L’Inadatto

Dopo il faticoso, sofferto e fastidioso (per loro) silenzio a cui erano state costrette dalla inaspettata rimonta del Milan, le voci critiche nei confronti di Massimiliano Allegri hanno entusiasticamente ritrovato vigore al termine del trittico Fiorentina – Napoli – Gobbi, da cui il Milan è uscito con due soli punti e molti rimpianti.

Sono ormai tre anni che trovo sconcertante il poco apprezzamento riservato al tecnico rossonero da larghissima parte della tifoseria rossonera, e assolutamente infondate (alcune ai limiti dell’assurdo) le critiche a lui rivolte, sia dai tifosi che dagli addetti ai lavori.

Dopo la sconfitta allo stadiettum, in particolare, ne sono tornate in auge alcune, in merito alle quali non riesco a non provare un profondo senso di irritazione, sia per l’illogicità di fondo che per la superficialità.
Per cominciare, si sostiene da parte di molti che il rendimento del Milan allegriano contro le grandi sia deficitario.
Trovo che sia una colossale stronzata.

Cominciamo dal fatto che nel primo anno di Allegri in rossonero, le due rivali più forti sono state l’Inter (reduce dalla trionfale stagione 2010 ma orfana di Murigno e condotta da Benitez/Leonardo) e il Napoli di Cavani, Lavezzi, Hamsik e Mazzarri, e che la prima perse nettamente sia il primo derby della stagione (in cui il Milan giocò tra l’altro lungamente in 10) che il secondo, giocato senza Ibra e in occasione del quale un grande Pato e un ottimo gioco di squadra affossarono definitivamente le velleità di “leomuntada” dei cugini, mentre il Napoli fu sconfitto, a sua volta, sia all’andata che al ritorno.

Al ritorno in particolare fu messo sotto in modo inequivocabile, proprio nel momento in cui sembrava aver preso il posto dell’Inter come vera avversaria in chiave scudetto.

Ma al di là dei risultati, se si vanno a ricordare le partite contestualizzandole, un osservatore obiettivo dovrebbe essere in grado di rammentare che la Juve, sorprendente e imbattuta per tutto il campionato 2011/2012, giocò meglio del Milan – senza peraltro rendersi pericolosa per 80 minuti e passando solo con un fortunoso rimpallo – solo la sfida del girone di andata, giocata dal Milan in un pessimo momento di condizione generale e in obiettiva difficoltà, così come l’andata col Napoli.

Al ritorno, e senza ritornare sulla rete annullata a Muntari, il Milan giocò nettamente meglio degli avversari, così come giocò molto meglio del Napoli, barricato a strappare uno 0-0 nel ritorno a S.Siro.
Perfino nella difficilissima stagione in corso, i rossoneri hanno recuperato uno 0-2 a Napoli nel momento peggiore della stagione – in quella che è stata per tutti la partita della svolta – ha battuto meritatamente la Juve nella partita di andata, è andato in vantaggio 2-0 a Firenze (dove la stessa Juventus aveva sofferto enormemente), e ha letteralmente dominato il derby di ritorno, in cui alla fine del primo tempo avrebbe potuto (e dovuto) trovarsi in vantaggio di almeno due o tre reti.

Senza proseguire nell’analisi di tutte le singole partite, il punto è che ritengo sbagliato valutare i risultati in sé, senza considerare il momento in cui si sono verificati, l’obiettivo andamento della partita, con tutti gli episodi e soprattutto, ancora una volta, il reale valore degli uomini a disposizione.
Così come ritengo sbagliato giudicare il lavoro di un tecnico basandosi su singoli episodi e scelte, e non sul risultato complessivo della stagione: intendendo, per risultato complessivo, non solo il dato della posizione di classifica, delle vittorie e sconfitte, ma tutto ciò che ha espresso la squadra nell’arco della stagione, in proporzione al suo obiettivo valore tecnico.

Ancora più illogico trovo il secondo appunto che viene rivolto ad Allegri, e cioè una presunta incapacità di “motivare adeguatamente” la squadra nei momenti importanti.

Già la premessa si basa su un assurdo logico: attribuire ai limiti del tecnico come “motivatore” le prestazioni deludenti di una squadra significa attribuire a un “buon motivatore” la capacità di trasmettere determinazione, convinzione e cattiveria agonistica a qualsiasi giocatore di qualsiasi rosa.
Ciò è evidentemente una scempiaggine: non chiunque sia appassionato di calcio ma semplicemente chiunque abbia una minima esperienza di natura umana sa che le persone sono diversissime tra loro, e che non è possibile ottenere da persone diverse, in contesti diversi, la medesima “prestazione”.
Murigno non avrebbe mai ottenuto da Recoba quel che ha ottenuto da Eto’o, così come Capello ha avuto le sue belle difficoltà a far giocare Kluivert come Van Basten.

