Il Milan non è l’Inter. Molto difficile che ci sia una fuga di notizie, praticamente tutto quello che si viene a sapere attraverso giornali, TV, e spesso anche Internet è esattamente ciò che la società vuole che si sappia. Basti pensare, a mero titolo di esempio, alla costola rotta di Ibra dopo la rissa con Onyewu in allenamento, venuta alla luce solo grazie alla biografia dello svedese.
Questo controllo sull’informazione in uscita da spogliatoio e dirigenza è per moltissimi versi positiva, perché non consente alla stampa di speculare su alcune situazioni che inevitabilmente si creano ogni anno in uno spogliatoio. L’immagine del Milan come una famiglia, in cui tutto va sempre bene come in una pubblicità del Mulino Bianco è stata sapientemente creata e mantenuta nel tempo. Col ridimensionamento in atto negli ultimi anni ed il sorpasso in termini economici da parte dei top team stranieri, abbiamo scoperto un altro modo di usare quest’arma: quando, per un motivo o per un altro, la società rossonera decide di cedere un giocatore, partono subito fughe di notizie, in alcuni casi anche editoriali su richiesta, volti a rendere meno amara la dipartita e cercare il consenso. Ovviamente, più il giocatore è amato dai tifosi, più la plusvalenza che segnerebbe a bilancio il Milan con la sua cessione è alta, più le notizie si intensificano e diventano, in alcuni casi, infamanti. Una vera e propria strategia del fango.
La prima cessione eccellente per motivi di cassa del Milan berlusconiano fu quella di Sheva. Economicamente un affarone, sia per il Milan che per l’ucraino. Da un lato, 46 milioni per un trentenne, di pura plusvalenza. Dall’altro, Sheva andava a guadagnare quasi il doppio (da 5 a 9 milioni) al Chelsea, faceva felice sua moglie (o almeno ce l’hanno raccontato) e se la sentì di prendersi tutta la colpa. La società ebbe gioco facile e fece in modo subito che tutti lo sapessero, facendo esporre il giocatore.
Il vero inizio della strategia del fango si ebbe due anni e mezzo più tardi, quando il Milan decise, per motivi di bilancio, di privarsi di Kakà, idolo assoluto dei tifosi e con l’immagine da bravo ragazzo cucita addosso. All’improvviso cose assolutamente normali per chi è tra i migliori al mondo, come i rinnovi al rialzo od il procuratore che riceve offerte da altri club, divennero un peso insostenibile. Articoli dal tono sdegnato, accuse al giocatore di essere un “mercenario” iniziarono a fioccare ovunque tra le community dei tifosi. La società Milan fu ablissima: da un lato c’erano 67,2 milioni di plusvalenza secca, dall’altro un ingaggio sovrapponibile a quello percepito in rossonero, ma più lungo, ed una società che puntava a vincere, non a smobilitare il suo parco giocatori, ma per l’opinione pubblica la “colpa” del trasferimento era tutta del Kakà mercenario. Che poi l’avventura madridista di Kakà sia stata un flop e che i madridisti abbiano vinto più o meno quanto il Milan negli anni successivi, è un altro discorso.
Forti del successo mediatico sull’affare Kakà, riuscire a far digerire al tifo milanista le cessioni successive è stato uno scherzo. Thiago Silva è stato inizialmente fatto passare pure lui come attaccato al denaro (sarà per la nazionalità), poi, quando era impossibile far cadere solo su di lui il “peso” della cessione, vista la contestuale dismissione di Ibra, l’abile virata su “offerte che non si possono rifiutare”, “risparmi pazzeschi”, ecc. Cassano è tornato ad essere la solita testa di cazzo ingestibile nell’esatto momento in cui è stato deciso di cederlo, mentre con Pato il gioco è stato facilissimo, visti i suoi continui infortuni, anche se l’andare a cercare perfino le sue smorfie in tribuna per fare retorica spicciola è stato, a mio parere, di cattivo gusto.
Ora è il turno di Boateng, fino a non molto tempo fa idolo della tifoseria. Il rinnovo del suo contratto, in scadenza nel 2014, è difficile. Già all’inizio della stagione 2011-2012 erano partite voci sulla sua scarsa professionalità e le sue notti brave, ma la tripletta col Lecce e le grandi prestazioni contro Barcellona ed Arsenal le misero a tacere. Una stagione 2012-2013 oggettivamente brutta ed il contratto non ancora rinnovato hanno fatto riprendere forza alle voci su scarso impegno, vita privata non impeccabile (come se fosse l’unico calciatore al mondo che sta con una gnocca da urlo) e richieste esose per il prolungamento. Ora praticamente tutti i tifosi non vedono l’ora che Prince venga ceduto.
Vedremo ora come andrà con El Shaarawy, uno dei gioielli del Milan attuale. Sono già usciti begli articoli su incompatibilità con Mario, digiuno nel girone di ritorno, presunti cambi di modulo che non si presterebbero alle sue caratteristiche. Dall’altro lato, non si sottolinea che il ragazzo è un talento, non ha ancora compiuto 21 anni, ha ampi margini di miglioramento, è titolare in Nazionale ed è reduce da una stagione da 19 goal.
La macchina mediatica è messa in moto, pronta ad ogni eventualità. A voi il compito di pensare con la vostra testa e farvi un’opinione in base a ciò che vedete.
27 comments for “La strategia del fango”