Facce appese, bar per il caffè mattutino selezionato attentamente pechè fosse depurato da gobbi e cugini con sorrisoni avvitati alla mascella, brandelli di sonno ottenuti con violenza a tarda ora.
Oggi è una brutta mattinata per i milanisti.
L’illusione è un boomerang con qualche piombino montato su, giusto per essere ancora più stronza quando ti prende sul grugno.
Eppure lo sapevamo già il giorno dei sorteggi, eppure a Ottobre lo avremmo saputo qualsiasi fosse stato l’avversario uscito dall’urna per quel traballante Diavolo, altro che Barça, eppure…
Eppure un risultato tondo (non un 2-1 o un 1-0) a San Siro e ben tre settimane (non una) per far volare il pensiero al muro blaugrana in ogni momento , fosse la pausa di metà tempo contro la Lazio o un momento di calma nella trincea di Marassi, sono serviti a rendere perfida e spietata la traiettoria del boomerang.
Il fatto che fosse necessario prendere una scoppola decisa per uscire e il fatto che ciò sia avvenuto, mettono il cantiere rossonero di fronte ad un punto di svolta delicatissimo nelle giornate che restano di questa stagione: rimanere inchiodati alla mazzata catalana o riuscire a riuscire a dare uno strappo deciso che annulli il fastidioso peso del fardello.
Quel fardello che i terribili due mesi d’inizio stagione han riempito con un Barcellona già agli ottavi di Champions ed un campionato che, nonostante quattro mesi da fine ottobre in poi con più punti fatti, ancora costringe la squadra a lottare con i denti per un terzo posto in campionato.
Da quel periodo di caos totale poteva saltar fuori qualsiasi scenario.
Il milan era solo: la proprietà interessata solo a non rimetterci più un centesimo ha messo società, allenatore e giocatori con le spalle al muro.
Allegri non poteva essere esonerato perchè non c’era la volontà di pagare due allenatori.
Non c’erano all’orizzonte possibili rinforzi perchè la parola d’ordine continuava ad essere conti a posto e stop.
Simpatici ex-sfidanti del gerontoderby d?Europa con Raul, per aver vinto due partite allenando dei bambini, si candidavano alla panchina della prima squadra, dimostrando una certa sensibilità da faina per il ciò che era il bene della prima squadra in quel momento, la tranquillità.
Alla società altro non è rimasto che proteggere ambiente e tecnico da questo plotone d’esecuzione.
E in quel momento, quando già la sigaretta, ultimo desiderio del condannato, si avvicinava al filtro, le cose sono cambiate.
Il gruppo ha capito che sarebbe potuto rialzarsi contando solo su sè stesso e sulle proprie risorse, che l’assenza di nomi ingombranti aveva riportato la meritocrazia in auge a Milanello dopo un lustro e che per un ventenne non era utopia diventare titolare insostituibile di questa squadra, perchè non c’erano più generali plurititolati a convocare televisioni e web per lamentarsi alla prima panchina.
Vedere El-Shaarawy diventare il giocatore più forte di questa squadra, vedere De Sciglio mostrare che il settore giovanile di Milanello ricomincia a sfornare materiale di qualità, vedere scendere in campo ogni domenica chi il posto se l’è guadagnato durante la settimana,vedere un giocatore di livello acquistato a gennaio grazie a soldi usciti dal fatturato del Milan, sono cose che si attendevano da anni in un club che si era avvitato su sè stesso, su figurine regalate in barba a utilità e bilancio, e sui ricordi dei tempi che furono.
Si lotta per il terzo posto o giù di lì, un po’ come ai tempi del dopo Atene, ma all’epoca guardavamo una magnifica palazzina sgretolarsi nell’incuria, ora osserviamo gettare le fondamenta di qualcosa di nuovo, forse qualcosa destinato a durare, e la differenza non è poca.
Questo gruppo merita rispetto e stima, questo gruppo deve saper ritrovare un’altra volta, dopo l’orribile notte catalana, la forza di evadere dalla prigione ora che i fucili non sono più puntati, questo gruppo in totale ricostruzione ha regalato tre settimane orrende a chi , a Torino e sulla sponda errata del Naviglio, ad inizio stagione regalava pietà condiscendente.
C’è chi può regalare al Barcellona un momento orrendo quando si trova all’apice della sua forza e in un momento storico che gli astronomi ci segnalano dalla cadenza ultraquarantennale, c’è chi un mesetto di cacarella lo può pure regalare ai catalani con Muntari o Zapata…è la differenza tra chi ha fatto la storia del calcio europeo e chi, per apparire internazionale, ha dovuto chiamarsi così, una differenza non da poco.