Oggi Kakà giocherà la prima amichevole dopo il suo ritorno in maglia rossonera. Il Milan, come al solito esemplare dal punto di vista della comunicazione, ha organizzato alla grande l’attesa, l’accoglienza e la presentazione del figliol prodigo ritornato all’ovile.
Sotto l’aspetto tecnico, questa operazione ha grossi punti di domanda. Kakà non è un giocatore integro, avrà comunque uno stipendio alto, ha 31 anni ed il meglio è abbondantemente alle spalle. Può avere ancora la classe per fare la differenza in A, ed il Mondiale casalingo è un enorme stimolo, ma il rischio flop è concreto. Inoltre, l’operazione ha sottratto risorse a ruoli in cui il Milan avrebbe avuto più bisogno di rinforzarsi.
Dal punto di vista mediatico, invece, questa operazione è un capolavoro. Kakà è un grande nome, preso quasi gratis, e con un ingaggio inferiore alla metà di quanto prendesse a Madrid. Cose già più che sufficienti per la solita serie di lodi al “Re del Mercato”. Galliani, inoltre, ha voluto puntare sul lato emotivo, facendo affiorare i ricordi del giocatore che il brasiliano è stato durante la sua precedente esperienza rossonera, del rapporto speciale con il pubblico milanista. Kakà è un po’ il simbolo dell’ultima grande impresa del Milan, quella Champions vinta da una squadra già in netta fase calante, ma in grado di tirar fuori l’orgoglio e la classe nelle 3-4 partite che servivano per portare a casa la coppa con le grandi orecchie.
Inoltre, non c’è niente da fare, il grande nome, anche se in declino, ha sempre fascino, probabilmente anche per gli sponsor. Ed il Milan, soprattutto da quando non è più in grado di competere per il meglio che c’è sul mercato, ha ceduto spesso al fascino dei calciatori con passato glorioso, presente mediocre e futuro incerto. Scommesse, che sono state a volte vinte ed a volte perse. Analizziamole nei dettagli, restringendo il cerchio agli ultimi 10 anni.
Cafù (2003-04)
Grandissimo terzino destro, polmoni d’acciaio e grande propensione offensiva, ma tosto anche in fase difensiva. Due volte campione del mondo con la sua Nazionale, vincitore di tutto il possibile con la maglia del San Paolo, grandi prestazioni a Roma, in cui in 6 anni vince anche uno storico scudetto. A 33 anni, i giallorossi lo ritengono bollito e lo lasciano andare via a zero. Se ne pentono amaramente. Cafù fa due grandissime stagioni in rossonero, dando più imprevedibilità alla manovra rossonera con la sua decisiva spinta sulla fascia destra.
Protagonista dello scudetto ancelottiano proprio ai danni della Roma e della sfortunata stagione successiva, vince anche una Champions, pur diventando, da gennaio di quella stagione in poi, la riserva di Oddo. Tralasciando l’accanimento terapeutico (gli è stato rinnovato il contratto per almeno una stagione in più del necessario), la scommessa è da considerarsi senz’altro VINTA.
Hernan Crespo (2004-05)
Arriva in Italia giovane, ed è subito un goleador di razza con le maglie di Parma e Lazio. Dopo un anno dai cugini, va al Chelsea e soffre le pene dell’inferno, soprattutto a causa di guai fisici. Galliani lo prende a 29 anni, in prestito gratuito dagli inglesi. Ancelotti, già suo mentore a Parma, lo aspetta, dandogli fiducia anche durante i primi, difficili, mesi. Viene ripagato da un grandissimo girone di ritorno, in cui l’argentino torna quello dei tempi migliori. Goal pesanti, soprattutto in Champions, la sua doppietta ad Istanbul avrebbe meritato miglior sorte. Scommessa VINTA, anche se il mancato riscatto la attenua un po’.
Christian Vieri (2005-06)
Centravanti di grandissima forza fisica, esplode nell’Atletico Madrid, fa una buona stagione alla Lazio in cui sfiora lo scudetto, poi viene ceduto all’Inter, in cui dà il meglio. Ottimi anche i suoi Mondiali, ma ha una carriera da perdente di successo. Viene accantonato all’età di 31 anni dall’Inter per l’emergere di Adriano, lui rescinde e trova l’accordo con il Milan. Dura metà stagione, in cui il campo lo vede proprio poco. Scommessa PERSA.
Ronaldo (2006-07)
Uno dei più grandi calciatori della storia, a 18 anni segna già un goal a partita in Olanda, a 20 anni fa la differenza a livello assoluto con il Barça, a 21 ha la malaugurata idea di trasferirsi all’Inter, in cui solo una serie di arbitraggi diciamo “discutibili” gli impedisce di vincere uno scudetto quasi da solo La coppa Uefa è stata solo una parziale consolazione.
Attaccante devastante, mix di tecnica sopraffina, velocità pazzesca e potenza. Gioca indifferentemente centravanti o seconda punta ed è quasi impossibile da fermare quando parte palla al piede. Poi, una serie di infortuni gravissimi, carriera a rischio, ci mette anni per ristabilirsi. Una volta guarito, trova il tempo di piangere il 5 maggio e di vincere un Mondiale da capocannoniere, prima di trasferirsi a Madrid.
