Il Pirlo “infettato”

Avete presente quella fastidiosa sensazione che provoca un residuo di cibo tra i denti? O quell’embolo che vi parte quando una zanzara decide di fracassare i maroni ronzandovi nell’orecchio mentre cercate di dormire? O quando una ciglia ti entra nell’occhio che pare una trave messa lì per bucarti il bulbo oculare? Tutte sfighe che provocano Pirlo. No, non è un errore. E’ solo un neologismo, un sinonimo nato da un paio di anni scarsi. “Non darmi Pirlo!” esclamai un giorno. E’ sintomatico: sento fastidio e penso a lui, leggo di lui e provo fastidio. Ormai non ne esco più.

Questo elemento del calcio italiano, prelevato dagli inetti cugini come fosse un povero incompreso (dopo essere passato sotto le mani del grande Mazzone a Brescia) e divenuto il più grande regista del mondo sotto la guida di Carletto nostro, indossando quella maglia che lo ha reso famoso e ammirato nell’universo pallonaro e non, da quando ha messo piede in quella pseudo galassia parallela fatta di presunzione e supponenza che porta il nome di Vinovo, si è trasformato in un perfetto esemplare di gobbo minchione. Il gobbo minchione è quella sottospecie di juventino che, infettato dal virus della seconda squadra di Torino, comincia a parlare come se il passato non fosse mai esistito. Come se un minimo di merito per tutti i successi ottenuti in carriera, mondiale 2006 compreso, non fosse dipeso anche dalla squadra che ti ha dato la possibilità di arrivare alla gloria. Quella maglia è rossonera e l’hai indossata per 10 anni, do you remember? Domanda retorica che ha un “no” grosso quanto una casa.

Perché il signorino ha preso la parte più importante della sua storia da professionista e l’ha buttata nel cesso esattamente 2 mesi dopo il suo approdo in Piemonte, con le sue fantastiche dichiarazioni al vetriolo. Fino ad arrivare a tirare definitivamente lo sciacquone quando, durante lo scontro diretto contro i bianconeri dell’anno scorso, fece segno col dito a quell’ameba di Tagliavento che il gol di Muntari non era entrato. Sai cosa ci devi fare con quel ditino? Oltre a quello che state pensando tutti, dovresti mettertelo sulla coscienza visto che quella maledetta palla era entrata di quasi un metro e mezzo.  Tu che nel Milan eri sempre sportivo, sempre corretto, ora sei come loro. Sei uno di loro a tutti gli effetti. Alzi i gomiti, simuli, sbraiti, e fai del vittimismo il tuo segno di riconoscimento. Le questioni sono due: o sei sempre stato un gobbo latente, o ti brucia per il fatto che nessuno s’è strappato le vesti quando il tuo contratto è scaduto nel 2011. Ti do una dritta: non ci servivi più. Tu al Milan eri diventato un paradosso, una sorta di dipendenza che portava ad avere una sottospecie di possesso palla “alla Barcellona”, con zero sbocchi costruttivi. Non ci piacevi più, è così difficile da capire, visto che con te comodamente seduto in panca abbiamo vinto anche uno scudetto?

Non ci mancavi per motivi puramente tattici. Ora non ci manchi per tutto il resto. Mai avremmo pensato determinate cose se ti fossi curato dal virus di cui sopra. Ormai manco gli antibiotici farebbero più effetto. Caro Andrea Pirlo da Brescia (e ringrazia che non mi sia abbassata a fare del facile umorismo sul tuo cognome) col Milan hai vinto tutto quello che potevi vincere, Champions a Manchester compresa, do you remember bis? I tuoi neo tifosi possono anche inneggiare a te come prossimo Pallone d’Oro (Xavi e Iniesta si stanno sganasciando dalle risate) ma non avranno negli occhi tutte quelle fantastiche vittorie con te in campo. Da leggenda a gobbo. Che brutta fine hai fatto.

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