La cortina fumogena

L’illusionista per eccellenza potrebbe senz’altro individuarsi nello statunitense David Copperfield: i suoi numeri, i suoi spettacoli, famosi in tutto il mondo, hanno probabilmente influenzato ed ispirato anche la dirigenza rossonera, in particolare il nostro amministratore delegato.

Non occorre, infatti, entrare rigorosamente nel merito della conduzione delle recenti campagne acquisti, o di quella appena terminata, per individuare nell’ affaire – Kakà il “capolavoro” assoluto di Galliani. Ceduto per una cifra astronomica, ripreso praticamente in regalo, con qualche bonus eventuale da elargire al Real. Le conseguenze non potevano essere di poco conto. Boom di mini-abbonamenti per la Champions League, ego in risalita, petti gonfi e dichiarazioni tronfie, l’operazione ha riportato nell’ambiente una verve per certi versi inaspettata. Senz’altro per chi, come il sottoscritto, pensava (e sperava) che il popolo milanista fosse finalmente stufo delle cortine fumogene innalzate per nascondere l’assenza di un progetto a lungo termine, e per conseguenza, di un futuro, roseo o meno che fosse. E a nulla è servito illudersi, in maniera effimera, alla vista di una curva tornata a contestare le scelte insensate di mercato. Il tutto è durato talmente poco, da essermi convinto di averlo probabilmente sognato. Con annesse smentite e cambi di versione da parte degli “ultras” in merito alle loro stesse affermazioni.

Non si può, pertanto, ignorare la genialità di chi, anche stavolta, è riuscito a nascondere le magagne della propria ed evidente mala gestio. Infatti, nessuno o quasi nell’ambiente pare chiedersi quale sia lo stato effettivo di forma del figliuol prodigo, rientrato all’ovile dopo quattro stagioni di sostanziale fallimento in terra iberica, giusto per chiamare le cose con il loro vero nome. Inoltre non sembrano esserci dubbi sull’utilità di un cambio di modulo, l’ennesimo, a stagione peraltro già iniziata, dopo aver insistito, durante la preparazione, sullo schema utilizzato nella scorsa stagione. Varrà o meno la pena mescolare le carte in tavola per un calciatore, ormai trentunenne, che non offre garanzie di affidabilità fisica sul lungo periodo? Varrà o meno la pena segare, a conti fatti, il tanto denigrato Stephan El Shaarawy, entrato e uscito dalla grazia dei “tifosi” e dell’ambiente nell’arco di un battito di ciglia? Ancora, varrà o meno la pena aver investito cifre di un certo peso per avvalersi delle prestazioni sportive di una riserva della Juventus, nell’ottica di una società che lamenta – ogni qual volta ce ne sia occasione – la mancanza di liquidità per intervenire sul mercato? E per restare nello stesso ambito, varrà o meno la pena di aver investito certe cifre per l’ingaggio dello stesso Kakà, considerando la relativa impossibilità di cessione qualora la scommessa si rivelasse perdente?

Tutte questioni che sembrano non avere alcuna importanza, bollate come figlie di un bieco disfattismo a prescindere, tipico di quegli ingrati che non hanno cuore, non hanno sogni, non hanno emozioni, neppure di fronte a certi ritorni da parabole bibliche (e il riferimento, mi perdonerete, è quanto mai doveroso). Il numero 22 è tornato, l’usurpatore cattivo del numero 10, causa di tutti i mali, è stato ceduto. E tanto basta.

Eppure, chi si sforzasse a guardare tra il fumo, non farebbe fatica a notare le incongruenze del fantomatico progetto giovani, sventolato e osannato quale soluzione del momento di crisi, e nel nome del quale i maggiori esborsi monetari sono stati fatti per un calciatore di 29 anni e un altro di 31, nell’estate che, pure, doveva essere in tal senso quella della svolta e della definitiva ripartenza. Difficile, del resto, trovare corrispondenza nei fatti anche ai propositi tattici che avrebbero dovuto, sempre per bocca dei nostri dirigenti, portare tutte le formazioni giovanili a giocare con lo stesso modulo della prima squadra, per avere giocatori già pronti. Ad oggi non si comprende, infatti, come possano formarsi dei giocatori, in tal senso, se la volubilità in ordine alle intenzioni tattiche è all’ordine del giorno, dovendo sottostare a capricci presidenziali, o a strategie precise di illusionismo mediatico e dovendo fare i conti con la sistematica incertezza attorno alla figura dell’attuale tecnico. E neppure si comprende, in quest’ottica, il ruolo che dovrebbero avere giovani come Cristante, o lo stesso Petagna, riempiti di elogi fino a poche settimane fa, ma a conti fatti utilizzati con il contagocce nel precampionato, il primo, o ceduti in comproprietà per far spazio a Matri, il secondo. Per tacere di Saponara, il quale, al di là dei fastidi fisici per i quali non si può, ovviamente, incolpare nessuno, avrà sicuramente più di un problema nel cercare di imporsi in prima squadra, dopo il ritorno dell’ex Real Madrid.

A guardare bene, in sostanza, la svolta pare non esserci. Ma il tutto, ancora una volta, è stato celato con abile maestria. Quel che resta sono soltanto elogi sperticati, senza possibilità di critica. Almeno fino a quando il fumo non si sarà diradato. Allora però, potrebbe essere troppo tardi. E le occasioni perdute stanno ormai iniziando a fare invidia alla bacheca dei successi.

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