Una delle cose più belle, per chi è tifoso del Milan, è stata avere in successione tre incredibili e meravigliosi capitani.
Gianni Rivera, Franco Baresi, Paolo Maldini.
Tre giocatori che hanno fatto, senza esagerazione alcuna, la Storia del calcio, quella con la esse maiuscola davvero. Tre fuoriclasse, tre bandiere, tre autentiche leggende dei colori rossoneri.
Oggi è il tuo compleanno, Capitano, ma non è per questo che voglio dirti che ti ho riservato, nel mio cuore, un appartamento più grande degli altri due.
E’ perché non potrò mai ringraziarti abbastanza per quello che sei stato, per chi era tifoso rossonero, quando tu hai giocato.
C’era stato l’ultimo bagliore di una stella, preziosa, luminosa, il passaggio di consegne tra la vecchia leggenda col ciuffo e lo sguardo furbo, e i tuoi occhi profondi già a 18 anni.
Poi il buio.
Un buio che sembrava non dovesse finire mai, che sembrava voler condannare quei colori tanto amati al limbo di chi, un tempo, era stato una grande squadra. Una Miss Havisham calcistica, chiusa nel suo salotto polveroso e congelato nell’istante della sua festa di nozze. A rimirare trofei di un passato glorioso e sempre più distante.
C’eri solo tu.
C’era solo questo incredibile giocatore, dalla classe cristallina e dalla determinazione feroce, immenso e caparbio come un eroe delle leggende, uno dei più grandi difensori della storia del calcio, che correva e ringhiava e meravigliava per noi su campi polverosi, capace di tenere alto sulle sue spalle tutto l’orgoglio dei nostri colori. Il nostro cuore.
Io credo che fossimo in 80.000 a S. Siro per vedere te. Credo che senza di te, se anche tu te ne fossi andato, non sarebbe successo.
Ma tu sei rimasto. Tu ci sei sempre stato, e sei stato il simbolo di chi credeva, di chi voleva credere che non fosse ancora finita.
Io credo, fortemente, che quel che è successo dopo sia stato il premio che il Dio del Calcio ha voluto per quella tua passione, per quella tua dedizione, per quella tua scelta.
Nessun altra cosa mi ha commosso, calcisticamente, come vederti sollevare la Coppa dei Campioni nella notte di Barcellona. Il piscinin.
Volevo farti gli auguri, volevamo farteli tutti, qui, oggi.
Ma volevo, soprattutto, dirti grazie, con la voce un po’ più alta delle tante volte in cui te l’ho sussurrato in passato.
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