In Spagna, nonostante il suo fisico non fosse più quello pre-infortuni, segna molto. La sua micidiale progressione è andata, ma lo scatto sul breve e la tecnica rimangono, e Ronaldo si trasforma in un centravanti puro, letale negli ultimi 30 metri. Con gli anni, la sua mobilità continua a diminuire e Capello lo mette ai margini. Occasione d’oro per Galliani, che lo recluta, all’età di 29 anni. 8 milioni al Real, ingaggio alto, in linea con i senatori rossoneri. Primi 6 mesi buoni, in cui segna in media un goal ogni due partite e fa rifiatare i compagni impegnati nella conquista della Champions.
La stagione successiva è un calvario. Infortuni a raffica, solo sei presenze. Contratto lasciato scadere e scommessa PERSA.
Emerson (2007-08)
Uno dei migliori centrocampisti centrali della sua generazione. Sa fare un po’ di tutto, buon regista, bravo a recuperare palla ed ad inserirsi in zona goal, ma soprattutto giocatore tatticamente eccellente. Sempre al posto giusto e falli sempre ben spesi, con numero di cartellini che varia in funzione della maglia indossata. Non per nulla, Capello se l’è portato ovunque. Anche nella sua seconda esperienza madrilena, in cui vince lo scudetto da titolare, pur essendo detestato dal pubblico.
Con l’addio di Capello, viene messo ai margini, anche perché in netta fase calante, e Galliani non si fa scappare l’occasione. Sguinzaglia il fido Bronzetti e lo ingaggia, a 31 anni. Contratto pesante al giocatore, 5 milioni al Real, e definizione di mercato “sontuoso” da parte di Pellegatti. Purtroppo, però, il giocatore è bollito, il suo rendimento è meno che mediocre. Scommessa PERSA e quinto posto in campionato al primo anno, poi rescissione consensuale alla fine di una seconda stagione passata ai margini.
Ronaldinho (2008-09)
Giocatore fantastico, mezzapunta tecnicamente fenomenale. Fa ciò che vuole con la palla e, fin quando è stato accompagnato dalla mobilità, ha cambiato il volto alla propria squadra.
Si fa conoscere ai più nel Mondiale 2002, vinto da protagonista, ma la vera esplosione avviene al Barcellona, con cui vince tutto. I suoi ultimi due anni in Catalogna non sono eccellenti, costellati da problemi fisici e da grane di spogliatoio. Guardiola decide di farlo fuori, a 28 anni, e basare la squadra sull’astro nascente Messi. I risultati successivi gli danno una discreta dose di ragione.
Il Milan, dopo aver sproloquiato sul brasiliano per anni, fiuta l’occasione, e non se la fa scappare. 25 milioni per il cartellino, ingaggio da star e grandissima festa per il suo arrivo. Peccato che ormai il giocatore del Barcellona fosse uno sbiadito ricordo. Il Ronaldinho milanista gioca da fermo e, qualche volta, risolve le partite grazie alle sue giocate. Troppo poco per Ancelotti, che lo panchina senza tanti complimenti.
L’anno successivo, con la cessione di Kakà, Leonardo costruisce la squadra totalmente su di lui ed è ricambiato da una grande prima parte di stagione. Pur continuando a giocare da fermo, delizia la platea con grandi assist e giocate. Il prezzo da pagare per supportarlo è alto: centrocampo spompato, il centravanti che deve pensare come prima cosa a fare a botte e difendere. Una squadra del genere non avrebbe potuto mai vincere nulla, ma nei giornali emergono solo le giocate di fino del brasiliano. Persa la possibilità di giocare il Mondiale, Dinho finisce la stagione in calando.
L’anno successivo, con l’arrivo di Ibra e di un vero allenatore al posto del dirigente adattato Leonardo, Ronaldinho viene di nuovo messo ai margini e se ne va a gennaio. La scommessa su di lui, in ambito sportivo, fu PERSA.
Gianluca Zambrotta (2008-09)
Buon giocatore, umile, duttile, di gran corsa. Inizia la carriera da ala, poi nella Juve viene arretrato sempre più, fino a diventare un ottimo terzino, in grado di avere un buon rendimento su entrambe le fasce. Vince diversi scudetti con la Juve ed un Mondiale da protagonista, ma Calciopoli lo fa trasferire a Barcellona.
In Catalogna gioca titolare, poi viene considerato bollito a 31 anni e, sempre avvalendosi del fido Bronzetti, il Milan se lo accaparra. Credo che durante quell’estate il Barcellona abbia ringraziato calorosamente Galliani per prendersi i suoi scarti. Cartellino pagato 11 milioni, con ingaggio pesante. Prestazioni discrete al primo anno, panchinato da Antonini durante il secondo. Segni di bollitura evidenti, ma il prolungamento arriva lo stesso. Nel terzo anno si alterna con Antonini, nel quarto è un dolore vederlo in campo. Scommessa sostanzialmente PERSA.
