Le notti successive a uno 0-4, per un tifoso, non sono mai esattamente piacevoli.
Nemmeno quando residui di obiettività e brandelli di neuroni spiegano pazientemente allo stomaco ormai annegato nel Maalox che non è ragionevole prendersela per una sconfitta contro una delle squadre più forti della storia, e che anzi sarebbe giusto essere semplicemente orgogliosi di aver costretto i catalani a tirare fuori una delle loro migliori prestazioni, e senz’altro la migliore dello scorcio di stagione, per recuperare dal grande risultato ottenuto dal Milan nell’andata a S. Siro.
Il rigirarsi nervoso nel letto, però, ha il vantaggio di portare, lentamente, il cervello a riflettere su problemi di più ampia portata, nel tentativo di distogliere l’attenzione da quella cosa lì, che fa tanto male.
Un sentiero, tra i molti che si diramavano nel limbo tra coscienza e incoscienza, mi ha condotto a riflettere sul fatto che, archiviata la botta, non si avvicina ora il momento decisivo per la stagione del Milan, ma quello decisivo per il Futuro (almeno per il Futuro a medio termine) dei nostri amati colori.
Ho dedicato alcune ore del mio prezioso tempo, negli ultimi due/tre anni, a una sia pur superficiale analisi della gestione societaria e del bilancio (patrimoniale e non sportivo) di ACM.
Anche senza tale analisi, peraltro, un primo fatto credo sia obiettivo ed evidente ormai a tutti: l’attuale proprietà del Milan, cioè la famiglia Berlusconi mediante Fininvest, ha definitivamente chiuso i cordoni della borsa.
Non voglio qui discutere di tale fatto, né censurare o difendere tale scelta, ma solo fare alcune riflessioni che da tale fatto traggono conseguenza, e che sono appunto quelle che mi hanno indotto a ritenere che nelle ultime 10 giornate dell’attuale campionato non sarà in ballo solo la partecipazione alla prossima edizione della Champions League ma il colore del prossimo futuro rossonero.
Durante l’estate del 2012 è accaduto qualcosa di estremamente importante.
Non sto parlando della cessione di Thiago Silva (ciao idolo, ti auguro tutto il bene possibile) e Ibra: non in sé.
Quella doppia cessione è stata, a mio avviso, non una precisa strategia ma un’occasione, presa al balzo dalla dirigenza del Milan, Galliani in particolare.
L’occasione si è originata per la ferma volontà di Leonardo di portare al PSG il miglior difensore del mondo, volontà talmente forte da indurlo ad accettare il ricatto dell’AD rossonero, e cioè di prendere anche il fenomenale ma costosissimo attaccante svedese.
Vi era già, in quel momento, il segnale dei cambiamenti che sarebbero stati apportati alla gestione del Milan, in conseguenza del distacco (economico) di Santiago Berlusconi: il mancato rinnovo a Pirlo, nell’estate 2011, non era certo una scelta puramente tecnica.
Ma quei segnali erano appena accennati, per quanto significativi: il monte ingaggi della squadre rimaneva a livelli astronomici, cioè oltre i 150/160 milioni di euro (il calcolo, data l’impossibilità di accedere alle “vere” cifre dei contratti sulla base delle discordanti versioni fornite dai vari media, è approssimativo ma verosimile).
Cioè una cifra che, confontata al fatturato di ACM (variabile negli anni tra i 200 e i 240/250 milioni) rendeva assolutamente ingestibile la società, senza più i massicci interventi del Presidente più Vincente della Storia dell’Umanità e Oltre.
La possibilità di cedere Thiago e Ibra ai parigini, riducendo quel monte ingaggi di oltre 30 milioni di euro in un colpo solo, realizzando per di più una significativa (e reale) plusvalenza, proprio nel momento in cui erano contemporaneamente in scadenzai contratti dei vecchi, amatissimi e ormai intollerabili senatori Seedorf, Gattuso, Zambrotta, Nesta e Van Bommel, ha dato il via al colpo di coda del Gallianaccio.
Con un’unica campagna acquisti, il monte ingaggi del Milan è stato portato a 100 milioni.
Come è ovvio, in quel momento e per tutto settembre/ottobre, l’attenzione è stata centrata esclusivamente (o quasi) sull’enorme impoverimento tecnico (e non solo tecnico, ma anche del tasso di esperienza e personalità) derivante dalla doppia cessione e dalla chiusura dei contratti con il gruppo della vecchia guardia ancelottiana.
Ma forse è stato, seppur comprensibilissimo, anche per via dei pessimi risultati di inizio stagione, miope.