E’ comprensibile che un puro e semplice tifoso sopravvaluti le qualità dei propri beniamini, e tenda ad attribuire al fato cinico e baro, all’arbitro, al cattivo allineamento dei pianeti in sagittario e soprattutto all’allenatore, le sconfitte.

Ma nella stragrande maggioranza dei casi una squadra è meno grintosa, aggressiva e determinata di un’altra semplicemente perché i suoi giocatori sono meno determinati, aggressivi e grintosi. E nemmeno la buonanima di Rocco o di Herrera avrebbe potuto trasformarli in leoni ruggenti.

Inoltre sostenere che Allegri abbia dei limiti come motivatore significa non rendersi conto del lavoro enorme che il tecnico livornese ha realizzato proprio in questa stagione, nel momento in cui è riuscito a tenere insieme il gruppo e portarlo a una coesione, a un gioco perfino piacevole e a una notevole dose di efficacia. Il tutto con una squadra con gravi limiti tecnici in ruoli essenziali e in una condizione psicologica “devastante” come quella provocata dall’estate del 2012, con la partenza dei tre migliori giocatori della rosa, sostituiti da Pazzini, Zapata e Acerbi, per finire con un’infilata di risultati negativi (più di uno dei quali obiettivamente immeritato) che avrebbe abbattuto anche un bue.

Riuscire non solo a mantenere la piena fiducia dello spogliatoio ma anche a costruire, giorno dopo giorno, un rendimento e una convinzione come quelli che hanno portato il Milan fino a lottare addirittura per il secondo posto è segno di una capacità di leadership incompatibile con le assurde accuse che vengono rivolte ad Allegri.
Sono invece più che legittime (soprattutto se espresse con formula dubitativa e senza spreco di sicumera) le perplessità su alcune scelte: nessun allenatore, né Allegri né altri ben più considerati di lui, è esente da errori.
Ma nel momento in cui leggo critiche al tecnico livornese perché schiera Ambrosini, senza il minimo accenno al fatto che in panca ha a disposizione Muntari, Nocerino e Traorè, cioè tre giocatori che il 90% dei tifosi non vorrebbe vedere in campo neppure nella partitella del giovedì, oppure perché rispolvera Robinho, dimenticandosi quanto siano state negative le prestazioni di Niang dopo Barcellona e quanto sia insignificante l’apporto di Bojan, oppure ancora per l’aver fatto giocare Abate (che personalmente aborro), dimenticando in un amen che De Sciglio resta un ragazzo di 18 anni e che ha giocato da schifo a Firenze, è a mio avviso solo il segno del fatto che, nei confronti di Allegri, c’è una forte prevenzione, che fatico a comprendere.

Come credo sia evidente, nutro molta stima nei confronti dell’allenatore di ACM.

Lo apprezzo sia tecnicamente che per il suo modo garbato, ironico e disincantato di porsi, per la signorilità con cui fronteggia i due impostori, il Trionfo e il Disastro, senza dimenticare la pazienza con cui tollera le brillanti e acute esternazioni del senescente proprietario della baracca.

Credo che poche scelte di Galliani siano state altrettanto utili per i colori rossoneri quanto quella di arruolare Allegri e di difenderlo a spada tratta quando è stato necessario: il suo apporto è stato fondamentale, ben al di là del valore dello scudetto e della Supercoppa conquistati nel 2011, per il momento di svolta epocale che il Milan ha attraversato e sta attraversando.

Se il Milan avrà la possibilità, con un mercato anche solo decente la prossima estate, di riproporsi come possibile contendente per la vittoria nel campionato dell’anno venturo, sarà anche (e non certo in piccola misura) merito del lavoro paziente e grintoso di questo tecnico, per il quale mi dispiace solo una cosa.
Che non abbia avuto la possibilità di guidare uno dei veri grandi Milan, perché a mio avviso avrebbe tutto per essere uno dei più importanti allenatori della gloriosa storia di questa società.

Molti, moltissimi – e purtroppo tra questi il senile capintesta – non vedono l’ora che se ne vada: io spero che resti, perché molto difficilmente ne arriverà uno migliore.

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