Maggio, mese di celebrazioni di vittorie splendidamente rinverdite dagli articoli di Norma Bates. Se chiedeste a un tifoso del Milan quale vittoria di Coppa Campioni o Champion’league sia la sua preferita, durante la presidenza Berlusconi, avreste sempre una risposta diversa, a prescindere dall’avversario incontrato o dal modo con cui si è vinto.
Se infatti i primi due successi del Milan in coppa campioni (contro il Benfica nel ’63 e l’Ajax del giovanissimo Cruyff nel ’69) hanno un’importanza globale che trascende o comunque assorbe il particolare – quello di Wembley è ricordato per essere stato il primo di una squadra italiana in europa, il secondo per essere stato l’ultima vittoria di un certo modo di intendere calcio poi travolto dal calcio totale orange – le successive vittorie sono sempre contraddistinte e ricordate da milioni di tifosi milanisti come una rinascita, una rivincita contro qualcosa o qualcuno, addirittura una catarsi.
Prendete il trionfo dell’89 contro lo Steaua. Per chi ha cominciato a tifare il Milan in quegli anni è una splendida esibizione di forza di una delle squadre più forti di tutti i tempi, in uno stadio tutto rossonero, la vittoria internazionale che ha dato inizio ad un ciclo indimenticabile e inarrivabile. Per tutti gli altri tifosi rossoneri, quel trionfo è molto di più: è la rivincita contro i compagni di scuola, gli amici del bar, i colleghi di lavoro che ti prendevano in giro quando il Milan calcava i campi della B, la rivincita contro i Ceulemans di turno che avevano rifiutato, schifati, di vestire la ns. gloriosa maglia ormai impolverata, la rinascita in campo internazionale dove per anni eravamo tornati cenerentola, la gioia di vedere il ns. capitano Baresi sollevare finalmente un trofeo all’altezza della sua classe, sconosciuta da Gullit al momento del suo approdo a Milanello.
La coppa campioni del ’90 non è solo un bis straordinario da allora non più ripetuto, neppure dal Barcellona fantasmagorico di Messi, ma è soprattutto una rivalsa contro gli inciuci di palazzo, gli sporchi maneggi tra Ferlaino, Moggi e Lo Bello junior, le sceneggiate di Alemao e Carmando, ricordate con quel famoso striscione esposto al Prater dalla Fossa dei Leoni (“Napoli vuoi la finale? 900 lire ti costa in totale”).
L’unica vittoria di Capello, nel ’94, è la rivincita sia contro il destino cinico e beffardo (che fosse anche un baro lo scoprimmo in seguito) che ci aveva sottratto il meritato successo nel ’93 contro il Marsiglia (dieci vittorie di seguito in coppa, la sola finale persa) ma soprattutto un fuoriclasse come Van Basten, sia contro la sbruffoneria di Cruyff e del suo dream team.
La prima di Ancelotti ha realizzato il sogno di ogni milanista, ovvero eliminare l’Inter nel primo derby meneghino disputato in Coppa e riscattare con la più dolce vendetta generazioni trasversali di milanisti, sino ad allora tutte indistintamente beffate e sbeffeggiate dalle ruberie bianconere perpetrate in oltre un secolo di calcio italiano.
Se la vittoria del 2007 per i calciatori è stata la rivincita sportiva contro la beffa dell’Ataturk, per noi milanisti ha significato la rinascita dalla fogna di calciopoli, la rivincita contro l’Uefa di Platini, la FiGC che si è ben guardata dal prendere le difese del Milan quando il francese spingeva per una ns. esclusione dalle coppe, i fondi rosa del Candido Cannavò e dei suoi sodali, che fingevano di non capire, di aver vissuto nel Paese delle Meraviglie.
Ognuna delle coppe vinte ha una sua dignità e una sua ragione: ci sarà sempre la preferita, ma rispettiamo tutte le altre e le emozioni che hanno trasmesso a ciascuno di noi.
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