Massimo Ambrosini, gran centrale di sbattimento

Sembra ieri che, con uno spettacolare siluro da fuori area, il biondo centrocampista rossonero stendeva la Samp, a coronamento di un’epica rimonta su Fiorentina e Lazio e spianando la strada del Milan di Zac e Bierhoff verso la vittoria di un campionato dal sapore più simile a quello di una fiaba che alla realtà. Campionato che segnava il dirompente ingresso di Massimo Ambrosini nel calcio che conta.

15 anni ed oltre 300 presenze dopo, sembra arrivato anche per lui il momento di riflettere su cosa fare da grande. Proprio lui, unico superstite di una rivoluzione che non ha guardato in faccia nessuno. Rivoluzione che le circostanze hanno reso tanto desiderata quanto spietata verso i destinatari, per i quali il cuore dei tifosi avrebbe preferito un disinserimento graduale, magari iniziato anni prima, rispetto al drastico passaggio dal ruolo di titolari inamovibili a quello di reietti.

Nel day-after lo scoppiettante finale di stagione, sono diversi i rossoneri dal futuro incerto, ma la situazione del capitano è quella maggiormente coinvolgente sotto il profilo emotivo, stante il profondo conflitto interiore tra la malinconia per la possibile fine di una storia meravigliosa ed indimenticabile e la concorrente speranza di vederla finire prima di intaccarne il ricordo.

Infatti, negli anni, Ambrosini è stato elemento essenziale di uno zoccolo duro di campioni le cui unione, professionalità e determinazione sono legate in maniera indissolubile agli innumerevoli successi nazionali ed internazionali conquistati dal nostro club.

Ha avuto un rapporto eccellente con quasi tutti gli allenatori. In primis con Alberto Zaccheroni –inspiegabile artefice di uno scudetto altrettanto inspiegabile- primo ad impiegarlo con continuità in tandem con il grande Albertini, in un centrocampo che, a dire il vero, non prevedeva alternative strabilianti. Poco utilizzato dall’imperatore Terim, si è rifatto con gli interessi durante l’era Ancelotti, con cui ha condiviso gioie e dolori di un’epopea unica ed irripetibile, che gli ha regalato ogni sorta di soddisfazione.

Leonardo lo costrinse all’umiliazione improvvisandolo difensore centrale nel terreno di una innocua formazione da mezza tacca denominata Manchester United, avallando una folle idea espressa precedentemente da Galliani, il quale, se non pesca assi e non ne ha nascosti nella manica, è solito mischiare le carte.

Ottimo rapporto anche con Allegri, nella cui difesa ha spezzato più di una lancia e per la cui conferma ha speso più di una parola, pur in mancanza di certezze circa il suo futuro. Il tecnico, dal suo canto e alla luce dei problemi evidenziati dal centrocampo nell’arco della stagione, si è spesso affidato alla determinazione ed al crisma del capitano, unico vero senatore rimasto in squadra.

Ha onorato il ruolo di capitano, non sfigurando nel confronto impari con gli illustri predecessori. Se è paradossale che un titolo che richiede così tante qualità venga conferito -ad minchiam- sulla base dell’anzianità di servizio, è altrettanto paradossale come il destino elegga sempre la persona più idonea. Massimo ha avuto le spalle abbastanza grosse per reggerne il peso, senza perdere tuttavia l’abitudine di ringhiare in faccia all’arbitro con la foga che lo contraddistingue, foga che gli è valsa diversi abbonamenti al cartellino.

Una persona dalla serietà esemplare, non ha mai messo una parola fuori posto –tradizione tipica di casa Milan che ultimamente pare mostrare più di qualche crepa- per poi scatenare improvvisamente un fracasso infernale con l’encomiabile “lo scudetto mettilo nel culo” ad eterno sfregio del goffo e tracotante trionfalismo della Milano nerazzurra.

Se tale striscione è intrinsecamente sufficiente all’ingresso nella hall of fame, l’espressione della volontà di rimanere al Milan anche gratis è una inequivocabile dichiarazione d’amore verso la maglia e cozza duramente con il comportamento tenuto da altri ex-compagni che spalano letame verso il nostro club con la disarmante meschinità di colui che sbatte in piazza le abitudini sessuali dell’amata che lo ha scaricato.

In questa stagione travagliata, Ambrosini ha offerto un contributo tutto sommato soddisfacente e Mister Allegri si è spesso rivolto a lui quando “il gioco si faceva duro”. Tuttavia, il capitano ha nascosto a fatica i segni del passare del tempo e gli effetti che il medesimo determina sulle prestazioni atletiche dei calciatori, ed in particolar modo dei centrocampisti di quantità.

Conoscendo la sua carica e la sua determinazione, pare assolutamente improbabile che deciderà di appendere le scarpe al chiodo, ma verosimilmente continuerà a calzarle altrove. Con i migliori auguri di noi tutti.

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