Andriy Shevchenko (2008-09)
Uno dei più grandi attaccanti della sua generazione, senza dubbio il più completo. Ambidestro, gran tiro da fuori area, ma anche in grado di fare goal di rapina, valido di testa, veloce, gran dribbling, in grado di integrarsi con centravanti come Bierhoff o Crespo , con seconde punte come Tomasson o di fare l’unica punta. Giocatore meraviglioso, cresciuto nella Dinamo Kiev, e consacratosi al Milan.
In rossonero, prima fa da trascinatore in squadre oggettivamente scarse, poi rimane la stella anche quando il Milan cresce e diventa uno squadrone. Vince, meritatamente, tutto in maglia rossonera, poi, nel 2006, se ne va. Fulmine a ciel sereno. Mourinho non lo vuole al Chelsea e non lo nasconde, Sheva non si ambienta mai e, dopo due stagioni deludenti, chiede la cessione.
Berlusconi la butta sui sentimenti e non riesce a dire di no al ritorno del figliol prodigo, a 32 anni, nonostante la logica facesse pensare ad un no. Prestito gratuito, ingaggione pagato in parte dal Milan ed in parte dagli inglesi. Purtroppo, però, la concorrenza in attacco è agguerrita, Sheva non è più in grado di reggerla e gioca pochissimo.
Il Milan è in parola per riscattare il giocatore, ma non lo fa. Scommessa PERSA.
David Beckham (2008-09)
L’acquisto mediatico per eccellenza. Centrocampista versatile dall’ottimo passato (Manchester Utd, Real Madrid) e dal piede destro d’oro, arriva in prestito a 33 anni dai Los Angeles Galaxy.
Star internazionale, grazie alla sua passione per la moda, la relazione con la Spice Girl afona ed il suo fascino, fa temere per il peggio: l’acquisto di un fotomodello esclusivamente per fini commerciali. Il buon David, invece, stupisce tutti per umiltà e stato di forma, sulle doti tecniche non ci sono mai stati dubbi. Diventa inaspettatamente titolare fisso, e dà un buon contributo alla causa. Torna anche l’anno successivo, ma un infortunio lo mette subito fuori causa. Scommessa VINTA.
Zlatan Ibrahimovic (2010-11)
Attaccante geniale. Piedi sopraffini, fantasia e grande coordinazione, nonostante un fisico da colosso. Potenzialmente, sarebbe stato da Pallone d’Oro. Lo ha fregato la testa ed il suo modo di giocare anarchico. Rimane un grande campione, a cui è mancato il centesimo per essere un fuoriclasse, a mio parere.
Si fa conoscere nell’Ajax come seconda punta talentuosa, la Juve lo nota e lo prende. Capello fa un buon lavoro su di lui, cercando di far diventare quel gigante tecnicissimo, ma gigione, un po’ più concreto. In quella Juve, vince i titoli revocati, ma è più comprimario che protagonista. Con Calciopoli, il passaggio all’Inter, in cui si consacra ed inizia il suo feeling con il goal. Vince tutto in ambito nazionale, in Champions latita.
Dopo 3 anni all’Inter, va al Barcellona per vincere la Champions, ma il suo trasferimento si rivela decisivo per rinverdire i fasti neroazzurri, regalando una foto a colori al loro albo d’oro nella massima competizione europea. In Catalogna, non lega con Guardiola: recitare pedissequamente uno spartito non fa per lui e chiede la cessione a fine anno.
Il Milan è presente, compra il 29enne Zlatan a 24 milioni, meno di un terzo della cifra pagata dal Barça l’anno prima e gli offre uno stipendio da star internazionale. L’attacco non è propriamente il primo reparto da rinforzare in quel Milan, ma il suo acquisto si rivela ottimo. L’Ibra milanista non è mobile come quello interista, ma più maturo e concreto nei movimenti. E’ determinante nel girone d’andata, in cui il Milan deve ancora trovare l’equilibrio di squadra ed è balbettante. Goal decisivi, grinta, doti da trascinatore, il Milan campione d’inverno è quasi esclusivamente merito suo. Poi un brutto girone di ritorno, in cui si eclissa tra prestazioni opache e squalifiche, ma nel frattempo il Milan diventa squadra ed i compagni di Zlatan completano l’opera. Rossoneri scudettati e catalani di nuovo campioni d’Europa. Tutti contenti, insomma.
L’anno successivo, Ibra è per tutta la stagione il trascinatore di una squadra che, complice anche il perenne stato di emergenza, non ha mai trovato una sua identità. Fa sia il suggeritore che il finalizzatore, Nocerino ancora lo ringrazia. Purtroppo, dopo un duello all’ultimo sangue contro la Juve, lo scudetto non arriva. Ceduto al PSG l’estate scorsa per 20 milioni a causa del suo ingaggio pesante, ma la scommessa su di lui è ampiamente VINTA.
Conclusione
In attesa di Kakà, quindi, il bilancio sulle “scommesse” milaniste su giocatori in là con gli anni ed il passato glorioso parla di 4 scommesse vinte e 6 perse. Si spera che, con il contributo di Ricki, anche questo bilancio rossonero si avvicini al pareggio.
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