Se il sistema della Giustizia, giudici e avvocati, non gode di buona stampa sin dal 1600 di Jonathan Swift, ci sono numerosi e validissimi motivi.
La giustizia sportiva non ha e non può avere la medesima importanza di quella civile e penale, dato che si occupa di quelli che sono “giochi”.
Ma non può diventare una barzelletta.
Non può, perchè la credibilità di un sistema si fonda in primo luogo sulla serietà, autorevolezza, indipendenza, obiettività, equilibrio e soprattutto imparzialità del suo meccanismo giudiziario.
Il meccanismo giudiziario del calcio in generale, e in Italia in particolare, non brilla per nessuna delle caratteristiche sopra elencate.
Non siamo idealisti, e siamo purtroppo abbastanza vecchi (vecchissimi) da non cullare più l’illusione che sia possibile una Giustizia con la maiuscola, ma se determinati limiti vengono superati, per stupidità o malafede che sia, il collasso del giochino può diventare imminente.
La filiera calcistica parte dai direttori di gara, e la pervicacia con cui chi decide rifiuta categoricamente di utilizzare quegli strumenti tecnologici che permetterebbero di limitare gli “errori” delle quaterne arbitrali è sempre più simile, ormai, alla pura e semplice dichiarazione di voler mantenere il potere di influenzare i risultati.
Non è altresì più accettabile che la discrezionalità degli arbitri possa spaziare dalla completa sordità all’udibilità degli ultrasuoni, dalla cecità alla visione di organismi monocellulari, provocando “inevitabili” decisioni di assoluta disomogeneità da parte dei Giudici sportivi su casi assolutamente identici ed esiti diametralmente opposti sul campo di gioco, in situazioni analoghe.
Salendo qualche gradino, le norme sportive non possono essere stupide. Ed è stupidissima (da moltissimo tempo) la norma sulla responsabilità oggettiva, e questa alzata d’ingegno sul “razzismo territoriale” (si sta parlando di cori di tifosi …) non è che il punto esclamativo in fondo alla frase “ma che stronzata!”.
Ma ciò che violenta, più di ogni altra cosa, quel senso di minima decenza che dev’essere mantenuto, per consentire a milioni di appassionati di continuare almeno a fingere che il calcio sia uno sport e che alla fine vinca il migliore, sono la palese, reiterata, spudorata parzialità e il disinvolto opportunismo con cui le norme, giuste o stupide, vengono tutelate e applicate.
Non siamo più, come detto, né giovani né ingenui, purtroppo. Siamo consapevoli tanto degli interessi miliardari interni del calcio quanto dei suoi riflessi sociali e degli interessi economici (sempre miliardari) che vi stanno dietro. Del resto, la Famiglia più potente d’Italia e l’imprenditore più rampante e disinibito d’Italia non vi sarebbero mai entrati, se così non fosse.
Siamo altrettanto consapevoli che, di quegli interessi, sono principali (per numero) sostentatori i tifosi della squadra più gobba d’Itaglia, e che gli altri, pur numerosi come cacciaviti e bauscia (per finire a lupacchiotti e aquilotti, passando per ciuchini), vengono a loro volta tutelati e allettati ma, progressivamente, con intensità e frequenza decrescente.
Ma nel momento in cui norme stupidissime vengono non solo stolidamente applicate ma addirittura applicate selettivamente, con “ispettori” dall’udito finissimo che sentono cori di una cinquantina di persone dentro uno stadio in cui in 40.000 urlano di tutto (lo dicono le sanzioni, sempre solo pecuniarie, e le numerosissime diffide, mai seguite da squalifica, comminate negli ultimi due anni) nella più completa sordità dei medesimi “ispettori”, e nel momento in cui un giocatore (cretino) viene (giustamente) squalificato per aver tentato di dare un pugno a un altro giocatore, il quale non solo da anni si rende protagonista di episodi analoghi (cercare sul tubo, se si manca di memoria), ma che addirittura può permettersi di scapicollarsi in campo dalle tribune per urlare all’arbitro di tutto, senza che nessun “ispettore” (per tacere del medesimo arbitro) se ne curi … beh, cadono le palle.
E quando cominciano a cadere le palle, significa che la gente si sta stancando del giochino.
Perché la regola è sempre solo una: per prendere per il culo, bisogna farlo bene, con eleganza, e nella giusta misura. Se si esagera, per spudoratezza o per stupidità, è facile che qualcuno si irriti.
A ragione.
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