppure gente che ha giocato poco e male ma è arrivata a grandi livelli grazie alla voglia di studiare, di aggiornarsi, di conoscere, e di raggiungere traguardi impensabili giocando semplicemente a pallone.
A me Inzaghi non è mai piaciuto come giocatore perchè mi ha sempre dato l’idea di uno che pensasse principalmente a se stesso, uno che faceva tripli salti mortali se segnava il quinto gol di una partita vinta 5-0, ma faticava a complimentarsi con Sheva se l’ucraino la metteva e si vinceva 1-0. Aveva l’istinto del killer in area, sapeva prima dove andava il pallone, ma queste non sono doti che si possono insegnare, o si hanno o non si hanno, mentre si può sicuramente insegnare come stare in campo, come organizzare una fase difensiva efficace a partire dagli attaccanti, come costringere l’avversario a giocare in continuo affanno orchestrando un pressing organizzato ed armonico, tutte cose che a mio modesto parere si conoscono e si insegnano più efficacemente se fanno già parte del proprio bagaglio calcistico e della concezione stessa che si ha di questo sport.
Inzaghi è uno che se fosse dipeso da lui sarebbe ancora lì a 40 anni a smadonnare dietro i segnalinee e a vivere sull’orlo del fuorigioco, se allena è perché c’è un dirigente che conosciamo bene che per lui stravedeva e che è convinto che basti aver giocato nel Milan, aver fatto diecimila interviste nella sala del caminetto, o semplicemente aver fatto parte di un ciclo vincente, per potersi trasformare come per incanto in grandi allenatori e perpetrare quindi questa favola all’infinito.
Io sono di quelli invece che pensa che la favola sia finita e che sia ora di cambiare musica, suonatori e spartito, io non sono per il Milan ai milanisti, io sono per il Milan a chi dimostri di meritarlo e che sia in grado di far crescere questa squadra cambiando anche le carte in tavola, se necessario, e sono convinto lo possa fare con maggiore efficacia chi ci arriva da neofita ambizioso piuttosto che da reduce vetusto e medagliato.
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