L’urlo di Atene

La sveglia, in quel mercoledì di sei anni fa, per ogni milanista sulla faccia della terra suonó come una marcia trionfale. Era il giorno di Milan-Liverpool, il giorno in cui la giustizia divina calcistica, personificata da Eupalla, diede ai Diavoli la possibilità di riparare allo scempio verificatosi appena 2 anni prima: la follia di Istanbul, quei maledetti 6 minuti di buio totale in cui la corazzata rossonera, dopo il dominio assoluto del campo , consegnò di fatto la vittoria al club inglese.

Ma l’aria che si respirava nel 2007 era differente. La consapevolezza di dover rendere giustizia al passato e allo stesso presente, era palpabile. La marcia trionfale del Milan partì dai preliminari; un Kakà protagonista assoluto con 10 reti, prese per mano la squadra e la portó dritto in finale. Celtic, Bayern Monaco e Manchester United furono spazzate via grazie alla forza di un gruppo che aveva voglia di rivalsa. E quel giorno arrivó.

Ricordo come se fosse ieri la sensazione che provavo: fin dalla mattina un groppo in gola mi impediva di parlare liberamente, come se avessi dovuto aspettare la fine della sfida per dar sfogo a un urlo liberatorio, l’urlo del meritato trionfo. Che ci fu.

Con una splendida doppietta di Pippo nostro, conquistammo la settima Champions League, la settima meraviglia. E al fischio finale l’urlo, covato dal 2 maggio precedente – giorno di Milan-Manchester United 3-0, in quella che sarebbe passata alla storia come la “partita perfetta” del nuovo millennio – si liberó con una forza tale da sfociare in lacrime di gioia, quelle lacrime represse in quella dannata sera turca. Paolo Maldini, 44 anni dopo suo padre Cesare, prese la Coppa dalle orecchie e la alzó nel cielo di Atene.

Dida; Oddo, Nesta, Maldini, Jankulovski; Gattuso, Pirlo, Ambrosini; Kakà, Seedorf, Inzaghi. Questo è l’undici del trionfo.

Grazie Diavoli.

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