Dopo il mercato di gennaio, il monte ingaggi è sceso ulteriormente, nonostante l’ingaggio di Mario Balotelli, e a breve (credo sia una previsione molto facile) scenderà ulteriormente in modo significativo (8/10 milioni almeno) con la cessione di Robinho, che sembra ormai più un passante che un giocatore organico ad ACM.
Nonostante questo ridimensionamento economico, che si può tranquillamente definire mostruoso (oltre 60 milioni di euro in meno su 150/160, quasi il 40%), la squadra può essere a mio avviso considerata, ora, come ben più che promettente.
Le scelte di mercato in entrata sono state valide e fortunate (non sempre i calciatori confermano il buono fatto altrove) e le così valutazioni sul potenziale di alcuni giovani in rosa: Montolivo è andato oltre le più rosee aspettative, Niang sembra essere un giocatore importante già nel presente (credo sia più importante l’eccellenza che ha già messo in mostra del pur gravissimo errore contro il Barca), Elsha si è letteralmente caricato sulle spalle la squadra nel momento di massima difficoltà, a soli 20 anni, e De Sciglio è sicuramente la scoperta più piacevole dell’anno. Constant sta, credo, dimostrando a ogni partita di poter essere un validissimo terzino sinistro.
Solo Traorè e Acerbi non hanno dato apporto significativo, perché anche Zapata, dopo una partenza non felice, sembra poter essere (almeno) un valido elemento per le rotazioni, se non un titolare fisso.
In buona sostanza, il Milan è oggi una squadra enormemente più giovane rispetto al recentissimo passato, fisicamente molto più forte (e non casualmente molto meno bersagliata di infortuni), con una base più che valida (Abate, De Sciglio, Constant, Mexes, Zapata, Montolivo, De Jong, Muntari, Nocerino, Boateng, Balotelli, Elsha, Pazzini e Niang), a cui mancherebbe molto poco per fare un notevole salto di qualità.
Un centrale difensivo veramente forte (ed è da vedere dove goiocherà e come renderà Salamon), un centrocampista (almeno uno) di elevata qualità tecnica e scelte azzeccate per un paio di rincalzi nel gioco delle cessioni e degli acquisti (che potrebbero veder partente, oltre a Robinho, anche quel Boateng per me fortissimo ma dalla difficile collocazione tattica e dal rendimento incostante) già cambierebbero radicalmente il potenziale di questa squadra: squadra che comunque, enorme merito di giocatori e tecnico, ha già realizzato in questa stagione una crescita (come gruppo, mentalità e gioco) che solo i più sfrenati ottimisti avrebbero potuto preventivare dopo le due sconfitte interne contro Sampdoria e Atalanta.
Ecco perché parlo di Futuro in gioco: perché la mancata qualificazione alla prossima Champions, cioè una perdita secca di circa 30/40 milioni di introiti, potrebbe d’un colpo vanificare sia l’intelligente (ma costosissimo, sul piano sportivo) ridimensionamento del monte ingaggi, sia la crescita della squadra, perché a fronte della certezza che Berlusconi non ripianerà mai più passivi maggiori di qualche milione, quella perdita significherebbe la sicura cessione di almeno uno dei giovani pezzi pregiati rossoneri, e renderebbe ancor meno “attraente” per i giocatori validi l’approdo (o la permanenza) in rossonero.
Quella fortissima impressione di smantellamento, cioè, che ha caratterizzato l’estate rossonera e che ha contribuito in modo a mio avviso decisivo al pessimo avvio della stagione, verrebbe reiterata e amplificata.
E non so se questa volta Allegri e la squadra saprebbero, nuovamente, tirare fuori le risorse per uscirne come stanno facendo ora.
Al contrario, una qualificazione Champions al termine di una stagione così difficile, iniziata tra scetticismo e sfiducia, sarebbe esplosiva sul piano sportivo e determinante su quello economico, perché ACM avrebbe in assoluta tranquillità e senza alcun intervento presidenziale le risorse sia per il monte ingaggi (ora proporzionato al fatturato) che per quei (pochi) movimenti in entrata necessari a poter provare a competere almeno per il campionato.
Per l’Europa, per essere competitivi nella fase a eliminazione diretta della Coppa, sarà comunque, probabilmente e ragionevolmente, presto: i giovani come Elsha, De Sciglio, Niang ma anche lo stesso Balotelli debbono ancora crescere, sul piano dell’esperienza e della personalità, per poter ambire a qualcosa di più del passaggio della fase a gironi.
Ma fronte di quelle che sembravano essere le prospettive, solo lo scorso settembre … sarebbe un altro mondo. Un mondo che ha ancora dentro tanto, tanto rossonero.
Laggiù soffia, ragazzi.
Arpionate la Balena Bianca.
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